Il meccanismo di identificazione (in qualcosa, in qualcuno, in un’idea o in un partito) sta alla base del concetto di rappresentatività e sostiene la democrazia. Il cittadino deve sentirsi parte di un sistema e per farlo deve sentirsi rappresentato.

Ma c’è anche un altro fattore psicologico, forse ancor più rilevante dell’identificazione, che sostiene la forma democratica della rappresentatività e più in generale l’adesione al sistema politico. Si tratta del concetto di affidabilità, su cui si fonda qualunque accordo basato sulla fiducia.

Se si è deciso di affidare il governo del Paese ad una figura, o se questa figura viene scelta secondo i metodi legittimi di valutazione fatta dal Capo dello Stato, questa persona deve essere, oltre che capace, profondamente affidabile.

Al di là delle scelte e delle posizioni politiche di ciascuno, è stato evidente a tutti, in Italia come all’estero, che la figura di Mario Draghi possedesse tutte le caratteristiche di serietà e di affidabilità richieste. È stato evidente a tutti che “giochini” di partito, con l’unica finalità del bene del proprio partito, hanno cancellato l’opportunità di portare avanti programmi definiti ed avviati, ma anche la possibilità per il nostro Paese di mantenere un ruolo trainante a livello internazionale.

In questo periodo burrascoso, mi pare di rilevare che i cittadini in genere non abbiano gradito la farsa di questi “giochini”, nei quali era palese che non si stesse facendo il bene del Paese, in quanto il senso di continuità e l’affidabilità a livello internazionale venivano messi in crisi e in scacco.

I titoli dei giornali stranieri hanno sottolineato, amplificandolo, il carattere surreale ed autolesionistico che la caduta improvvisa del governo ha messo in luce in maniera fin troppo evidente.

Il clima attuale di sfiducia, di stanca, di distanza profonda da una campagna elettorale estiva e rimediata come meglio si riesce, va a completare il quadro, mentre i risultati concreti si possono vedere con dati oggettivabili.

E ora?

Ora, quando la figura di riferimento non c’è più, non è più al comando, perché esautorata del suo ruolo, che cosa succede alla mente umana?

Cito un saggio scritto da Freud nel 1928, dal titolo emblematico Dostoevskij e l’uccisione del padre:

Ora tu sei il padre, ma il padre morto; il meccanismo abituale dei sintomi isterici. E dunque: ora il padre ti uccide. Per l'Io il sintomo di morte è un soddisfacimento della fantasia del desiderio maschile e, al tempo stesso, un soddisfacimento masochistico; per il Super-io un soddisfacimento punitivo, ovvero un soddisfacimento sadico. Entrambi, Io e Super-io, continuano a recitare la parte del padre.

Si mette in evidenza molto bene quello che sta succedendo oggi: la presenza, cioè, di un fondo masochistico, autolesionistico e autopunitivo che paralizza l’azione.

La campagna elettorale in atto sembra mettere in evidenza soltanto i pericoli di derive estremistiche, fuorvianti, illogiche quanto inattuali, in un clima che manca di quella serietà che serve ad un Paese dalle straordinarie risorse umane e naturali, dalle incredibili potenzialità che necessitano di stabilità per potersi esprimere appieno.

E davanti a questo clima, che possiamo augurarci si sblocchi in tempi rapidi, appare ancor più surreale la gioia e l’esultanza di alcune figure politiche, che si compiacciono, come bambini inconsapevoli, della situazione di stallo o peggio ancora delle futili oscillazioni di gradimento rilevate in improvvidi quanto decontestualizzati sondaggi.