Lo spazio si scioglie come sabbia che scorre tra le dita. Il tempo lo porta via e me ne lascia solo brandelli informi.
kaufmann repetto è lieta di presentare Days of inertia, la seconda personale di Nina Canell con la galleria a Milano.
Days of inertia è il titolo sia della mostra, sia di una nuova scultura che si espande dall’interno all’esterno della galleria, riversandosi nel cortile e quindi nel mondo. Mantenuta in posizione da barriere idrofobiche, la tensione superficiale traccia un arcipelago di pietre, lasciandosi alle spalle una frammentata massa d’acqua. Canell utilizza il marmo Arabescato Orobico, pietra calcarea proveniente dalle vicine montagne lombarde, le cui origini risalgono alle cristalline acque e alle barriere coralline del Triassico. Aperte come le pagine di un libro, le pietre esposte raccontano la propria storia attraverso linee e strati invasi dall’acqua, dalla luce e dal tempo del nostro presente. Come molte altre opere dell’artista, anche Days of inertia (2025) racchiude sia l’elemento microfenomenologico che le condizioni atmosferiche di cui è circondata. Sulla sua superficie possono depositarsi casualmente polvere, detriti o polline, oltre ad essere costantemente esposta agli effetti della condensa, dell’evaporazione e delle varie interferenze causate dalle vibrazioni ambientali.
In fondo alla stanza, un’assemblea di pietre di fiume bofonchia lungo un nastro trasportatore dalla forma curva, muovendosi secondo traiettorie arbitrarie: Murmur (2025) è un comizio per tutto ciò che è casuale e imprevedibile. Se i nastri trasportatori sono pensati per sospingere senza intoppi pezzettini di materiale, Canell ci presenta cacofonia e contromovimento. Una pietra che si sposta in modo irregolare può essere un ostacolo inatteso, un oggetto di protesta simbolica o un agente dinamico che conduce a una svolta fondamentale. L’insistenza con cui l’artista si spinge contro i contorni della visibilità, per puntare all’indeterminatezza delle forme collegate fra loro, si ritrova nell’opera Pistachio Pangolin on the Continuous fingernail transmitter (2020). La sua “musica di logoramento” taglia la sala in verticale e risuona a cappella. In questa mostra si presenta come elemento individuale, tratto da un gruppo di sculture improvvisate che negli ultimi anni Canell ha modificato in più occasioni e “accordato” in base al luogo espositivo. Annodata all’architettura della stanza che la ospita, è la vibrazione stessa ad articolare la forza vibrante racchiusa da tutti gli oggetti solidi.
Come ultimo gesto, Nina Canell ci esorta a prendere in considerazione un’altra forma liquida, quella della bolla razionale intrappolata in una livella. Indicatore di stabilità, la bolla stessa risulta paradossalmente in uno stato di flusso, è uno spazio vuoto attorno al quale il liquido si riassesta costantemente, rapportandosi a esso e sfidandolo. Le livelle segmentate di Bubble cult (Porta) (2025) formano però un arco, un’apertura (il vano di una porta anziché un luogo di ispezione), un portale che allude a transitorietà e possibilità, e non a chiusura e controllo. Al di là del muro di via di Porta Tenaglia 7, dietro a una porta fantasma, c’è un cortile nascosto.
Entrate pure.
La produzione di Nina Canell è mutevole, durevole e indeterminata, radicata in una pratica che riflette sulla capacità che i materiali hanno di trasformarsi e sovrapporsi al di là dei parametri spaziotemporali di una mostra. Le sue opere sono state esposte in mostre e biennali di tutto il mondo. Fra le sue personali, ricordiamo quelle organizzate da Simian, Copenaghen; OGR, Torino; The Artist’s Institute, New York City; Moderna Museet, Stoccolma; Hamburger Bahnhof, Berlino; Camden Arts Centre, Londra; Mumok, Vienna; Kunsthalle Fridericianum, Kassel; Arko Art Center, Seul; S.M.A.K., Gand; e Kunstmuseum St.Gallen, San Gallo. Canell ha partecipato alle biennali di Venezia, Sydney, Gwangju, Lione, Liverpool, Cuenca e a Manifesta, oltre a essere stata esposta all’interno di grandi collettive allestite da MoMa (New York Coty), Mori Art Museum (Tokyo), Palais de Tokyo (Parigi), Museo Tamayo (Città del Messico) e Guggenheim Bilbao. Canell collabora spesso con Robin Watkins per realizzare installazioni e libri d’artista.