Dal 20 novembre 2025 al 9 gennaio 2026, Still Fotografia a Milano presenta la mostra Edoardo Romagnoli. Autobiografia di un fotografo, personale che riunisce più di trenta opere dell’autore milanese, capace di interpretare la fotografia con linguaggio pittorico e di sviluppare uno stile in grado di attraversare memoria, emozione e sperimentazione.
L’esposizione si configura come un percorso tra scatti di Luna e Fiori, senza uso di Photoshop, che racconta la vita e la ricerca di Edoardo Romagnoli (Milano,1952), dagli esordi pittorici negli anni Settanta sotto la guida della madre, pittrice, passando per le fotografie esposte a Il Diaframma di Lanfranco Colombo e al Peggy Guggenheim di Venezia, fino ai recentissimi esperimenti di post produzione, risultato di una dirompente necessità di pittura ancora una volta sublimata con la fotografia.
Infatti è proprio la sintesi tra pittura e fotografia che permette a Romagnoli di trovare la sua personale espressione artistica fondata sulla relazione tra movimento e immobilità, memoria e attualità, tecnica ed emozione.
«Alla fine degli anni ’80 mi sono accorto che potevo dipingere con la macchina fotografica - racconta Edoardo Romagnoli a proposito del suo percorso. Spesso andavo in terrazzo di notte e fotografavo la luna, ho provato a muovere la macchina fotografica e ho ottenuto degli orizzonti, poi muovevo ancora e cercavo di ottenere ciò che la mia mente disegnava».
Nel 2024, un improvviso problema di salute porta il fotografo a una svolta: «Dopo ripetuti episodi di perdita di equilibrio dovuti alla sindrome di Ménière - spiega Romagnoli - mi sono imposto di mantenere saldo il soggetto (la luna) senza muovere la camera. In questa direzione ho scattato per mesi mettendo a dura prova il mio istinto di dipingere con la macchina fotografica. Lo sfondo del mare in movimento, ripreso con tempi lunghi, ha dipinto per me. Il risultato è il lavoro “Provare a fermare l’immagine”, presente in mostra».
I nuovi Fiori, elaborati per la prima volta in post-produzione, con colori ostinatamente cercati, talvolta improbabili, trovano la loro tranquillità e protezione nelle antiche cornici lasciate dal nonno, Giuseppe Palanti, pittore e professore all’Accademia di Brera, generando un paradosso stilistico e temporale. Un’operazione concettuale che per Romagnoli diventa un modo per sublimare la fatica creativa, ritrovare la propria identità e mantenere saldo il filo della memoria.












