Mi chiamo Mary Ann Webster e sono sepolta a Londra nel cimitero di Beckley. Cercando mie notizie sul web, in ogni lingua, troverete sempre scritto: “La donna più brutta del mondo”.

Agli inizi della storia avrete un po’ di amaro in bocca, proseguendo tanta tristezza ma alla fine una lacrima si fermerà sul sorriso delle vostre labbra. Quale mamma, innanzi gli ostacoli della vita non farebbe l’impossibile per i suoi figli per farli crescere e istruirli dignitosamente?

Sono nata a Londra nel 1874 e poco più che ventenne sogni e aspirazioni facevano parte della mia vita come quella di qualsiasi altra ragazza della mia età. Il mio volere aiutare la gente si concretizzò con amore e dedizione nel lavoro di infermiera, amore ricambiato dai pazienti che mi adoravano.

A 29 anni incontrai Thomas Bevan, il fioraio che mi rubò il cuore, creammo una bella famiglia e i nostri quattro figli, due femminucce e due maschietti, l’orgoglio più grande. Avevo avuto tutto ciò che di bello la vita mi potesse riservare ma il destino tramava per me un incubo che mi avrebbe trascinato alla morte nel 1933, a 59 anni.

Dopo la nascita del mio ultimo figlio iniziò la trasformazione. La mia malattia fu diagnosticata in ritardo, era poco conosciuta e non c’erano cure e rimedi per fermarla o rallentarla. Soffrii di acromegalia. I lineamenti del mio volto persero femminilità, un ormone mi provocò la crescita anormale e una distorsione dell’osso facciale, le ossa si allungavano e tremendi mal di testa convivevano ormai con me in ogni momento. Tutto il mio corpo cresceva a dismisura.

Divenni un mostro, additata da tutti come la donna più brutta della Gran Bretagna e poi del mondo. Fui licenziata dall’ospedale di Londra dove lavoravo e nel 1914 rimasi vedova, con quattro figli da crescere. Nessuno voleva al proprio servizio una donna dalle sembianze di un omone grosso e sgraziato.

Ero disposta a tutto per sfamare i miei bambini e l’occasione sembrò arrivare quando lessi un annuncio in cui pubblicizzavano il concorso per la donna più brutta del mondo. Decisi di parteciparvi, il premio in palio era un’ingente somma di denaro che mi avrebbe permesso di andare avanti per un po’.

Vinsi il concorso e decisi di sfruttare il mio triste primato per guadagnarmi da vivere per me e i miei figli. Da allora il mio successo è stato un crescendo.

Girai, in una fiera itinerante in tutta l’Inghilterra ma ebbi la svolta nel 1920. Ci trasferimmo negli Stati Uniti, Sam Gumpertz mi assunse al Dreamland Circus Side Show di Coney Island nella circoscrizione di Brooklyn a New York. Oltre a esibirmi vendevo, sorridendo (ma con le lacrime nel cuore), cartoline illustrate di me stessa. Non mi importavano gli insulti, le risa di scherno e gli occhi ironici e beffardi, lo facevo per i miei figli.

Ho lavorato anche per lo spettacolo dei fratelli Ringling e Barnum & Bailey. Conobbi Andrew, un guardiano di giraffe mentre mi esibivo al Madison Square Garden di NY, e decidemmo di incontrarci fuori dal circo.

Fui pure aiutata a truccarmi per l’appuntamento ma guardandomi allo specchio preferii andare al lavoro. Avevano definito il mio rossetto sulla mia bocca come una tenda di pizzo all’oblò di un sottomarino.

Non ho vissuto felicemente ma sono morta senza il rammarico di aver trascurato i miei figli. Tutti in buona salute, ben vestiti, educati e buoni.

Harvey Cushing, il famoso neurochirurgo che mi seguiva, nel 1927 scrisse una lettera di denuncia alla rivista Time riguardo al modo in cui avevano preso in giro la mia bruttezza.

Al giorno d’oggi per fortuna non potrebbe più capitare una cosa del genere, non esistono più spettacoli che mostrano persone nate con deformità o malattie come fenomeni da baraccone ridicolizzandoli. Ma ogni limite che abbiamo, sia fisico o nascosto nell’anima, non dovrebbe essere un ostacolo ma uno stimolo per non arrendersi ed essere un esempio per gli altri.

Anche da morta non ho avuto pace. L’ombra della mia bruttezza continuò a emergere nel tempo. Usarono una mia foto nel 2006 su una cartolina per pubblicizzare il programma televisivo di appuntamenti al buio Blind Date di Cilla Black.

Commentando Hallmark che aveva messo in produzione la cartolina, Robert Knutzen, amministratore delegato della Pituitary Network Association, un gruppo di supporto internazionale per le persone affette da acromegalia, ha dichiarato: "Per fare soldi con la miseria e la sfortuna degli altri è vergognoso. Questa è l'avidità aziendale portata al suo livello più basso".

Io appartengo ormai a un altro regno e molti progressi, nel frattempo, sono stati effettuati nel campo della prevenzione e cura dell’acromegalia. Ma oltre la malattia, i sacrifici e tutto ciò che la vita può riservare c’è una mamma. Quante donne non riescono ad avere figli, quante donne lottano per i loro figli cercando una parità nel lavoro e poterli mantenere. Quante donne adottano bambini per toglierli da condizioni di miseria o guerre. Quante donne seppur sole, malate o impegnate hanno come primo pensiero i figli.

È così da sempre.

Maria la madre di Gesù, Amina la mamma di Maometto e tutte le mamme sono accumunate dall’amore incondizionato per i loro figli.

Mi sento di festeggiare con le mamme di tutto il mondo la giornata speciale istituita dalla mia amica d’oltreoceano Ann Jarvis, che per amore e riconoscenza verso sua madre istituì dopo tre anni dalla sua morte la Festa della Mamma in America il 10 maggio del 1908 che divenne poi il simbolo di tutte le mamme del mondo.

La mia festa della mamma è stata tutti i giorni della mia esistenza e mai ho esitato nel mostrarmi per il bene loro e mai ho pensato per vergogna di volermi nascondere. È emersa la mamma che c’è in ognuna di noi.

Come potrebbe iniziare la mia storia? “C’era una volta una mamma…”, ma non è una fiaba, non è una favola ma è la straordinarietà che vivono ogni giorno miliardi di donne nel mettere al mondo, nel crescere, accudire e istruire i loro figli.

Buona Festa della Mamma a chi lo è già, a chi lo sarà e a chi lo è nel cuore.