Dopo la nascita può capitare di dover venire alla luce di nuovo. Sì, qualcuno è costretto a sobbarcarsi la fatica di correggere la natura che colpevolmente violiamo, che ha nomea di perfetta, ma talvolta è insensibile, per necessità inconfutabili, alle istanze intime delle sue creature. Che fai se nasci Einar Magnus, guarda un po’ che nome tonante, e invece sei una fanciulla imbrigliata in un maschio? Ti ribelli, vieni alla luce di nuovo e diventi Lili Elbe. Anche se poco dopo muori perché nel 1930 l’intervento per cambiare sesso era sperimentale. Fino ad allora l’aveva affrontato solo Dora Richter (già Rudolph) che nel 1922 cominciò, disfacendosi dei testicoli, l’avventura di transessuale numero uno della storia.

La vicenda della danese Lili Elbe (1882-1931), ormai risaputa grazie al film The Danish Girl, interpretato nel 2015 da Eddie Redmayne, è così contemporanea che bisogna evitare la grossolanità di un facile sbandieramento. Va messa nella giusta luce e Claudia Dastoli lo sa. Infatti, è in apprensione.

Calabrese, ventiquattro anni, studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Roma, laureata in scenografia e laureanda in tecnica e comunicazione per l’arte, è la candidata della prima edizione del progetto che il Guido Levi Lighting Lab dedica ai futuri “artigiani della luce”. Il 29 luglio, al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano Claudia illuminerà Lili Elbe Show dei coreografi e danzatori Riva&Repele.

Il Guido Levi Lighting Lab è stato fondato da colleghi, amici e familiari di Guido Levi, lighting designer celebre e di spiccata originalità, scomparso nel 2019, per proseguire nella sua direzione. Si legge nell’interessante sito del laboratorio:

In omaggio alla sua etica professionale e umana, alla visione artigianale del lavoro in teatro, allo spirito di ricerca volta a inventare e collaudare nuove soluzioni, l’associazione persegue come scopo principale la promozione del mestiere delle luci attraverso il progetto annuale #GuidoLeviLab. Alle nuove generazioni, aspiranti lighting designer e tecnici della luce, si dà l’opportunità di cimentarsi nella creazione e realizzazione di un progetto luci per uno spettacolo in allestimento in uno dei teatri, festival, spazi culturali di volta in volta partner dell’iniziativa. La formazione è sul campo con l’affiancamento, dalla creazione all’allestimento, di professionisti altamente qualificati che hanno lavorato con Guido Levi.

“Avevo sentito nominare Guido Levi dal mio professore Marco Palmieri: nel nostro mondo è un’essenziale figura di riferimento - dice Claudia Dastoli - Che cosa provo? Intanto ansia. Perché è vero che ho partecipato a diversi spettacoli di illuminotecnica, ma da assistente. Adesso sono io ad avere gli assistenti! Lili Elbe Show è importante e la storia scelta da Riva&Repele è molto bella e attuale visto il momento politico che stiamo vivendo con le discussioni sul Ddl Zan contro l’omotransfobia. Tanti pensano che la luce sia un contorno dello spettacolo, in realtà è una delle parti fondamentali del teatro. Tramite la luce si ha davvero la possibilità di raggiungere l’inconscio delle persone, di far vedere quello che si vuole, di emozionare.
In questo caso vorrei portare il pubblico a immedesimarsi in Lili Elbe per comprendere le sensazioni di chi si trova in una situazione come la sua.

Con i ragazzi abbiamo ideato un ambiente molto intimo, nonostante le difficoltà, dato che il Cantiere è all’aperto e non offre la possibilità di rinchiuderci in quella piccola scatola che è il teatro. Ma ci proverò. Per fortuna mi affianca Luca Bronzo, un tutor essenziale (disegnatore luci, responsabile settore illuminotecnico Teatro Due di Parma che si è messo a disposizione per il Guido Levi Lighting Lab n.d.r.)”.

Sasha Riva e Simone Repele si sono conosciuti nel 2010 all’ Hamburg Ballet School poi si sono rincontrati al Geneva Ballet: da un anno hanno lasciato la compagnia e aperto Riva&Repele, con sede a Ginevra. Di età fresca ma già famosi sono tuttavia davanti a una sfida notevole: finora avevano firmato pezzi lunghi al massimo trenta minuti mentre Lili Elbe show dura un’ora e in scena ci sono cinque danzatori. Inoltre, a causa della pandemia, la maggior parte della preparazione si è svolta a distanza e frazionata: solo dal 12 luglio i ballerini hanno provato insieme.

Riva&Repele, in sintonia con Claudia Dastoli, pensano che Lili Elbe meriti delicatezza. “Molto spesso - spiegano -queste tematiche vengono un po’ spiattellate in faccia alla gente. Noi raccontiamo di Einar che diventa Lili, di sua moglie Gerda e all’interno della narrazione tocchiamo l’argomento della trasformazione, ma in modo sottile così lo spettatore può seguire quello che sta succedendo e vederne le sfumature per arrivare alla sensibilità dei caratteri, alla relazione fra loro e infine all’attualità.

Accanto a Einar-Lili e Gerda, i due pittori realmente esistiti - continuano Riva&Repele - abbiamo costruito altri tre personaggi che sono l’enfatizzazione dell’emotività di Einar: il presentatore che connette tutte le scene della vita del protagonista (per questo abbiamo scelto il titolo Lili Elbe Show), una sorta di narratore che è non visibile se non, un pochino, da Einar. La petite femme fatale che rappresenta la parte femminile che è dentro di lui fin dall’inizio e infatti la vogliamo rappresentare con una danzatrice piccolina. E una figura che rappresenta lo stereotipo di virilità che serve per esaltare l’attrazione di Einar verso l’uomo”.

Mauro Montalbetti, direttore artistico del Cantiere di Montepulciano è soddisfatto: “GuidoLeviLab ha tutte le caratteristiche per essere un progetto con il quale iniziare una collaborazione perché il Cantiere ha nella sua vocazione quella di aiutare i giovani nell’avvicinarsi alla professionalità nel mondo della musica e dell’arte. Soprattutto una delle particolarità del Cantiere dalla sua fondazione è sempre stata quella far lavorare i giovani insieme a professionisti già affermati che possono fare così da esempio, da tutor e da colleghi più esperti. Quindi la light designer Claudia Dastoli può fare la sua scelta creativa sapendo di avere intorno un team competente. Penso che possa essere per lei una grande esperienza di crescita culturale, professionale e artistica. Lavorare con coreografi del livello di Riva&Repele, avere la possibilità di collaborare con altri studenti che si occupano delle scenografie e dei costumi, che a loro volta si rapportano con professionisti, penso sia veramente una situazione virtuosa.

Sfortunatamente non ho conosciuto Guido Levi, però le persone che me ne hanno parlato sono professionisti di altissimo profilo del lighting designer e mi hanno detto: è stato il mio maestro. Perciò si vede che era una personalità significativa. Penso sia importante che ci sia questo fermento nel tenere alto il suo ricordo e proprio nella dimensione di aiutare i giovani, come lui ha fatto nella sua carriera”.

I fondatori del GuidoLeviLab lasciano che sotto i riflettori ci siano gli emergenti e rimangono appartati. Però sul sito c’è tanto da scoprire, a partire dal logo creato da una pittrice ventenne che su Instagram si chiama Zebr.ae.: “Abbiamo cominciato da noi. Volevamo un logo. Un simbolo che unisse la figura di Guido Levi, la luce e il teatro. Volevamo qualcosa di semplice, artigianale nel senso di fatto a mano. E volevamo che a farlo fosse una o un giovane perché, ci siamo detti, questa è la nostra missione e il laboratorio inizia da noi”.

Un aspetto simpatico del GuidoLeviLab, e Guido Levi, oltre al resto, era un uomo simpatico, è che quando parla dei giovani tu che ascolti o leggi ti immagini dei ragazzi all’opera, con le idee che germogliano fra le corde di canapa ritorta e i fondali del palcoscenico, sotto le “americane”. Non i “giovani” citati in politica e nei telegiornali, con quel tono infecondo di routine. Di solito in compagnia delle “donne”.

Sì, serve proprio un’altra luce.