A scorrere le biografie dei più grandi matematici, sembra incredibile come molti di loro siano accomunati da nevrosi, paranoie, gravi patologie o vite segnate da eventi tragici. Sembra che spesso la genialità non possa sussistere - o coesistere - senza alcune forme di malattia e di drammaticità. Kurt Gödel (1906-1978), il più grande logico del Novecento (eletto dal Time, nel 2020, il più grande matematico del secolo), se non della Storia (dopo Aristotele), non fa eccezione. Matematico e filosofo, anticipatore di quell’informatica che avrebbe portato alla nascita dei computer, condusse una vita segnata da tante nevrosi e che, ovviamente, gli impedirono di viverla serenamente. Affrontò i paradossi della logica, ma non riuscì mai a risolvere quelli della propria esistenza.
Gödel è diventato famoso, giovanissimo (appellato, da bambino, “Signor perché” per la sua sete di sapere), per aver enunciato il “teorema di incompletezza”, secondo il quale, contrariamente a quanto si può pensare, nessun sistema matematico può essere corretto e completo. In ogni sistema logico ci sono enunciati che non possono essere provati o falsificati. Queste le sue parole con cui sconvolge tutte le verità, coerenze e certezze preesistenti:
Quest’affermazione non può essere dimostrata […]. Se può essere dimostrata, abbiamo una falsità, e il sistema è incorretto. Se non può essere dimostrata, allora è vera ma non può essere dimostrata e il sistema è incompleto. Così la matematica è incorretta o incompleta1.
Anche la sua vita ubbidisce a un esistenzialistico “teorema di incompletezza”, avendola volutamente lasciata incompleta e in sospeso.
Il “teorema di incompletezza”, con cui Gödel separa la verità dalle prove nel sistema stesso della scienza esatta per eccellenza, è importantissimo perché il suo risultato è andato ben oltre i confini della matematica, per abbracciare anche la filosofia da un lato, e dall’altro aprire le porte alla scoperta del computer e quindi al nascere dell’informatica. Il matematico inglese Alan Turing, entrato nella cultura di massa ben più di Kurt Gödel grazie ad opere teatrali, cinematografiche e televisive, deve però tutto ai suoi studi.
Gödel era austriaco e come dice il matematico Piergiorgio Odifreddi, nel suo cognome si prefigurava già il suo destino: il suo cognome è costituito infatti dal nome Dio in due lingue, inglese (God) ed ebraico (El), pur non essendo egli di origine ebraica. Il suo destino era quello di diventare il Dio della logica.
Ebbe “un’infanzia e un’adolescenza (1906-1924) formative a Brno2, una giovinezza matematica a Vienna (1924-1939), una maturità e una vecchiaia filosofiche a Princeton (1940-1978) 3”. La sua vita fu scandita da molteplici cambi di nazionalità e da una salute cagionevole. A soli cinque anni fu afflitto da una nevrosi ansiosa, a otto da una febbre reumatica perfettamente guarita, ma dove lui vedeva l’origine di una malformazione cardiaca. Erano invece gli inizi della fatale ipocondria che lo perseguitò per tutta la vita.
Nel 1921, a sedici anni, contemporaneamente all’amore per la matematica scoprirà la filosofia grazie a Kant che però lo lascerà insoddisfatto per l’imprecisione del filosofo tedesco su alcuni temi. Pur avendo una notevole propensione per la filosofia, nel 1924, all’Università si iscrisse a Fisica. Qui lo impressionarono e affascinarono, in particolare, le lezioni di Teoria dei numeri tenute da Philipp Furtwängler. “Oltre ad essere esemplari per chiarezza, le lezioni erano memorabili anche perché il matematico, paralitico dal collo in giù per una malattia, insegnava a memoria, seduto su una sedia a rotelle, e dettava a un assistente le formule da scrivere alla lavagna”4. Grazie a queste lezioni, capì che la sua vera inclinazione era la matematica e non la fisica e così nel 1926 cambiò corso di laurea.
Divenne membro del Circolo di Vienna (organizzato dal fisico e filosofo tedesco Moritz Schlick), circolo filosofico, scientifico e culturale, a cui diede la spinta per la logica e i fondamenti della matematica. Fu H. Hahn, uno dei matematici più brillanti della Facoltà, e che lo accolse tra i suoi ricercatori -valorizzandone gli interessi-, ad invitarlo ad iscriversi al famoso Circolo, da lui fondato insieme a Schlick. Inizialmente i soci si incontravano il martedì sera in un caffè per discutere i più svariati argomenti, e poi nell’aula del Dipartimento di Matematica e Fisica.
Gödel lo frequentò regolarmente dal 1926 al 1928, pur non condividendo “il neopositivismo del suo maestro” 5, ma indubbiamente “il Circolo rappresentava uno dei più stimolanti crocevia della cultura europea”6. Cominciò a disgregarsi nel 1934 quando un membro morì di cancro e, definitivamente, nel 1936 quando Schlick venne assassinato sulle scalinate dell’Università da un suo ex studente filonazista con problemi psichici e in disaccordo con l’insegnamento metafisico ricevuto dal professore e che, a suo dire, l’aveva traviato.
Questo “episodio venne cavalcato dalle frange nazionaliste e antisemite, incuranti del fatto che Schlick non fosse ebreo, ma consce delle sue idee progressiste. L’assassino fu condannato a soli dieci anni, e non ne scontò che due: venne liberato nel 1938, dopo l’annessione nazista dell’Austria” 7.
Kurt ottenne il Dottorato a Vienna agli inizi del 1930 con una tesi di Logica. Grazie a questa - in cui era già evidente tutto il suo genio -, poté essere conosciuto al di fuori del suo circuito universitario. Fu con la sua tesi in cui tentava di dimostrare “la coerenza dell’analisi matematica, riconducendola a quella dell’aritmetica [che] Gödel ottenne gli sconcertanti teoremi di “incompletezza” e di “indecidibilità “che lo resero famoso” 8.
È fondamentale evidenziare che i matematici dell’epoca, nonostante i loro gravissimi problemi personali, Gödel in primis, non furono mai avulsi dalla realtà. Dobbiamo proprio ad uno dei più grandi di loro, Alan Turing, e al suo lavoro di crittoanalista, il contributo immenso - attraverso la decodificazione dei codici segreti della macchina Enigma tedesca - alla risoluzione della Seconda Guerra Mondiale. Si calcola, infatti, che senza la sua collaborazione, la guerra sarebbe durata altri tre anni.
Si era arrivati a decriptare i codici nazisti nel momento stesso in cui venivano inviati, ma era necessario non far insospettire i tedeschi. Per questo motivo, il governo inglese decise di fare una cernita dei codici nazisti e di anticipare le loro mosse solo in certe occasioni. Così gli inglesi, essenzialmente nella persona di Churchill, consentirono il bombardamento di Coventry9, uno dei massacri più feroci e delle pagine più buie della Seconda guerra mondiale, accettato per questioni meramente tecniche e strategiche. Non era un avamposto militare, pertanto si concesse (e accettò) la morte di più di un migliaio di civili e di altrettanti feriti gravi e un’incalcolabile perdita anche materiale: Coventry venne praticamente rasa al suolo.
Ottemperando alla Ragion di Stato (e, indirettamente, anche ai suoi compromessi e ingiustizie), Turing poté elaborare le sue tecniche informatiche, ma grazie - e solo - ai precedenti studi di Gödel.
Pur nella solitudine individuale, nella riservatezza estrema, Gödel non può essere considerato né un misantropo né un misogino. Era sposato, dal 1938, con Adele Nimburski, di sei anni maggiore di lui, meno facoltosa economicamente e meno istruita. Era divorziata, aveva lavorato in un locale notturno come ballerina e Kurt ne era innamorato sin dall’Università. I genitori disapprovavano quest’unione, in particolare la madre che, come testimonia anche il grosso epistolario, non perdeva occasione per criticarla. Molto probabilmente l’atteggiamento materno contribuì alle crisi psichiche di Gödel.
La situazione politica in Europa presagiva già il baratro della Seconda guerra mondiale. Il nazionalsocialismo avanzava prepotentemente con la persecuzione politica e la discriminazione razziale che colpirono molti amici di Kurt e il loro comune ambiente. Nel 1939, tornato in Austria dopo il viaggio negli USA, per “sottostare all’esame medico che lo riconoscerà idoneo al servizio militare sedentario […] decise di emigrare [e tra] frenetici tentativi di ottenere i visti di espatrio e i permessi di immigrazione”10 tornerà definitivamente negli Stati Uniti: per poter insegnare in Austria sarebbe stato costretto ad entrare nelle fila del partito nazionalsocialista ed asservirsi al volere di Hitler, cosa che rifiutò da subito categoricamente preferendo stabilirsi in un Paese straniero e fronteggiare sempre più crescenti nevrosi anche al solo pensiero di intraprendere il viaggio.
Il lungo viaggio, iniziato nel gennaio 1940 - partito dalla Lituania per toccare il Giappone -, si concluderà a marzo, dove i Gödel solcheranno il suolo della “terra promessa”: gli USA accoglievano scienziati perseguitati dai regimi totalitari, ma benché lui non fosse un perseguitato vi trovò la meta ideale. Arrivarono a San Francisco e da lì si diressero in treno verso la loro destinazione ultima: Princeton; dove all’Istituto per gli Studi Avanzati fu dal 1946 Membro permanente, Professore ordinario dal 1953 e Professore emerito dal 1973.
Lo I A.S. [Institute for Advanced Study] divenne il rifugio [della coppia], ove fu subito ospitat[a], ma forse non del tutto accolt[a]: le dimissioni rassegnate a suo tempo da Kurt, il suo carattere solitario, l’estrazione sociale della moglie, contribuirono a mantenerli abbastanza isolati11.
Allo I.A.S. si dedicò a problemi gestionali come le domande di ammissione di logici di talento. Prese molto a cuore questo suo impegno e si tormentava quando tante di queste valevoli domande non venivano accettate. Certamente era una delle punte di diamante dello I.A.S, ma accademicamente la sua attività non era delle più soddisfacenti e produttive: l’opera era discontinua e la sua maniacalità anche nel lavoro gli impediva di “pubblicare tempestivamente i risultati raggiunti […] mentre la salute continuava a tradirlo.”12
La scomparsa di Einstein nel 1955 e di altri suoi amici lo gettò nello sconforto e contribuì a renderlo ancora più nevrotico ed isolato. Dipendeva totalmente dalla moglie e, lontano dalla madre per ben 18 anni, non andò al suo funerale. “Scrisse al fratello di aver fatto bene a evitare di «dover stare un’ora alla pioggia difronte a una tomba aperta»”13.
La bizzarria di Gödel era proverbiale, anche a scapito della propria salute. Non si fidava dei medici ed era un ipocondriaco cronico che, come tutti i malati immaginari, faceva uso di ogni tipo di medicina, antidepressivi compresi. Finché la moglie fu assieme a lui, fu sicuramente uno stabilizzatore emotivo, anche se molte sue stranezze continuavano ad alimentare la sua mente e per questo venne ricoverato più volte in un ospedale psichiatrico.
Era ossessionato dall’essere avvelenato indirettamente (come attraverso il gas) e direttamente, attraverso il cibo, convinto di essere vittima di un complotto. Così la moglie, per rassicurarlo, doveva assaggiare i pasti prima di lui. La loro dedizione era assoluta: quando Adele stette male fu lui ad accudirla amorevolmente, come lei aveva sempre fatto con lui cercando di lenire ossessioni, paranoie e depressione. Al ricovero in ospedale di Adele per un ictus, non fidandosi più di nessuno, smise di mangiare totalmente. L’inedia lo ridusse pelle e ossa e arrivando a pesare poco più di 35 kg, morì in posizione fetale il 14 gennaio 1978 (la moglie lo seguì nel 1981. Sono sepolti assieme al Princeton Cemetery); dopo aver consacrato la propria vita prima alla matematica e, dagli anni Quaranta, alla filosofia.
Secondo il certificato medico, morì di «malnutrizione causata dai disturbi della personalità».14
Ma la sua è anche una morte d’amore, rinunciare a se stesso per non avere più la compagna ideale della sua vita, l’unica persona al mondo di cui potersi fidare. Quella di Kurt e Adele è stata, nonostante tutto, una bellissima storia d’amore.
Se ne andava così il grande matematico, il “platonico Gödel” 15 , amante dei cartoni animati di Walt Disney (al pari di Alan Turing), in particolare Bambi e Biancaneve e i sette nani (la mela avvelenata…), guardato con sospetto dal regime nazista per il suo disimpegno politico (apparentemente), e che nei suoi anni americani, negli anni di Princeton passeggiava quotidianamente con l’amico Einstein.
Kurt era l’unico che avesse il coraggio di dargli torto, per questo motivo Albert Einstein considerava un privilegio conversare con lui.17
Successivamente si legò - abbattuto dalla sua morte - ai logici più giovani provenienti da tutto il mondo, come il cinese Hao Wang, che “ricevettero da lui suggerimenti, stimoli e amicizia sincera.”18.
Se ne andava così il grande matematico (unanimemente accreditato come tale anche grazie a svariati riconoscimenti e lauree honoris causae) che, sempre defilato, almeno pubblicamente, dalla politica scriveva - in una delle duecento lettere alla madre - che si era appassionato alla campagna per le elezioni Presidenziali americane del 1952. Scrisse che negli USA di Truman “si stava «peggio che nei tempi più neri (o bruni) della Germania di Hitler»” e che “il senatore McCarty è stato l’Hitler americano”19. Le sue lettere venivano regolarmente lette dalla censura e pertanto guardato con sospetto dall’FBI per le sue posizioni antiamericane.
Lui, Dio della logica e della scienza assoluta, credeva nella parapsicologia e nella telepatia. Aveva un’immensa curiosità per le fedi e i credi che andavano al di là della varietà occidentale. Negli anni Settanta ebbe addirittura a dire: “Mi piace l’islam, perché è coerente e di larghe vedute”.
Leggendo le vite di queste grandi, immense menti matematiche emerge un lato umano incredibile, la totale assenza di opportunismo, di invidia, di interesse e avidità economica, ma anzi la condivisione dei propri risultati e delle proprie scoperte. Anche da questo lato, la matematica non è un’opinione.
Note
1 Piergiorgio Odifreddi, Il Dio della logica. Vita geniale di Kurt Gödel, matematico della filosofia, TEA, Milano, 2018, pp. 14-15.
2 Fino al 1918 facente parte dell’Impero austro-ungarico. Poi appartenente all’Austria e oggi nella Repubblica ceca. Durante l’occupazione nazista, nel 1939, tutte le università ceche vennero chiuse. “Brno è stata la sede di uno dei 45 sottocampi del campo di concentramento di Auschwitz, diventata poi, nel novembre 1943, sottocampo di Buna-Monovitz e la sede di un altro campo nazista che ospitò circa 35.000 detenuti”, Brno.
3 Piergiorgio Odifreddi, Il Dio della logica. Vita geniale di Kurt Gödel, matematico della filosofia, TEA, Milano, 2018, p. 21.
4 Op. cit., p. 23.
5 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
6 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
7 Piergiorgio Odifreddi, Il Dio della logica. Vita geniale di Kurt Gödel, matematico della filosofia, TEA, Milano, 2018, p. 34.
8 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
9 Piergiorgio Oddifreddi – Kurt Gödel, il Dio della Logica in Festa Scienza Filosofia, Foligno.
10 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
11 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
12 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
13 Op. cit., p. 27.
14 Op. cit., p. 33.
15 Incompletezza. Una storia di Kurt Gödel in Cultura digitale.
16 Nel 1949 Kurt diede, con la cosiddetta Metrica di Gödel “un contributo fondamentale alla teoria della relatività con la sua scoperta di una nuova importante soluzione all’equazione” in Il viaggio temporale nell’universo di Gödel.
17 Di cosa parlavano Einstein e Gödel? Di politica, fisica e donne.
18 Gödel, Kurt Friedrich (1906-1978) in Documentazione interdisciplinare di scienza e fede.
19 Op. cit., p. 252.















