Faccio un piccolo trucco per via di una certa cultura italiana diffusa. A differenza di quanto indicato nel titolo, parlerò per prima cosa di scienza. E questo per il motivo che quasi tutti e tutte saltano a piè pari qualunque cosa ricordi loro il tormento vissuto durante gli studi quando affrontavano le materie scientifiche.

Ma la scuola scientifica dal titolo “Conoscere, fare e non rischiare” vuole fornire basilari informazioni di geologia, come necessaria cultura per affrontare terremoti e alluvioni, utili a tutti e soprattutto salvavita. È un corso di formazione gratuito, della durata di 60 ore, dedicato al rischio geologico e destinato in primis ai volontari della Protezione Civile, ma anche a tutti i cittadini.

Dice il geologo e tutor Flaviano Fanfani che lo ha ideato e lo condurrà per tutta la sua durata: “La relazione terra, acqua e aria è la base da considerare nella maggioranza dei rischi sul territorio, spesso non evitati perché non ben comprese le interazioni tra questi tre elementi”. Conoscerle in dettaglio è quindi di basilare importanza per un volontario, ma può essere di grande aiuto anche per chiunque si trova a percorrere, per fare un esempio, il territorio durante un’allerta rossa. Dove è meglio arrestare la macchina per proteggersi da una frana o come ripararsi da un fulmine è una conoscenza necessaria per tutti perché gli eventi catastrofici possono capitare senza preavviso. Il corso si articola in 17 lezioni con esercitazione finale. Gli argomenti coperti sono: cartografia; geologia della Toscana; rischio vulcanico, sismico e idraulico; robotica; comunicazione nelle emergenze. La scuola è dotata anche di due apparecchiature speciali: il nuovo sismografo per registrare e mostrare le scosse sismiche e la sandbox per simulare gli effetti degli eventi atmosferici sul territorio.

Passiamo ora alla moda, al Master in Sustainable Fashion, organizzato da Polimoda che si è concluso a Firenze ad ottobre, dopo nove mesi. Gli studenti, a fine corso, hanno organizzato una mostra dal titolo Utopia/Dystopia per esporvi i loro elaborati sul concetto di sostenibilità, argomento di questa prima edizione del Master.

Ricorrente fra le opere in mostra l’idea del “minimal waste”, ovvero tecniche usate per non sprecare ma dare nuova vita ai materiali utilizzati. L’obiettivo è specificare al pubblico cosa si intende per sostenibilità e insieme promuovere un futuro più responsabile nell’industria della moda.

In esposizione sculture, abiti, video, suoni e progetti multi-sensoriali, interviste, per far riflettere l’audience su tutti i possibili scenari futuri nel mondo della moda, positivi, negativi, utopici e distopici. Ci hanno fatto da guida gli studenti stessi, dimostrando entusiasmo e una conoscenza approfondita anche delle opere fatte dai compagni di corso.

In esposizione dieci opere, ispirate ai pilastri della sostenibilità, cioè l’ambiente, la società, l’economia, la cultura, l’innovazione e la tecnologia. Esteticamente molto valido l’abito realizzato dal gruppo che si cimentava sull’eliminazione degli scarti di tessuto. È stato costruito cucendo insieme piccoli rombi tutti uguali ritagliati dal tessuto coprendone tutta la superficie, senza il minimo spreco, data la giusta scelta del rombo come modulo geometrico adottato. Risultato: un abito lungo, molto elegante, progettato con design a scarto zero.

Il riuso è stato magistralmente interpretato costruendo un abito da sposa fatto unicamente di camicie bianche. Un gioco a scelta multipla, disegnato sul pavimento di un salone di Villa Favar, faceva riflettere sulla vendita on line praticata in modo da incentivare lo spreco energetico per compiacere il cliente nel suo approccio consumistico.

C’erano pure opere d’arte fatte di materiali naturali non convenzionali. La mostra, infine, ha posto l’accento sui benefici dell’agricoltura rigenerativa, non tralasciando la domanda di come sia possibile parlare di sostenibilità quando i cittadini di alcuni Paesi non sono in grado di soddisfare i propri bisogni primari.

Infine, il teatro è al centro di una scuola che prende il nome di “Il Respiro del Pubblico”, titolo assai espressivo di come sia mancato agli attori il pubblico durante il lock down. Si divide in due momenti: una Scuola di Critica, in cui si cimentino i giovani ed un nuovo festival, centrato sul rapporto tra attore e spettatori, che sarà il banco di prova per la Scuola, ma ovviamente rivolto ad un pubblico più ampio. Questo progetto, curato dal Cantiere Obraz, associazione culturale fiorentina di formazione e produzione teatrale, persegue lo scopo di portare i giovani a teatro, insegnando loro a viverlo in maniera attiva.

È stato selezionato un gruppo di ragazzi dai 15 ai 25 anni per un percorso di studio e conoscenza della critica teatrale, in modo da far loro acquisire delle competenze sul vedere teatro. Un programma di incontri formativi fornirà gli strumenti più adatti per poter recensire gli spettacoli. Tra gli argomenti del piano di studi: storia del teatro, critica e analisi teatrale, costruire una recensione, l’opera e il pubblico (chi guarda chi), il teatro negli anni ‘70-‘80, dall’attore al performer. Le recensioni del gruppo di visione verranno pubblicate sul portale Gufetto.

Sette gli appuntamenti de “Il Respiro del Pubblico Festival” fino al 5 dicembre con spettacoli che mettono lo spettatore in una posizione inedita e che si svolgono sia nel Teatro di Cestello, sia fuori teatro in luoghi dell'Oltrarno come piazze, bar e mercati.

Una palestra per i giovani neo critici, seguiti dai loro maestri in questa fase di applicazione della teoria.