Parlare e descrivere le nostre città, le oltre e più cento città, delle quali si compone il mosaico del nostro Paese non è onere semplice e facile. È un’immersione totale nella storia, nell’antichità, nell’evoluzione millenaria e secolare che il nostro territorio ha avuto negli eventi, negli accidenti e negli incidenti della Storia, quella con la S maiuscola, quella che dovrebbe essere magistra vitae come sottolineavano i romani.

Ogni borgo, ogni luogo, ogni città hanno stratificazioni del tempo e dello spazio. Nessun luogo della penisola può dirsi “affrancato” da questo grande tributo a ciò che è stato e che costituisce e deve costituire fondamento del presente e soprattutto del futuro.

In nessun caso occorre pensare alle nostre città come vetrina, come luogo dove visitare, ammirare, anche soltanto guardare vestigia e collegarle alle storie che ne hanno fatte testimonianza del grande passato che la nostra piccola Italia rappresenta, nella grandezza del suo contributo alla vita, alla scienza, alla ricerca, alla filosofia, alla letteratura, al pensiero religioso, alla politica intesa come la greca politeia, ovvero in approssimazione al buon governo della cosa pubblica e dell’armonia della comunità nel suo insieme, quell’antica saggezza che Esopo rappresenta nella storia del corpo umano che nel suo insieme funziona ma a pezzi no.

Favole si dirà, ma che in realtà sono il primo modo organico di concepire il vivere comune, le regole che devono presiedere all’organizzazione e al concreto dispiegarsi delle attività e delle libertà di ognuno di noi. In buona sostanza a quel quid che fa la differenza o dovrebbe farla tra il vivere nella natura e con la natura.

In questa seconda interpretazione sta la differenza non da poco che ha dato origine alla civiltà. Civiltà che deve però essere in armonia con la natura che la nutre, le può dare ricchezza e senso. Al contrario allontanarsi dalla natura vuole dire allontanarsi dalla propria origine, rinnegare ciò che si è. La cultura, la scienza, la conoscenza in genere hanno valore solo in quanto riescono a far convivere il nostro essere parte della natura con la capacità di usufruire dei suoi doni senza rinnegarla e senza renderla incapace di darci il suo aiuto. Ne facciamo parte come gli organi del corpo famosi della favola. Ogni atto in contrario, ogni costruzione teorica, deve fare i conti con questa realtà per così dire ontologica e badando bene, capace di cancellarci in poche battute con la sua ribellione.

Una lunga premessa per introdurre una di queste cento, mille città e borghi, che fanno l’Italia nel suo millenario fluire. O meglio due città che nel 2023 saranno capitali nazionali della cultura. Brescia e Bergamo. Abbastanza vicine da influenzarsi a vicenda, molto lontane per così dire nel modo di essere, non nemiche ma sfidanti soprattutto in quel mondo dell’industria e della manifattura delle quali sono state e restano campioni nazionali ed internazionali. Due città che sono state attaccate e prostrate da quella pandemia che tutto il mondo soffre ma che qui da noi sono state realmente due vittime oltre ogni statistica e hanno pagato un tributo altissimo a questo nemico invisibile ma ben concreto nei suoi effetti e nelle minacce che porta ancora alla nostra convivenza. Per queste due città rinascere, risollevarsi ha un valore particolare, per molti versi differente da quello che si attribuisce alla rinascita in tutto il Paese. Cominciamo con il parlare di Brescia, poi parleremo in un prossimo futuro di Bergamo.

Conosciuta, nel Risorgimento, come Leonessa d’Italia nella storia del nostro Paese, nella battaglia per la sua unità, rappresenta un esempio certo, ma soprattutto può indicarci con operosità e sobrietà in quale modo d’altri tempi, cosa fare per andare avanti nelle differenze, ma nella consapevolezza che uniti si vince e separati si perde, come più volte il capo dello Stato ha richiamato gli italiani a darsi da fare per superare gli ostacoli e ridare dignità alla nazione.

Brescia, dunque. È sicuramente una città da conoscere per comprendere. Non basta visitarla, conoscerne il patrimonio inestimabile, occorre sentirne il messaggio discreto ma potente, occorre percepirne il cuore, anche esso discreto ma presente in ogni atto. Una città che potremmo dire è in grado di sorprenderci per la sua attuale realtà, nel presente, dove segue il filo della contemporaneità, ma con un ancoraggio fortissimo alla sua storia e al suo passato che sono le fondamenta di quello che oggi si propone di essere. Un museo diffuso da scoprire vagabondando senza fretta in un itinerario fra piazze, palazzi, eleganti portici e straordinari tesori storici.

Per carpirne il valore occorre seguire una sorta di tour mentale e pratico che non può che aver inizio nelle tre storiche piazze attorno alle quali si articola il centro storico, in gran parte pedonale: la medievale Piazza Paolo VI – intitolata a Giovanni Battista Montini, il papa bresciano – col Broletto, il Duomo Nuovo e la Rotonda (l’antico Duomo romanico a pianta rotonda che riprende le linee del Santo Sepolcro di Gerusalemme), la rinascimentale Piazza della Loggia col maestoso palazzo omonimo, i portici e la Torre dell’orologio, e Piazza Vittoria con le sue candide e rigorose architetture simbolo dell’era razionalista.

Poi seguendo un filo logico la tappa successiva, Via Musei che già nel nome si presenta come una vera e propria passeggiata a ritroso nel tempo. Il punto più significativo è certamente nell’area archeologica di Brixia, ovvero la Brescia romana, le cui vestigia sono conservate nel Parco archeologico di Brescia romana, appunto. Si tratta, come si mostrano nella realtà, tra le rovine d’epoca romana più vaste e meglio conservate del Nord Italia. A seguire d’obbligo non per costrizione ma per conoscenza, il Museo di Santa Giulia, un complesso espositivo di circa 14.000 metri quadrati, unico nel suo genere in Italia ed Europa, in cui si legge la storia della città dall’Età del Bronzo ai giorni nostri, con resti di domus romane, chiese, chiostri e tesori come la Croce di Desiderio, preziosissima oreficeria carolingia entrambi siti dell’Unesco.

Nel Tempio Capitolino (Capitolium) si ammira quindi la Vittoria Alata, simbolo da sempre della città, un rarissimo bronzo romano di grandi dimensioni risalente alla prima metà del I sec. d.C., ammirata tra gli altri da Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III che ne vollero una copia, fra le opere più importanti della romanità per composizione, rarità e conservazione. Dopo due anni di restauro, è ora nuovamente esposta al pubblico nel suggestivo allestimento del noto architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg, che si pone all’avanguardia.

Proprio la capacità di coniugare in una narrazione continua il grande patrimonio storico e archeologico con le più interessanti voci dell’arte contemporanea, proprio l’istituzione di Brescia Musei promuove ciclicamente appuntamenti di livello internazionale. In questo scorcio di anno e fino 9 gennaio, è di scena, ad esempio, Palcoscenici Archeologici. Interventi curatoriali di Francesco Vezzoli, “inedito progetto espositivo che vede l’installazione fra il Capitolium e Santa Giulia di 8 sculture (realmente antiche e poi rimodellate, o direttamente ispirate all’antichità) del noto artista che “dialogano” con le vestigia romane e longobarde, attraversando mille anni di storia”, come si legge nella presentazione.

Il cammino nella storia e nella contemporaneità, ci porta ad un altro tesoro celato nel centro storico, la Pinacoteca Tosio Martinengo che si presenta nel nuovo allestimento inaugurato nel 2018. In questa realtà si può avvicinare una straordinaria collezione di opere d’arte che annoverano opere di Raffaello, Lotto, Hayez, Canova. Il centro pulsante della collezione è certamente la pittura bresciana del Rinascimento dei maestri Foppa, Savoldo, Romanino e Moretto.

Sin qui la storia e la cultura antica, ma basi ineliminabili per capire il presente. All’arte e alla cultura contemporanea invece sono dedicati gli spazi e le programmazioni di importanti realtà pubbliche e private e di gallerie note a livello internazionale. Palazzo Martinengo Colleoni tra i primi ospita il Mo.Ca, ovvero il Moretto Cavour, dal punto in cui si può averne cognizione. Qui, oltre che sede espositiva e di imprese culturali ed artigianali, vi è un vero centro di innovazione, incubatore di start-up e crocevia di talenti del mondo della grafica e del digitale.

La chiesa sconsacrata dei Santi Filippo e Giacomo è sede dell’associazione culturale C.AR.M.E. che organizza mostre, performance, concerti, eventi: si trova nel centralissimo e popolare quartiere del Carmine dove le facciate austere di antichi palazzi si alternano a interventi di street art definibili facilmente clamorosi e le vecchie botteghe artigianali a locali informali. Sempre in zona, un ex bunker rifugio antiaereo (edificato negli anni '40 in via Odorici) ospita bunkervik, il Rifugio delle Idee, fucina di iniziative culturali e mostre.

La caratteristica specifica di Brescia è infatti di avere nell’arte contemporanea un veicolo che esce dai luoghi deputati e segna la città con molteplici elementi. Così in piazza della Vittoria dove appare inevitabilmente, la Stele di Mimmo Paladino e nel Quadriportico è appeso Il Peso del tempo sospeso di Stefano Bombardieri, in Area Docks l’artista californiana Colette Miller ha realizzato The Global Angel Wings Project (unico posto in Italia dove ha dipinto le sue celebri “ali” che campeggiano sui muri di tutto il mondo). Importanti anche le installazioni che segnano in modo incisivo la metropolitana, dall’Incancellabile Vittoria di Emilio Isgrò alle opere di Marcello Maloberti e di Patrick Tuttofuoco.

La città non è tutto, esiste poi il suo territorio. In primo piano si trova il Castello, conosciuto come uno dei più vasti complessi fortificati d’Europa, che si è aggiudicato il terzo posto come Luogo del Cuore del Fai 2021. Tra le cose più interessanti tra giardini, torri, bastioni, camminamenti segreti e sotterranei il Museo delle Armi antiche Luigi Marzoli, fra i più importanti d’Europa. Dai suoi bastioni si gode una vista impareggiabile sulla città. Il Castello è arroccato sul colle Cidneo, sulle cui pendici si estende il vigneto urbano della Pusterla, con i suoi 3,4 ettari, in sostanza il più esteso vigneto urbano d’Europa. Fino al 21 ottobre ospita la multicolore opera di land art La Plage di Pascale Marthine Tayou, artista camerunense di fama internazionale.

Ancora, per concludere, ma non per finire questo tour, va ricordato che la città è legata a doppio filo alla Mille Miglia. Evento storico internazionale conosciuto come la “corso più bella del mondo”, che in primavera nel mese di maggio vede 400 vetture, tutte rigorosamente costruite tra il 1927 e il 1957 (così recita il regolamento), misurarsi per aggiudicarsi il podio lungo il tragitto Brescia-Roma e ritorno. Ad essa è dedicato il Museo Mille Miglia, che ha sede nei locali restaurati dell’antico complesso monastico di Sant’Eufemia. Nelle sue sale “sfilano i capolavori su quattro ruote - gioielli di meccanica, stile e design - che hanno fatto la storia della leggendaria competizione, collocati in allestimenti e scenografie che ricostruiscono i periodi storici toccati dalla corsa”, citiamo la sua presentazione: “Vistandolo, si è catturati dal mitico fascino di questo evento senza pari. Un’esperienza da ricordare”.