A fare teatro cominciò che aveva appena otto anni, rovistando in tutti gli armadi di casa alla ricerca di abiti con cui travestirsi e di personaggi da inventare e da interpretare. “Era il mio gioco preferito e in quel periodo decisi che avrei fatto l'attrice”. Così è stato. Dalla Tv al cinema e soprattutto al teatro, dalle tragedie alle commedie e al varietà, il palcoscenico per Marisa Laurito è stata poi la casa della vita. Una vita scapricciata come lei ha titolato il suo libro-autobiografia “perché ho tentato di fare tutto ciò che volevo e mi sono tolta parecchi capricci”.

Ora, con un teatro ferito dalla pandemia, Marisa Laurito si rimbocca le maniche e vorrebbe che fosse il pubblico a togliersi il capriccio di tornare nelle sale a godersi uno spettacolo. “Andando di nuovo in giro per l'Italia mi accorgo che i ristoranti sono pieni e i teatri vuoti, in particolare nelle grandi città. Non vorrei che il ritorno alla cultura e al divertimento si fosse riversato soprattutto sul cibo. Mi auguro che tutto torni al più presto come prima”. Lei, comunque, il teatro Trianon di Napoli, di cui è direttrice artistica, l'ha inaugurato alla grande con la nascita della Stanza delle meraviglie, uno spazio animato da personaggi, musiche e colori che immergono virtualmente il visitatore nel fantastico panorama della canzone napoletana. E intanto gira l'Italia portando sui palcoscenici l'adattamento teatrale firmato da Geppy Gleijeses del mitico film-romanzo di Luciano De Crescenzo Così Parlò Bellavista, il 18 e il 19 dicembre in scena al Teatro Verdi di Pisa, prima di proseguire il tour nelle maggiori città della penisola.

Nella filosofia dell'autore esistono “gli uomini d'amore e gli uomini di libertà”. Secondo lei questa divisione è attuale?

Questo film è stato un cult e lo è ancora. Certe “divisioni” vengono poi tutte contraddette. E napoletano e milanese si scoprono simili. In realtà anche il milanese beve il caffè a letto e dice che sarebbe bellissimo se sua moglie glielo portasse quando si sveglia. Ma poiché è tedesca questo non avviene.

Anche lei, però, è un po' tedesca.

In teatro mi chiamano la napoletana tedesca perché sono sempre puntuale al millimetro. D’altra parte, trovo che la puntualità significhi rispetto per le persone che ti stanno aspettando. Certamente, però, ho molti altri difetti...

Torniamo al professor Bellavista. Lui dice anche che l'umanità si divide tra chi fa la vasca e chi fa la doccia. Lei, in quanto napoletana, dovrebbe preferire la vasca.

Dipende da come sono messa con il tempo. Io adoro la vasca, ma a volte ho fretta e allora purtroppo faccio la doccia perché è più veloce. E magari mi permette di essere puntuale.

Cosa è il teatro per lei?

È casa. Ho iniziato con il teatro e, pur facendo anche cinema e televisione, non ho mai smesso. È l'unico posto dove non ho paura e mi sento al sicuro.

Quali sono le sue paure?

Per la verità non ne ho molte. Certo, la sera della prima un po' di paura c'è sempre. In fondo in teatro l'attore è sottomesso al pubblico. È un po' come entrare nella fossa dei leoni. Tu sei lì, da solo, e non sai se lo spettacolo andrà bene o no. Comunque, la mia paura più grande è quella di perdere le persone care. Purtroppo, in questo ultimo anno è successo.

L'amore le fa paura? E il matrimonio?

L'amore no. Mi fanno paura le parole “per sempre” o “eternamente”. Ecco perché il matrimonio mi spaventa. È un contratto che può essere utile per i figli o per le persone indifese. Ma purtroppo non è qualcosa che può durare sempre, se non in pochi casi fortunati. Ormai sono abbastanza grande per capirlo.

Progetti per la Tv?

Sarebbe bello il proposito di un ritorno alla televisione di una volta: educata, garbata, civile, senza urla.

E per il cinema?

Il cinema mi piace, ma non mi chiamano... quindi non lo faccio.

Rimpianti?

Non rimpiango niente. Ho fatto tutto con cognizione di causa, sapendo che lo volevo fare.

Lei è anche pittrice.

Sì, prima dipingere era un hobby. Adesso non lo è più: faccio mostre e ho anche partecipato alla Biennale di Venezia. È diventato un secondo lavoro.

È vero che per molto tempo ha nascosto questa sua attività?

Mi seccava mettere in imbarazzo la gente che magari si sentiva obbligata a dire: “Ma come sei brava!”. Così raccontavo che erano quadri di una mia amica araba e poi mi divertivo ad ascoltare i loro commenti. Fino a quando venne a casa mia una critica d'arte, a cui raccontai la stessa favoletta. Ma lei mi fece così tante domande che alla fine mi ha scoperta e mi ha convinta a fare una mostra.

Marisa, la vita è come un film?

La vita è una promenade complessa. Non è uno spettacolo, che a volte può essere anche più bello o più interessante. Bisogna farla con coscienza questa promenade, sapendo che ci sono difficoltà, ma anche gioie, picchi fantastici e picchi nello sprofondo. Però anche questi ultimi sono molto importanti perché ci insegnano a ricominciare in modo diverso. Ricominciare significa risalire dalla morte, quella vera, per la perdita di familiari e amici, oppure quella interiore, ugualmente dolorosa. Quindi ricominciare è importante, con forza, senza abbattersi.

Quante volte lei ha ricominciato?

Almeno 3 o 4.

Non le è mai successo di sentirsi “influenzata” dal personaggio che interpreta?

Sempre. Tutti i personaggi mi hanno lasciato qualcosa. Entrando nella loro psicologia e nella loro vita ti inducono a pensare e a riflettere.

Quali sono quelli che ha amato di più?

Posso dire quelli che non ho amato. Cioè quelli drammatici, dalla vita catastrofica. All'inizio della mia carriera ho interpretato molti ruoli drammatici, ma col tempo ho capito che non era quella la mia missione: ogni sera uscivo dal teatro disturbata, avvilita. Non mi piacevano.

È così che è diventata un'attrice comica?

Più che altro è capitato... ma io mi sono trovata molto meglio. Mi succede di camminare per strada e di incontrare persone che mi ringraziano. “Non sa quanto mi ha fatto ridere”, mi dicono. Questa per me è una gioia, molto più di qualsiasi premio.

Anche Così parlò Bellavista affronta cose serie, come la camorra, ma con il sorriso.

È un affresco su Napoli, o meglio sul modo di essere napoletano. Che è bello e che in alcuni momenti esiste ancora. Io all'inizio ero contraria a rifare la commedia in teatro, non vedevo come poterla rendere: invece Geppy Gleijeses è stato bravissimo e lo ha reso in maniera fantastica.