Quando valutiamo l’operato dei governi siamo soliti concentrarci sulla correttezza delle scelte e delle operazioni, sull’eticità dell’azione di governo, sulla coerenza delle idee nel tempo, sull’adeguatezza delle posizioni rispetto alle situazioni storiche.
Sono tutte considerazioni e valutazioni corrette e opportune. Se una persona cambia le sue idee in continuazione, prendendo posizioni perfino opposte sulla base della convenienza e del vantaggio economico del momento, se non è in grado o non vuole assumersi la responsabilità delle proprie affermazioni o decisioni, se quindi non si assume il carico di ammettere quando sbaglia, di ritornare indietro a riguardare le situazioni, di apportare correzioni con la dovuta umiltà e obiettività di giudizio, certamente questa persona non è degna di essere rieletta.
Tuttavia, lo strano e surreale fenomeno cui oggi assistiamo sentendoci (erroneamente) impotenti è quello di vedere da ogni parte dei politici che risultano incomprensibili nei repentini cambi di programma, di opinioni, assurdi (cioè irrazionali) nelle loro scelte, totalmente avulsi da un minimo legame con quella sorta di etica universale, che più prosaicamente potremmo definire buonsenso, che dovrebbe guidare con saggezza le azioni.
Lo sbigottimento generale che questo stato di cose genera nella gente che osserva è molto simile a quello che si prova nel vedere il comportamento di persone con gravi patologie psichiche, o di patologie anche non gravi ma destabilizzate dalle situazioni e quindi in grado di tradursi in comportamenti assurdi e scelte pericolose per l’intera collettività che ha votato, eletto e mandato al potere queste persone.
Ebbene, innanzitutto è essenziale che ci ricordiamo che non siamo affatto impotenti di fronte a queste situazioni. Ciascuno di noi ha certamente vari modi per indirizzare le decisioni. Qui mi soffermo su due:
il voto: andare a votare è essenziale per indirizzare e guidare un Paese. Andare a votare non è un’azione leggera, non è la scelta di una marca al supermercato o di una squadra di calcio, ma un gesto essenziale che va pensato e ragionato con grande attenzione.
l’acquisto: in un’economia di mercato, in un mondo dove l’economia, che ci piaccia o no, sta guidando e viene considerata il parametro essenziale nella valutazione di un Paese e del suo andamento, la scelta di acquisto di qualsiasi bene o prodotto assurge a elemento centrale di orientamento di una società. Anche in questo caso, quindi, il processo di scelta e di acquisto va pensato, ragionato, vagliando con cura quali aziende premiare e quali scartare, quali azioni favorire e quali boicottare. Si parla molto di dazi, ma ricordiamo che i migliori dazi li mettiamo noi scegliendo di non scegliere un determinato produttore, soprattutto se compie, partecipa o sostiene azioni eticamente inaccettabili.
C’è poi un terzo punto, che a mio avviso è il più importante in vista di elezioni future e sul quale si basa il titolo del mio articolo. Visto il degrado etico e la seria problematicità delle azioni messe in atto dai capi di governo mondiali e dai politici in genere anche a casa nostra, propongo all’Ordine degli Psicologi, ai partiti e alle associazioni che possono farsene carico di spingere perché ogni persona che desidera intraprendere o che ha una carriera politica sia sottoposta a una valutazione psicodiagnostica per escludere la presenza di patologie conclamate o di tratti di personalità patologici, che potrebbero esprimersi, in determinate condizioni, attraverso comportamenti disfunzionali per gli altri, in questo caso per la società nel suo insieme.
Mentre scrivo queste cose mi rendo conto che una valutazione psicodiagnostica di questo tipo dovrebbe essere la norma, un passo diremmo ovvio nella gestione della cosa pubblica, una condizione di base, ancora più importante del titolo di studio (che anche quello dovrebbe rientrare nei parametri valutativi di base).
Le società oggi sono per lo più in mano a persone che non sono adatte a governare, che non dimostrano di avere un equilibrio psichico, una gestione delle emozioni, un controllo della rabbia, una capacità di autovalutazione e di responsabilizzazione. E potrei continuare, anche se la cosa più evidente, che salta veramente agli occhi, è la mancanza di un equilibrio e di una adeguata gestione della componente emotiva, che invade totalmente, annullandola, ogni capacità razionale. Chiediamo e spingiamo affinché la valutazione psicodiagnostica diventi requisito di accesso alla carriera politica.
Come psicologa e psicoterapeuta richiedo che la valutazione psicodiagnostica diventi, insieme al titolo di studio, un parametro essenziale per accedere al governo di un Paese civile. La salute mentale e la cultura sono infatti due pilastri fondamentali. La capacità di gestire le emozioni, di valutare razionalmente, di coerenza interna, di senso di responsabilità, di autorità morale interna che si traduca in rispetto dell’altro e in comportamento secondo principi etici universali, la conoscenza della storia, dei popoli, della filosofia, l’esercizio della logica sono elementi centrali, requisiti di base che un politico deve possedere.
I cittadini hanno il diritto di poter scegliere di votare in una rosa di candidati adeguati e in possesso di tali requisiti.