L’asino aveva una sensibilissima anima, trovava persino dei versi. Ma quando il padrone morì, confidava: Gli volevo bene; ogni sua bastonata mi creava una rima.

(Leonardo Sciascia)

Chi non ha in mente L’asino d’oro di Lucio Apuleio con i suoi racconti piccanti ed esilaranti? In quest’opera si descrive la trasformazione dell’autore in un asino, pur mantenendo tutte le facoltà umane, con una natura ambivalente in un mondo empio, lascivo, violento, pieno di ladri, stupratori e anche assassini. È il percorso, pensa Apuleio, che deve compiere lo spirito umano per liberarsi dal fardello della carne, con tutti i suoi vizi e le sue perversioni. Apuleio vede nell’asino una forma di animalità ridotta a una schiavitù dolorosa, malvagia e con uno sguardo molto lucido sull’inadeguatezza di una persona che torna ad assumere le sembianze umane originarie. Naturalmente, L’asino d’oro è una metafora, ma mette bene in luce l’ottusità dell’uomo e l’incapacità di trarre una lezione morale dalla vita.

L’asino come simbolo, è stato sfruttato da altri autori, ad esempio, dal filosofo Giovanni Buridano (1295?-1300/1361) che probabilmente si rifece a un racconto di Aristotele. Platone, che di Aristotele era stato il maestro, scrisse che chi è dominato dalle passioni, dai peccati della gola, dai vizi e dai piaceri del sesso, è un asino. Questa idea, in un ambiguo gioco di significati, sarà ripresa nel Rinascimento da Giordano Bruno che parlò di una doppia asinità, una positiva e l’altra negativa, come se l’asino possedesse questo doppio profilo e fosse incapace di scegliere tra il bene e il male.

Questa contiguità sulla doppia natura dell’uomo-bestia la ritroviamo anche in Machiavelli che in un suo poemetto decise di trasformarsi in un asino come rappresentazione della degradazione dello spirito umano. Anche Spinoza, sorprendentemente, scrisse che un uomo che non sa scegliere, perché deve essere considerato tale e non un asino? Sulla stessa linea è anche Voltaire che scrisse una poesia denigrando questo povero animale. Ci sono altri esempi in cui l’asino è tirato in ballo. Collodi, a un certo punto della sua favola, trasformò Pinocchio in un asino ragliante nel paese dei balocchi.

C’è da dire però che questi simbolismi sono ricorrenti per molti altri animali: rettili, uccelli, volpi, leoni, lupi e scimmie. Spesso, quando si vuole umiliare qualcuno, gli si dice: ti comporti come una bertuccia, sei brutta come una scimmia, o altro di questo genere. Nell’Elisir d’amore di Donizetti, Nemorino viene più volte trattato da Dulcamara come un babbuino. Poco tempo fa, c’è stato un caso, ne ha parlato anche la televisione, di un insegnante che a scuola ha paragonato una scolaretta di origini nordafricane a una scimmia e messa in ridicolo davanti a tutta la classe.

Nella mitologia greca un asino antropomorfizzato è stato rappresentato come un dio fallico, che serviva, non solo per il trasporto di uomini e cose, ma per inseminare divinità femminili! Non è un caso che, ne L’asino d’oro di Lucio Apuleio, la maga Panfila, moglie di Milone di cui Apuleio era ospite, lo scacciò dalla sua dimora una volta che da asino ritornò ad assumere, grazie all’intervento della dea Iside, le sembianze originarie di un uomo.

Nella storia dell’uomo l’asino è stato sempre molto utile, sfruttato nelle guerre per il trasporto delle armi, nel lavoro dei campi, per il latte d’asina, per far girare le ruote dei mulini come facevano gli schiavi. Nell’antica Grecia la sua immagine era spesso scolpita nelle tombe affinché il diavolo non si impossessasse delle anime dei morti.

C’è anche una sua rappresentazione positiva soprattutto data la sua umiltà e la sua mansuetudine. Non è un caso che sia stato utilizzato per la fuga della Sacra Famiglia in Egitto e Cristo, dopo 33 anni, sul dorso di un asinello e non di un cavallo, entrò a Gerusalemme cinque giorni prima di essere processato e crocifisso. In sostanza, l’asino ha sempre assunto un ruolo di complementarietà, secondo le esigenze e, soprattutto, nel rovesciamento dei ruoli: bestialità da un lato e sacralità dall’altro. Che cosa ha fatto questo povero animale per meritarselo? Ha mai fatto qualcosa contro l’essere umano?

Ovviamente, da quando noi uomini siamo comparsi sulla Terra, molto dopo di lui, quindi quando ancora era un animale selvatico e libero, non ha mai fatto niente contro di noi e contro i nostri antenati. La realtà è che da quando è stato addomesticato, 6/7 mila anni fa, si è asservito all’uomo con estrema docilità e sempre a proprio sfavore, mentre per altri animali che sono stati addomesticati dall’uomo, come per il cane e per il cavallo, i vantaggi sono stati sempre reciproci. Perché per l’asino le cose sono andate diversamente? Eppure si è sempre adattato alla fatica e alla sopportazione. Forse il suo torto è stato proprio quello di essersi lasciato addomesticare troppo facilmente, al contrario di altri animali che invece non l’hanno mai consentito e hanno mantenuto sempre la loro libertà?

Su questo punto, ci sono degli aspetti psicologici che non devono essere trascurati. L’uomo, sull’asino, ma anche su molti altri animali, ha sempre proiettato la parte peggiore della sua personalità, la sua perversione, il lato più oscuro della sua mente. Inoltre, l’asino ha uno svantaggio in più rispetto agli altri animali domestici e cioè che, nonostante la sua pieghevolezza ai desideri umani, ha però sempre mantenuto e difeso la sua dignità. Si è asservito, questo è vero, ma non totalmente, come invece hanno fatto, per esempio, il cane domestico e molti altri animali da cortile. L’asino ha sempre mantenuto un margine di libertà, cioè la sua asinità. Questo, l’uomo non glielo ha mai perdonato. Per questa ragione è quotidianamente vessato e umiliato nel linguaggio comune, nei libri, nelle favole, nei media e, peggio ancora, nelle scuole.

In conclusione, perché l’uomo, per non accettare il lato più oscuro della sua personalità, ha avuto sempre il bisogno di riferirsi al mondo degli animali e all’asino in particolare? Perché ha avuto sempre il bisogno di trovare delle corrispondenze tra alcune qualità animalesche, soprattutto asinine, e quelle umane? La verità è che l’uomo ha dovuto, e voluto, sempre nascondere, soprattutto a se stesso, la sua ambiguità psicologica. Se Buridano e tutti i suoi colleghi, prima e dopo di lui, avessero riflettuto di più sull’uomo, non sugli animali, non si sarebbe mai giunti a sfruttare l’asino in questo modo.

Un asino, di fronte a due balle di fieno uguali ed entrambe appetitose, le mangerebbe tutte e due, prima l’una, poi l’altra o contemporaneamente. Non resterebbe lì fino a morire di fame prima di decidersi su quale balla cominciare. Questo lo può pensare un uomo, ma mai passerebbe per la testa di un asino.