Cosa sarebbe la nostra vita senza il potere dell’immaginazione. Pensare di spostare una montagna o semplicemente ragionare su un nuovo ordine dell’arredo non è utopia o cosa da poco. Significa vedere le cose prima che accadano, percepirle nella mente proprio affinché si verifichino.

Era il 12 aprile 1961, quando Jurij Gagarin viaggiò nello spazio. Chissà come fu vedere la terra dall’alto? Senza confini, un mondo unico così come lo sognava John Lennon.

I testimoni oculari di quell’impresa, con gli occhi rivolti al cielo potevano solo immaginare una prospettiva esterna al mondo; a certe altezze poi, senza scontrarsi con banali frontiere, soglie al di là e al di qua delle nostre fragilità e crudeltà.

Forse ciò che vide Gagarin era simile a ciò che hanno dipinto alcuni artisti dall’alto della collina di San Martino a Napoli, dove l’immagine si apre sul porto, e dove in lontananza dorme il Vesuvio. Simile alle statue scolpite, alle metafore dei poemi, al cinghiale bianco di Battiato.

Le numerose vedute sul mare appaiono simili a ciò che nell’intimo delle coscienze si prova quando si pensa all’universo e al rapporto che dovremmo avere con esso. Immaginazione è anche ipotesi e sogno, la capacità di pensare, di ragionare per astratto. Sembrerebbe semplice, ma alcuni non riescono nemmeno a ipotizzare qualcosa di diverso da ciò che vedono, lontano dai dogmi o diverso dalla verità assoluta, spacciata e venduta come unica. Il divano resta sempre nella stessa posizione, come la tv, la sedia, il tavolo.

La visione è un’operazione che ci porta oltre noi stessi, più in là delle apparenze, a comprendere la poliedrica e variegata forma delle cose e degli individui. L’attitudine a immaginare così descritta si scontra duramente, anzi non è per nulla compatibile con i pregiudizi, i preconcetti, il razzismo, il nazismo, con il monocolore e il grigio irreversibile.

Napoli seicentesca nelle vedute di Didier Barra

Ad aprile 2025 un’interessante mostra è stata aperta al pubblico proprio a Napoli alla Certosa e al Museo di San Martino. In esposizione, le opere di Didier Barra, uno dei vedutisti più apprezzati nella città partenopea del Seicento. A volo d’uccello - è il nome di una veduta dipinta dall’artista e che evoca quasi un esilio volontario insieme ad altezze vertiginose, da cui guardare la città. Una metropoli incantata, come in un film muto, nel silenzio, cogliendo la bellezza eterna. Non si spiegherebbe la dovizia di particolari con cui il vedutista rappresenta, quasi una predizione di luoghi e strade, se non si associassero quelle abilità proprio alla capacità di volare.

La mostra “Didier Barra e l’immagine di Napoli nel primo Seicento”, a cura di Pierluigi Leone de Castris, è stata realizzata dalla Direzione regionale Musei nazionali Campania con il supporto della Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura. Quando si indaga il passato, emergono nodi e misteri. Le vedute e i documenti oggetto della mostra di San Martino hanno riguardato il primo Seicento e sono attribuibili a due pittori, amici tra loro. Le fonti non sono chiare ed è stato sempre difficile distinguere François de Nomé da Didier Barra. Forse perché entrambi uniti da un profondo arcano ed entrambi nativi di Metz, città nel nord-est francese. O forse, perché semplicemente erano la stessa persona.

“Monsù Desiderio”, questa è la firma delle opere, è stato un pittore molto attivo a Napoli, tra il 1619 e il 1956. L’artista ha saputo raffigurare la più grande città europea del Seicento, immaginando i quartieri e le strade, i vicoli, il porto e poi i monumenti e le chiese, i castelli e la vita che si muoveva in quei luoghi. L’orografia è parte della geografia fisica, che si occupa dei rilievi del pianeta. Tali studi riguardano la superficie della terra come anche i luoghi sottomarini. L’orografia si avvale di rappresentazioni cartografiche del globo terrestre. Alla luce di ciò, è straordinario come Didier Barra sia riuscito a immaginare Napoli, solo studiando alcune incisioni ortogonali e cartografie parziali.

Certo, il vedutista prima di vedere nella mente Napoli, aveva studiato documenti e consultato mappe, frequentato artisti paesaggisti. Monsù Desiderio ha dipinto:

  • Veduta a volo d'uccello di Pozzuoli e dei Campi Flegrei, intorno al 1640, olio su tela, 53.8 x 101 cm, Collezione privata, Milano;

  • Veduta di Napoli dal mare, 1644-1646, olio su tela, 115 x 175 cm, Collezione privata;

  • Vista panoramica di Napoli, Museo di San Martino, Napoli (firmata e datata Desiderius Barra ex civitate Methensi in Lotharingia F. 1647);

  • San Gennaro intercede per Napoli, 1652, Chiesa Santissima Trinità dei Pellegrini;

  • Vista di Napoli da Oriente con Castel dell'Ovo e Posillipo, Museo di San Martino.

Uno dei principali luoghi dove ammirare Napoli dall’alto è il Parco Virgiliano. L’area verde di 92 mila metri quadri si trova esattamente sul promontorio di Posillipo. Dal lato che si affaccia sul mare è possibile vedere tutto il golfo, Sorrento e perfino le isole. Da qui si scorge l’area dei Campi Flegrei, simile per composizione alla collina di Posillipo, costituita da tufo giallo. Le pareti rocciose a strapiombo sul mare che si intravedono dalle terrazze panoramiche offrono al visitatore opere d’arte naturali scolpite nella pietra. Quelle rocce, tra il mare e il cielo sono il luogo e l’attimo giusto per spiccare il volo.

Una speranza mai sopita, quella di volare. Le vedute a volo d’uccello alimentano il nostro anelito d’avventura, attraverso traiettorie in ascesa e in salita…in un crescendo di fede e desiderio di credere che in qualche luogo, in qualche tempo, un giorno o in questo momento ci possano essere specie di umani capaci di volare.