La morte è la curva della strada, morire è solo non essere visto.

(Fernando Pessoa)

Prendo in prestito questi versi del grande poeta portoghese, per una riflessione, per nulla poetica, sulle morti in incidenti stradali.

Mi chiamo Andrea e tra qualche giorno avrei festeggiato il mio ventinovesimo compleanno.
Non ci sono più, non respiro più. Sono immobile in una camera mortuaria di ospedale senza neanche sapere il perché. Ricordo solo asfalto attorno a me e la moto. E poi il nulla. Cosa è successo non lo saprò mai ma chi è stato vorrei saperlo. Vorrei urlargli - Criminale assassino, non si può morire così. Ma forse no, non gli direi niente. Mi basterebbe non saperlo più in giro su quell’asfalto con cui ho avuto un fatale incontro ravvicinato. Che nessuno debba più morire così, senza un perché solo per colpa di un chi.

(Monologo ispirato ad un evento reale)

Droga, alcool, alta velocità, un’ infrazione al codice della strada, un malore, un animale che attraversa la strada, una buca, una distrazione, il telefono, un albero, un colpo di sonno, condizioni climatiche avverse, un veicolo contromano, dissesto manto stradale, e tante altre cause.

Un destino a volte crudele e beffardo che lascia sgomenti e nello sconforto chi rimane. Quando leggete sui giornali o ascoltate in tv la notizia di persone morte sulla strada, che siano conducenti o passeggeri di un veicolo, che siano pedoni o ciclisti, non saltate a conclusioni affrettate.

Per ogni morte occorre rispetto, dignità, silenzio. E soprattutto giustizia.

Se alcuni morti potessero parlare ucciderebbero le vostre convinzioni.

In una città grande e affollata come Roma, ad esempio, accade un incidente mortale quasi ogni giorno, a volte anche più di uno, a ogni ora del giorno e della notte, una routine che destabilizza e mette in discussione tutta la sicurezza stradale ma anche l’intera società.

Quella notte di cinque anni fa, racchiusa ermeticamente in pensieri tra il rosso del sangue, il nero del manto stradale e lacrime invisibili, conobbi Gabriele.

Mi chiamo Gabriele e due giorni fa è nato un sogno, sono diventato papà di Sofia. Ma non potrò godere di quel prato fiorito: all’improvviso si è trasformato nell'asfalto della mia vita. Sono morto in sella alla mia moto e non saprò mai il perché.

Ho conosciuto Gabriele quando era già morto. Poteva essere chiunque ma alcune vite irrompono nelle nostre senza apparente motivo: “colloqui speciali” che scaraventano la fragile clessidra dell’esistenza in un confine inesplorato.

Sono la causa della morte di una persona. Avevo bevuto. Non sapevo che la mia vita si sarebbe interrotta, anche se in modo diverso, come in quel corpo disteso in strada. Non ho nessuna attenuante o ragione ed è giusto che io paghi. Non c’è prezzo che si possa pagare affinché quel corpo riprenda respiro. Non c’è pena insopportabile da paragonare. Sono il brutto esempio da non seguire. Non pensate mai “a me non capiterà” potreste trovarvi dalla parte di chi ha il volante tra le mani ma anche di chi a causa di quel volante in mani sbagliate si trovi faccia a faccia con il nero dell’asfalto. E credetemi, muore anche chi rimane in vita, con la differenza, sostanziale, che uno dei due non potrà mai raccontarlo.

(Pensiero immaginario di un colpevole di omicidio stradale)

Nel 2021 sono 2785 i morti in incidenti stradali. Quest’anno, dal primo gennaio al 30 giugno i morti sono 1450. Numeri e percentuali sono necessari per una visione globale del fenomeno ma non devono rimanere trascrizioni su macabre lavagne. Scuotono gli animi ma nel flusso delle coscienze ci si adopera per prospettare un futuro più sicuro? Questi numeri fanno paura? Si, sono persone.