Se c'è una scossa di quinto grado, crollano i palazzi e contiamo i morti.

(Fabio Ciciliano, capo della Protezione Civile) Dopo parole esaminate al vetro da chi è a capo della gestione emergenze, da chi questo tipo di rischi e calamità li studia e li compara in un'intera vita professionale, per la popolazione partenopea è più che normale che si insedi il verme solitario del terrore e dell’impotenza. Contro un kraken. Contro qualcosa che non puoi vedere arrivare e da cui non puoi scappare, anche se sai che, prima o poi, arriverà.

Il rischio di osservare una realtà con gli occhi di chi ha vissuto un'intera esistenza senza un pericolo eclatante, ma con l’abitudine a qualcosa di passeggero e superficiale, è quello di sottovalutare una realtà che sembra lontana. Ma forse, forse è solo dietro l’angolo.

Nel 2025, le scosse di terremoto nei Campi Flegrei hanno causato l'inagibilità di numerose abitazioni, costringendo molte persone ad abbandonare le proprie case. Secondo i dati forniti dal prefetto di Napoli, Michele di Bari, 242 persone sono state dichiarate senza abitazione a causa dei danni provocati dalle scosse. Inoltre, il deputato Caso ha riferito che 127 nuclei familiari, tra Pozzuoli, Bacoli e Napoli, sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni, con ulteriori 360 richieste di sopralluoghi ancora in attesa di esecuzione. Controlli che, per chi è nato in questo luogo, sa bene che non ci saranno o saranno effettuati a spizzichi e bocconi, contro un cataclisma che potrebbe risultare fatale da un momento all'altro.

Per quanto riguarda l'abbandono definitivo delle zone colpite, non sono disponibili dati ufficiali aggiornati al 2025. Tuttavia, il dato rilevante è sicuramente l’impatto significativo sulle comunità locali e sulla vita della popolazione, che sembra aver minato – con una folata di vento – le sicurezze costruite in una vita. Sicurezze nutrite dalla speranza di crescere e far crescere tra i colori, i sapori e gli odori di una cultura in frammentazione. Oggi più di ieri. E non solo per una mera considerazione geo-naturalistica.

Nel periodo compreso tra il 2024 e il 2025, il territorio napoletano – in particolare l'area dei Campi Flegrei – ha registrato un'intensa attività sismica.

Nel 2024, il numero totale di scosse è stato 6.740, con una media di circa 560 scosse al mese: più del doppio rispetto alle 3.181 registrate nel 2022. I picchi si sono avuti tra aprile e maggio, con 1.252 e 1.525 scosse rispettivamente. Il 20 maggio si è verificata la scossa più forte, di magnitudo 4.4, che ha causato lo sfollamento di centinaia di persone nella zona di Pozzuoli.

Basterebbero questi pochi numeri statistici per immedesimarsi nella quotidianità napoletana. In un mese, il suolo ha tremato 560 volte.

560 volte in cui la terra trema sotto i tuoi piedi, nella tua casa.

560 volte in cui hai immaginato come salvare le persone a cui tieni.

560 volte in cui hai pensato a cosa avresti perso, se fosse avvenuto il peggio.

Non c’è sosta, né ristoro, nella mente di chi ha una paura costante.

Nel 2025, l’attività sismica è ripartita alla grande. Solo a febbraio si sono registrate 1.813 scosse: il mese più sismico degli ultimi 40 anni. La scossa più forte ha raggiunto magnitudo 3.9.

Lo sciame sismico più significativo si è avvertito il 5 febbraio, con oltre 50 scosse tra le 8:11 e le 11:00, la più forte delle quali ha raggiunto magnitudo 3.1.

La vera sensazione di un potenziale distruttivo, però, è arrivata a marzo, il giorno 13, quando una scossa di magnitudo 4.4 ha causato danni minori e ferito 11 persone. La più forte dal 1980.

Il tutto è avvenuto all’1:25 di notte, con epicentro in mare, a circa due chilometri di profondità, davanti a Pozzuoli. È stata avvertita distintamente a Napoli, nei comuni limitrofi, e anche da chi vi scrive.

I danni più evidenti – strutturali, ma non per questo meno pericolosi – si sono registrati logicamente a Pozzuoli, dove è crollato un controsoffitto in un’abitazione, ferendo una donna. A Bagnoli, danni al campanile della chiesa di Sant'Anna, sospensione della circolazione ferroviaria e rallentamenti nelle linee metropolitane.

Nessuna via di fuga praticabile.
Ma è poca cosa, se si pensa a qualche settimana fa, quando – il 28 marzo 2025 – il "globo terraqueo" si è scosso.

Un devastante terremoto di magnitudo 7.7 ha colpito il Myanmar centrale, causando una tragedia senza precedenti. Secondo le stime della giunta militare, il bilancio delle vittime è salito a 3.564 morti, con 5.012 feriti e 210 dispersi.

I dati e le rendicontazioni statistiche, agli occhi dei più, che leggono numeri e non nomi di persone, possono apparire come l'analisi fredda di un calcolo numerico, propedeutico, di chi – lontano da questa quotidiana realtà – analizza uno scenario virtuale. Ma il tempo e la mancata previsione degli eventi ci rendono osservatori passivi e inamovibili di quello che potrebbe capitare. E forse, una mente poco lucida, non allenata agli eventi non predeterminati dall’umanità, non vuole elaborare.

Se lo stesso terremoto, con una simile intensità, si fosse abbattuto sul nostro Paese, avremmo dovuto dire addio a interi comuni e alle persone che rendono l’Italia un Paese unico. Positano, Amalfi, Capri – con poco più di 4.000 abitanti – sarebbero scomparse in pochi secondi.

E allora, chissà se sia giusto o meno ipotizzare uno scenario forse non così lontano. Una visione apocalittica che avviluppi la città che ami, in cui sei nato, cresciuto, e hai fantasticato.

Gli esperti – pur sottolineando l’impossibilità di una previsione precisa – fanno notare che la vulnerabilità del patrimonio edilizio storico di Napoli è una delle principali criticità. Molti edifici, simboli di una tradizione secolare, non sono progettati per resistere a scosse sismiche forti. In un simile scenario, le zone più densamente popolate potrebbero subire danni ingenti, con conseguenze devastanti.

L’incertezza su ciò che potrebbe accadere ha reso ogni scossa una minaccia imminente. Un presentimento che turba le notti di chi vive, ma non dorme.

Napoli, con la sua densità di popolazione, renderebbe difficile un intervento immediato. I soccorritori potrebbero trovare ostacoli nel raggiungere e evacuare le persone tra le macerie. Gli ospedali e i centri di soccorso sarebbero sovraffollati. Le autorità locali, con la Protezione Civile, dovrebbero garantire assistenza a migliaia di sfollati e mantenere in funzione i servizi essenziali.

Senza contare gli effetti collaterali: scosse di assestamento, frane, inondazioni. Possono durare ore, giorni, mesi. La rapidità e l’intensità dei danni dipendono dal tipo di costruzione e dal livello di preparazione della zona.

La scia di terremoti ha lasciato il popolo partenopeo con il cuore in gola. Una paura che si è radicata nelle case, insinuata sotto gli stipiti delle porte, serpeggiando tra le lenzuola dei letti che tengono svegli, e per le strade della città.

Napoli respira tra le mura storiche, accanto al Vesuvio e ai Campi Flegrei. Vive ogni giorno un’ombra invisibile e inquietante, non nuova, ma sempre attuale.

Come un’eco che ritorna, che fa tremare le gambe al solo rintocco.

Molti si sentono sopraffatti da un senso di insicurezza.

Ogni scossa è come una forza che ti stringe le viscere, mentre tutto oscilla. Penetra nel cuore, come una paura che non ti lascia.

Qualcuno ha detto:

È come se il nostro mondo potesse crollare in un istante.

La popolazione, però, non può farcela da sola. “Siamo consapevoli, ma manca una risposta concreta da parte delle istituzioni”, afferma Salvatore, attivista da anni impegnato per la sicurezza della città. I napoletani hanno bisogno di sicurezza. Di educazione sismica. Di piani di evacuazione chiari e ben organizzati. Di monitoraggio costante.

E, soprattutto, di sostegno psicologico per affrontare la paura radicata nel quotidiano.

Da pochi giorni, la Regione Campania ha ottenuto i primi fondi per gli interventi sulle abitazioni private colpite dallo sciame sismico che ha riguardato soprattutto Pozzuoli e Bacoli.

Ma le criticità restano:

  • nell’assistenza post-sisma;

  • nei ritardi inaccettabili nelle analisi sui fabbricati privati, da effettuare capillarmente nell’area a rischio;

  • nella mancanza di un nuovo decreto che dia risposte ai nuovi sfollati e sostegno alle attività in difficoltà.

Serve sospendere mutui, tasse e tributi.

Serve una presenza reale dello Stato sul territorio, con uno studio costante e una comunicazione continua tra cittadini, commercianti e comitati di quartiere. Finora, le istituzioni hanno provato a spezzare l’unità degli abitanti dei Campi Flegrei, con il solito "dividi et impera". Ma la natura non conosce confini amministrativi: colpisce indistintamente.

Costruire un momento unico di incontro e mobilitazione è un dovere

Una lotta che i quartieri portano avanti con rispetto per l’autonomia di ognuno, ma con la consapevolezza che le loro richieste sopravviveranno solo se resteranno unite.

Oggi, Napoli vive ancora nell’incertezza.

Le cicatrici del passato sono fresche, e la paura di un altro grande terremoto grava su ogni angolo della città.

Una paura tangibile, alimentata da scosse continue, da un territorio fragile e da un patrimonio culturale che rischia di crollare.

Ma c’è ancora speranza.

C’è tempo per prepararsi.

Napoli ha sempre trovato la forza di rialzarsi.

Il suo futuro dipenderà dalla capacità di affrontare questa nuova paura, facendo tesoro delle lezioni del passato e investendo nella sicurezza del presente.
Senza lasciarsi abbindolare da uno Stato che non tutela, ma si arma contro il fantasma di un conflitto mondiale.
Senza proteggere i suoi cittadini da un pericolo reale.
Una città e un popolo che rappresentano cultura e storia millenarie, in un Paese che sembra aver smarrito la memoria.

E forse anche l’umanità.