Galleria Vik Milano presenta Grand tour, la nuova mostra personale di Adriano Pompa, a cura di Alessandro Riva, dal 25 novembre 2025 al 15 gennaio 2026.

Il progetto si configura come un viaggio ideale ispirato al mito del Grand tour, non come rievocazione storica ma come visione distopica e onirica, in cui l’artista – figlio d’arte, cresciuto nella bottega del padre Gaetano Pompa, pittore e scultore di straordinaria raffinatezza – si immerge nei panni di un viaggiatore del Settecento con lo sguardo, tuttavia, rivolto al presente. L’eredità del padre, maestro di un surrealismo colto e corporeo, vive come eco nel suo lavoro, ma viene trasfigurata in una ricerca autonoma e contemporanea, dove il viaggio diventa esperienza mentale e pittorica: un percorso in cui memoria, tempo e immaginazione si fondono in un linguaggio insieme narrativo e simbolico. Per Vittorio Sgarbi, la pittura di Pompa è “necessaria, inevitabile, un vizio e un premio insieme”, formata da “quadri che appaiono inquieti, come animati da una incertezza del destino”. Pompa appartiene infatti a quella schiera di artisti che vivono la pittura come una missione conoscitiva, un esercizio di visione capace di trasformare la memoria in materia, l’immaginazione in forma.

«Mi sono immaginato pittore settecentesco e contemporaneo al contempo», scrive Pompa, «ho voluto mantenere un fil rouge con un oro trasbordante, simbolo non di lusso o opulenza ma di operosità e umoralità, di luce riflessa e mutevole secondo il clima, l’umore e le atmosfere». Ne nasce una wunderkammer di invenzioni astratte e figurative, in un equilibrio poetico tra realtà e immaginazione, tra mito e sogno. Le opere dialogano con gli spazi eclettici di fine Ottocento della Galleria Vik Milano, con i loro stucchi e specchi, tessendo un legame sottile fra memoria e invenzione, storia e visione contemporanea.

«Nelle tele, nelle sculture e nelle tavole di Adriano Pompa», scrive il curatore della mostra Alessandro Riva, «convivono cavalieri, dame, draghi, pesci volanti, leoni, rinoceronti, serpenti, alberi dalle foglie d’oro, uova giganti, conchiglie, città murate: apparizioni sospese tra realtà e immaginazione, tra mito e sogno, come epifanie misteriose di un Grand Tour immaginario, echi di epoche lontane e di territori che, come le architetture, le abitudini, i costumi delle città invisibili narrate da Marco Polo all’imperatore Kublai Khan nel romanzo di Italo Calvino, esistono solo finché qualcuno continua a dipingerle o a raccontarle».

Elemento cardine dell’esposizione è l’oro, inteso non come emblema di lusso o fasto, ma come simbolo di operosità e vibrazione emotiva, di luce riflessa e cangiante, capace di adattarsi ai mutamenti atmosferici e interiori. In questa narrazione simbolica, l’oro diventa il filo conduttore che unisce epoche e sensibilità diverse, fondendo memoria storica e tensione moderna.

Come ha scritto Fabrizio Dentice, «Pompa è un pittore dell’immaginario, o per dir meglio dell’immaginazione. Una facoltà, questa, che guarda in su e in avanti, nella possibilità dell’impossibile. Ma il pittore si guarda anche dentro, dove prolificano oscure mitologie, parla lo spirito del padre illustre, Gaetano, che gli fu maestro amato, e passa un vento che viene dai boschi della materna Germania». Mondi interiori e simbolici emergono così come in un sogno lucido, popolati da creature mitiche e animali fantastici che sembrano usciti da un antico bestiario medievale, ma trasfigurati in chiave moderna e surreale, sospesi tra malinconia e meraviglia.

Grand tour è così un viaggio poetico e visionario, ma anche un itinerario immaginario nei paesaggi italiani ed europei, reinventati dalla sensibilità di Pompa. Un percorso in cui la pittura si fa mappa interiore e diario di viaggio, dove l’oro, la luce e il segno si trasformano in un racconto di movimento, memoria e metamorfosi.