Il 4 settembre 2025, presso la suggestiva dimora storica di Palazzo Drago di Verzuolo (CN), si è tenuto un importante convegno per docenti a cui ho assistito, dal titolo “Sognare l’educazione del futuro: quale aiuto dalla IA”. L’evento, organizzato dall’Istituto Comprensivo di Centallo-Villafalletto in collaborazione con la società Civicamente, ha visto la partecipazione del dottor Davide Luchino, ricercatore di Torino che ha guidato i partecipanti attraverso la storia e le potenzialità dell’intelligenza artificiale (IA) nel mondo dell’istruzione.

L’incontro non si è limitato a una panoramica superficiale, ma ha offerto ai partecipanti un viaggio approfondito nelle origini dell’IA, dimostrando quanto le sue radici siano più profonde di quanto si possa comunemente pensare. Bisogna infatti tenere presente che la sua storia è iniziata nell’Ottocento, con la figura visionaria di Ada Lovelace che, oltre a essere un’eccellente matematica, era figlia del poeta Lord Byron pur non avendo mai avuto con il padre alcuna relazione essendo stata cresciuta interamente dalla madre. Nata ben prima dell’avvento dei computer, Lovelace fu la prima a scrivere un algoritmo per la Macchina Analitica di Charles Babbage, un prototipo di calcolatore meccanico. La sua intuizione geniale non fu quella di creare un semplice calcolo matematico, ma di comprendere che una macchina avrebbe potuto manipolare simboli, non solo numeri, aprendo la strada a un’elaborazione complessa che avrebbe anticipato l’IA di oltre un secolo.

Altro tassello fondamentale nella storia dell’AI è stato Alan Turing che nel 1950 propose il celebre Test che da allora porta il suo nome, un criterio tuttora dibattuto per determinare se una macchina possa essere considerata “intelligente”. Questo test, che valuta la capacità di un’IA di sostenere una conversazione indistinguibile da quella di un essere umano, ha gettato le basi per l’intero campo della ricerca sull’IA e continua a stimolare riflessioni etiche e filosofiche.

Il primo programma in grado di simulare una conversazione umana però fu “Eliza”, creato da Joseph Weizenbaum al MIT. Eliza non capiva realmente il linguaggio, ma utilizzava schemi di risposta per imitare la figura di un terapeuta rogersiano, ponendo domande generiche per incoraggiare gli utenti a esprimere i propri pensieri. Questo esempio ha dimostrato come, fin dai primi passi, l’IA abbia cercato di interagire con gli esseri umani in modo sempre più naturale.

Recenti e rivoluzionari sono stati poi i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), ossia dei software che riproducono il modo naturale di parlare e di scrivere di una persona. Il loro sviluppo è stato segnato da pietre miliari che hanno dimostrato i progressi dell’IA in ambiti complessi. Eventi come la storica vittoria di Deep Blue contro il campione di scacchi Kasparov nel 1997, o il trionfo di AlphaGo sul campione di Go Lee Sedol nel 2016, hanno illustrato la crescente potenza dei sistemi di calcolo. Un passo cruciale è stato compiuto nel 2017 con l’architettura Transformer di Google (Attention Is All You Need), che è diventata la base fondamentale per lo sviluppo dei moderni LLM. Questo ha portato all’evoluzione di modelli come GPT-3 (2020), il primo grande modello con miliardi di parametri, e a innovazioni successive come ChatGPT e GPT-4 (2023). Questi modelli conversazionali hanno rivoluzionato numerosi settori, portando l’IA fuori dagli ambiti accademici per farla entrare nella vita quotidiana di milioni di persone. Oggi, questi strumenti sono capaci di comprendere, tradurre, scrivere e persino dialogare con una fluidità sorprendente.

Vantaggi dell’uso dell’IA a scuola

Durante il convegno si è discusso ampiamente dei benefici che l’IA può portare nell’ambiente scolastico. L’IA offre un potenziale significativo per il settore educativo, soprattutto in ambiti come la pianificazione e la creazione di materiali didattici, la progettazione di attività personalizzate e la generazione di contenuti multimediali (immagini, video e audio) per arricchire le lezioni.

Un altro punto di forza è la sua capacità di adattarsi alle esigenze individuali degli studenti, permettendo un apprendimento personalizzato. Le piattaforme educative basate su algoritmi avanzati possono analizzare il ritmo di apprendimento di ciascun alunno, identificare le sue lacune e i suoi punti di forza, e proporre esercizi, materiali didattici o percorsi di studio su misura. Questo approccio non solo migliora la comprensione e la motivazione, ma assicura che ogni studente possa progredire al proprio ritmo. Inoltre, l’IA può fungere da valido supporto per gli insegnanti. Può automatizzare compiti amministrativi e di routine, come la gestione della comunicazione o l’organizzazione di calendari e scadenze, riducendo il carico di lavoro ripetitivo. In particolare, l’e-scheduling e l’analisi predittiva offrono un potenziale significativo per ottimizzare l’istruzione. Analizzando in tempo reale le abitudini in classe di insegnanti e studenti, i sistemi di IA possono suggerire automaticamente programmi di studio e attività adeguate.

L’intelligenza artificiale si rivela anche un valido alleato nella valutazione, automatizzando la correzione di quiz e test e fornendo feedback immediati agli studenti. Grazie a strumenti come i lettori di testo, i traduttori automatici o i sistemi di sintesi vocale, l’IA contribuisce anche all’accessibilità e all’inclusione, supportando in modo significativo studenti con disabilità visive, difficoltà di apprendimento o linguistiche.

È fondamentale, però, un’avvertenza cruciale emersa durante il convegno: l’IA può far risparmiare tempo, ma non farà tutto il lavoro. La revisione e l’integrazione sono sempre necessarie.

Svantaggi e rischi dell’IA nella didattica

Nonostante i numerosi vantaggi, il convegno ha evidenziato anche le sfide e i rischi legati all’uso dell’IA a scuola, sollevando importanti interrogativi etici e pratici. Il primo rischio riguarda la perdita del rapporto umano, dato che l’educazione è un processo che si fonda sul legame empatico tra insegnante e studente. Un’eccessiva dipendenza dall’IA potrebbe ridurre questa interazione, impoverendo l’esperienza educativa e minando il ruolo formativo dell’insegnante come guida e mentore. Un altro aspetto critico è legato alle disuguaglianze digitali, poiché non tutti gli studenti hanno accesso agli stessi dispositivi o a una connessione internet stabile e veloce. L’introduzione massiccia dell’IA rischia di ampliare ulteriormente il divario tra chi può sfruttare appieno queste tecnologie e chi ne resta escluso, creando nuove forme di esclusione sociale ed educativa.

Si è discusso anche dei rischi relativi alla privacy e alla sicurezza dei dati, dato che le piattaforme di IA raccolgono una grande quantità di informazioni personali e sensibili degli studenti. Senza adeguate misure di protezione e una normativa chiara, c’è il serio rischio che questi dati vengano utilizzati in modo improprio o finiscano nelle mani sbagliate. Infine, c’è il rischio di dipendenza tecnologica: affidarsi completamente all’IA per la risoluzione dei problemi e la produzione di contenuti può ridurre la capacità critica degli studenti, il loro spirito di iniziativa e il loro impegno attivo nell’apprendimento. Inoltre, l’uso di strumenti come ChatGPT può favorire il plagio o la perdita di autonomia nello svolgimento dei compiti, rendendo più difficile lo sviluppo di competenze fondamentali, senza dimenticare i rischi legati alla qualità e all’affidabilità delle informazioni generate: il timore è che l’IA possa fornire risposte non sempre attendibili, inducendo gli studenti ad accettarle senza un’adeguata verifica critica.

Nel 1957 il celebre scrittore Isaac Asimov, nel suo racconto Il correttore di bozze, rifletteva già sui timori legati alla sostituzione del lavoro umano da parte delle macchine, mettendo in guardia su una sfida che oggi è più attuale che mai perché riguarda anche gli studenti: “Le macchine per scrivere e le macchine tipografiche ci tolgono parte della soddisfazione, ma il vostro EZ-28, il vostro robot, fono-comandato ce la toglierà tutta. Per il momento è in grado di occuparsi e vedere solo delle bozze. Ma prima o poi lui o altri robot come lui si assumeranno il compito di esaminare gli originali, cercare le fonti, manipolarle, copiarle, controllarle, e magari trarre in maniera preventiva delle conclusioni a vantaggio di altri”. Questa citazione serve a stimolare una riflessione sulle nuove frontiere per lo studio e sul ruolo che l’IA avrà nell’evoluzione delle professioni. Nonostante il timore di una totale sostituzione, il dibattito attuale si concentra sul fatto che l’IA non eliminerà il lavoro, ma lo trasformerà profondamente, rendendo l’essere umano libero di concentrarsi su compiti che richiedono creatività, pensiero critico e intuizione.

Indagini e previsioni

L’interesse emerso dal convegno di Verzuolo trova riscontro a livello nazionale, come dimostra un’indagine condotta da INDIRE in collaborazione con la casa editrice “La Tecnica della Scuola”. I dati, presentati a Fiera Didacta Italia il 13 marzo 2025, hanno coinvolto 1.803 docenti di ogni ordine e grado e hanno rivelato un quadro chiaro e incoraggiante. I risultati mostrano che oltre la metà degli insegnanti intervistati utilizza regolarmente strumenti di IA nelle proprie attività didattiche. Nello specifico, il 52,4% dichiara di usarla per supportare la didattica, mentre il 10% la impiega come strumento compensativo per gli studenti con difficoltà di apprendimento. L'intelligenza artificiale si è dimostrata utile anche per compiti non strettamente legati all’insegnamento: il 56,7% degli intervistati la sfrutta per l'elaborazione di relazioni e progettazioni didattiche, mentre il 21,5% la usa per redigere verbali di riunioni.

La discussione sull’IA non si limita alla didattica, ma tocca anche questioni più profonde legate alla creatività e al ruolo dell’essere umano. Un dibattito acceso riguarda la possibilità per le macchine di scrivere libri o comporre musica e questa prospettiva trova un’eco ancora più affascinante in un’ipotesi formulata oltre cinquant’anni fa da Italo Calvino nel saggio Cibernetica e fantasmi (1967). Calvino sosteneva che la narrativa, in fondo, non fosse altro che un processo combinatorio. Secondo questa visione, non importa chi o cosa produca un testo; ciò che conta davvero è che, in una data combinazione, comunque generata, i lettori colgano qualcosa di speciale, cruciale, unico e rivelatore.

La sfida educativa è un equilibrio tra tecnologia e umanità

L’evento di Verzuolo ha sottolineato come l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle scuole rappresenti un’opportunità straordinaria per innovare la didattica e migliorare l’esperienza educativa. Tuttavia, è fondamentale adottare un approccio critico ed equilibrato, che valorizzi la tecnologia senza trascurare l’importanza del ruolo umano nell’educazione. In questo quadro, l’insegnante non scompare affatto, ma conserva un’importanza strategica e un ruolo fondamentale. L’IA si configura infatti come una compagna, un’assistente di processo che facilita il lavoro del docente, rendendolo ancora più efficace. La sfida per il futuro sarà trovare il giusto equilibrio tra innovazione digitale e relazioni umane, per costruire una scuola davvero al servizio di tutti.

A livello più profondo, il dibattito etico verte sulla natura stessa dell’intelligenza artificiale: a differenza dell’intelligenza umana, l’IA manca di autocoscienza e non ha la capacità di pensare o sentire sé stessa. Questo solleva interrogativi cruciali, specialmente in un contesto educativo dove il ruolo dell’insegnante è anche quello di promuovere lo sviluppo emotivo e la coscienza critica. Il processo decisionale di una macchina come ChatGPT non è più conoscibile nemmeno dai programmatori, un fenomeno noto come il problema del black box. Questo, insieme al fatto che l’IA si avvicina sempre più alla capacità di superare il Test di Turing, ci obbliga a riflettere profondamente sul nostro ruolo nel mondo. Non siamo più al vertice di una piramide solitaria, ma coesistiamo in un ecosistema in cui l’IA è un partner con cui dobbiamo imparare a interagire. Del resto sfido chiunque a capire se questo articolo sia stato scritto da una macchina o da un umano.