È innegabile che l’opera teatrale Cyrano de Bergerac, scritta da Edmond Rostand nel 1897, sia una delle più famose al mondo. Il cadetto di Guascogna dal grande naso, sbruffone e gentiluomo insieme, dalla grande sensibilità, innamorato della bella cugina Rossana e che presta tutto il suo amore in rima allo scialbo Cristiano per la medesima donna, è entrato in scena in tutti i teatri internazionali e con adattamenti vari. Come l’eccellente pièce Edmond dedicata al suo autore e a tutte le disavventure incontrate nello scrivere l’opera.

Il personaggio del poeta spadaccino è ispirato a Savinien de Cyrano de Bergerac, ecclettico ed eccentrico scrittore francese del Seicento, precursore della letteratura fantascientifica e influenzato da filosofi e artisti come Campanella, Moro, Castiglione, modello ideale per Edmond Rostand. La pièce, intitolata proprio all’autore, e che brilla al Théâtre du Palais-Royal dal 2016 racconta - tra le risate e l’emozione - le difficoltà e le vicissitudini per la scrittura della “commedia eroica” per eccellenza e passata alla storia.

L’Edmond del regista franco-britannico Alexis Michalik, per il suo enorme successo, è stato prorogato per una nona stagione fino al 30 marzo 2025. Capolavoro contemporaneo che omaggia, ad ogni battuta, il capolavoro ottocentesco. Edmond è un esempio perfetto di metateatro e la cornice scelta, il Théâtre du Palais-Royal, non poteva essere che la migliore.

Michalik, alternando vari registri, è riuscito a caratterizzare profondamente i tanti personaggi che si avvicendano sul palco regalando allo spettatore le sfaccettature di ciascuno. Tutto è in equilibrio, nessun personaggio prevale prepotentemente sull’altro e chi guarda viene coinvolto, con sapienza, nelle peripezie di un artista in crisi creativa e che scriverà il suo Cyrano su misura e a richiesta del celebre attore Costant Coquelin, allontanato dalla Comédie française dove ricopriva ruoli di secondo piano e che si garantì fama e successo eterno grazie a quest’interpretazione: il primo Cyrano della storia apparve al Théâtre de la Porte-Saint-Martin, a Parigi nel 1897.

La calibratura registica di questa distribuzione alternata è eccellente:

La commedia è allegra. Non si prende mai sul serio e gli interpreti […] recitano diversi ruoli, sanno passare da un personaggio all’altro con deliziosa fluidità […] Ognuno difende il proprio personaggio (i) con sensibilità e sincerità.

Quello di Edmond riflette al meglio tutti i tormenti di uno scrittore la cui ossessione sono la creazione artistica e la paura del fallimento. Tormento esistenziale ed universale di ogni artista che ha perso la sua vis poetica. E così, per quanto la commedia sia spassosissima, non mancano i momenti di puro pathos nella rappresentazione della desolazione del protagonista. Ancora più emozionante perché sappiamo essere vera. Edmond Rostand, infatti, non scrive nulla da due anni, dopo aver ottenuto discreto successo con opere come La princesse lointaine e La samaritaine interpretati da Sarah Bernhardt.

La genesi del suo capolavoro sarà piuttosto rocambolesca, ma alla fine un trionfo, perpetuato nei secoli.

Ignorando i capricci delle attrici, le richieste dei suoi produttori corsi [che segnano i momenti più esilaranti della commedia], la gelosia di sua moglie, le avventure romantiche del suo migliore amico e la mancanza di entusiasmo di tutti coloro che lo circondano, Edmond inizia a scrivere questa commedia alla quale nessuno crede. Per ora ha solo il titolo: Cyrano de Bergerac.

Tutti gli sconsigliarono di continuare con la scrittura in versi, poco adatta alle esigenze dello spettatore del periodo, per scrivere vaudevilles come quelli di Georges Feydeau, di indubitabile successo. Ma lui, con l’appoggio (e la spinta!) dell’attore Coquelin, scriverà la sua nuova opera in versi alessandrini. Indubbiamente, questa si rivela una scelta vincente. L’originalità, la particolarità dell’opera sta proprio in questo e in questo resiste al passare del tempo.

Sono convinta che anche la pièce di Michalik, da cui lo stesso regista ha tratto l’adattamento cinematografico Cyrano mon amour (2019), avrà successo imperituro: una trama avvincente, attori eccezionali e perfettamente in sintonia tra loro, simpatiche libertà storiche e biografiche, un umorismo graffiante e talvolta irriverente, commedia degli equivoci e dell’amore vissuto e cantato… Un’opera perfetta, senza alcuna sbavatura e adatta a un ampio pubblico.

L’Edmond di Michalik riesce a tradurre, “con umorismo, passione e momenti di pura emozione” , non solo le traversie, l’universo di Rostand, ma è anche un affresco dell’epoca, della belle époque, pur concedendosi, come già detto, qualche licenza storica. E la troupe, composta di dodici favolosi attori, ricalca le grandiose compagnie del teatro ottocentesco.

Edmond è nato prima come una sceneggiatura cinematografica, poi il regista - assistendo ad uno spettacolo teatrale, adattamento del film Shakespeare in Love (sullo sviluppo della tragedia Romeo e Giulietta) - ha avuto l’input per scrivere un’opera teatrale. L’idea si è rivelata vincente: un successo di critica e pubblico che dura da quasi un decennio e che gli ha permesso di vincere ben cinque Molières.

Il tutto incorniciato dall’atmosfera senza tempo del Théâtre du Palais Royal. Costruito nel 1783 e uno dei più antichi di Parigi, è un luogo storico per la sua architettura: modellato sui teatri all’italiana, con tre balconi arrotondati attorno al palco, mantiene intatto tutto il suo inestimabile pregio.

Non solo la pièce, ma anche l’unicità del luogo in cui essa si svolge, in cui si dipanano tutte le storie attorno al fulcro-Edmond, fa immergere totalmente nella Parigi di fine Ottocento. Come se il redivivo Savinien de Cyrano de Bergerac fosse tornato con una nuova opera fantascientifica, questa volta non per condurci in un viaggio verso la Luna o il Sole, ma in un passato dove i tormenti di un artista diventano luce e che sono monito per chiunque.