Franco Pezzini è laureato in Diritto canonico ed è studioso dei rapporti tra letteratura, cinema e antropologia, con particolare attenzione agli aspetti mitico-religiosi e al Fantastico. Tra i fondatori della rivista L'Opera al Rosso, è membro del Comitato editoriale de L'Indice dei libri del mese, della redazione della webzine Carmillaonline e collabora ad altre riviste. Uno dei suoi più recenti ‘saggi’ è protagonista di questa ricca intervista.

Da cosa è scaturita un’idea così originale come Victoriana?

Mah, per parlare col linguaggio del pubblico vittoriano potremmo dire che è una lanterna magica. Odoya pubblica delle eccellenti guide, ma in questo caso si trattava di qualcosa di diverso: qui l’oggetto non è un singolo filone, un definito genere letterario, cinematografico o pittorico da esplorare in genesi e ramificazioni; e d’altra parte voci come “Sherlock Holmes”, “Dracula”, “Alice in Wonderland” sarebbero risultate genericissime, la copia di copia di testi già infinitamente circolanti (anche sul web). Diamo invece a Cesare quel che è di Cesare: il merito è dell’editore, che avendo letto miei pezzi sul web, specie quelli della serie “Victoriana” che ormai porto avanti da vari anni, mi ha proposto di raccoglierli coordinandoli in un insieme organico. Si tratta di letture molto trasversali, che possono lasciare implicito tutto quanto il lettore ragionevolmente già sa, e suggerire percorsi “altri”.

Il problema ovviamente era che si trattava di contributi scritti in epoche diverse, sull’onda di vicende, pubblicazioni, provocazioni differenti, e dunque per così dire in progress: e mi dispiaceva perdere quest’aspetto dinamico, “storico”. La soluzione è stata alla fine un po’ più impegnativa da cucire, ma direi funzionale: anzitutto non ho raccolto tutti i contributi della serie “Victoriana”, ma una selezione specifica; a questi ho aggiunto altri pezzi che avevo proposto via via su Carmillaonline o in altre sedi e una certa quantità di materiali nuovi. Le date originali sono state mantenute in calce come generico riferimento; sui testi sono intervenuto arricchendo il materiale, ma sforzandomi di non alterare lo spirito con cui erano stati proposti in occasione di mostre, uscite di libri, spettacoli… E bibliografia e filmografia indirizzano il lettore che voglia proseguire il discorso per conto proprio.

Quali sono gli aspetti più singolari e meno conosciuti che pensi di aver portato alla luce con la tua opera e che volevi i lettori scoprissero?

Domanda impegnativa! Con tutti i limiti (per carità) delle mie ricerche, mi è per esempio molto caro l’itinerario di studi che ho continuato nel tempo a condurre sul personaggio di Carmilla, con vari viaggi anche in Stiria: la mia prima monografia, tanti anni fa, riguardava quel tema. Per cui citerei i nessi tra Le Fanu e Lewis Carroll, o certe piste interne (sui gatti, per esempio…) di quella straordinaria, elegantissima storia di vampiri. Ma, appunto, sono singoli esempi: in realtà un po’ tutto il libro cerca di seguire piste poco battute (le riletture vittoriane sulla suora-killer di Robin Hood, certe storie precipitate nel tessuto dei penny dreadful, certe avventure nel sottobosco esoterico del tempo…), e di far riflettere – me per primo – sulla bizzarria di connessioni e cortocircuiti.

E infatti, più che singoli contenuti, indicherei un tipo di approccio. Per me è appassionante il lavoro di ricerca sottotesto, a studiare linguaggio e simbolica, richiami possibili a fonti magari insospettate… La trasversalità è fondamentale. Ecco, mi piacerebbe che a fine lettura chi ha avuto voglia e pazienza di essermi complice in questo giro in carrozza provasse il desiderio di continuare la ricerca. Teniamo presente che oggi, grazie alla scansione di intere biblioteche e alla messa a disposizione di tanto materiale anche accademico, non si tratta più di macinare chilometri inseguendo documenti in capo al mondo… anche se qualche volta, è vero, il sistema “classico” è ancora necessario.

Quali sono state le sfide maggiori nell’approcciare un’opera di questo tipo?

Allora: da un punto di vista di contenuti, il titolo era impegnativo. Diversa è una serie di pezzi scaglionati online nel tempo, con un flusso di temi in forma liberissima. Ma una raccolta in volume su (virtualmente) l’intero orizzonte dell’immaginario vittoriano richiedeva un buon bilanciamento tematico (sia pure con un taglio libero e personale di chi scrive), e di ampliare lo spettro con pezzi nuovi su argomenti rimasti “scoperti”. È quello che ho cercato di fare anche grazie alle schede, e mi sembra che il risultato presenti un tendenziale equilibrio. Anche se, ovviamente, con un simile spettro sarebbe impensabile e scorretto parlare di “completezza”. Diciamo che ci sarebbe spazio per altri Victoriana (e, per inciso, avrei a disposizione materiale già quasi sufficiente per un secondo: vedremo).

La seconda sfida riguardava il registro comunicativo, la necessità di parlare a un pubblico molto diversificato. Da un lato, un testo del genere non è accademico, ma dev’essere intrigante anche per un pubblico culturalmente “forte”. Dall’altro e nello stesso tempo deve appassionare il lettore pop, e quello che vive orgogliosamente di fandom. Non si tratta di un semplice obiettivo commerciale: oggi è sempre più pressante che le due culture (“alta” e “bassa”, con tutte le virgolette del caso) trovino punti di raccordo. Ciò comporta un lavoro sul linguaggio – dai miei primi testi, ho modificato notevolmente il mio modo di scrivere – ma ovviamente anche sui contenuti. Alla cui complessità non si può rinunciare: ma complesso è il contrario di banale/banalizzato e non di semplice/chiaro. Penso a quella scuola straordinaria di chiarezza che è la saggistica anglosassone.

Hai pubblicato volumi con tematiche molto diverse, come scegli il prossimo ‘soggetto’?

Un libro è sempre un punto d’incontro tra autore ed editore: offro alcune proposte, e scegliamo insieme. Le proposte nascono in genere da temi su cui ho già lavorato come recensore o divulgatore, spesso itinerari su classici, magari in riferimento a qualche anniversario. Dalla fine del 2012 con la mia piccola Libera Università dell’Immaginario gestisco corsi “popolari” – aperti, liberi – di approfondimento su grandi opere letterarie, del fantastico e non solo: e alcuni di questi corsi stanno diventando ora volumi. Così per esempio quelli usciti sempre per Odoya dopo Victoriana, riletture da Apuleio (L’importanza di essere Lucio) e da Petronio (L’odissea di Encolpio), ad avviare una collana di Classici pop. Dove il modello non è “Umberto Eco racconta i Promessi sposi”: sia perché io non sono Umberto Eco, sia perché il mio ruolo è semplicemente di servizio, un invito alla lettura e non un sovrappormi. È un modo per riappropriarci dei classici, a partire da quelli latini e greci… qualcosa che ci fa un gran bene.

Poi è vero, i temi sono diversi, ma in realtà c’è una profonda unità. Io mi occupo di immaginario, se preferisci di mito, e di come le relative categorie e le parole che le esprimono impattino sulla nostra realtà (interiore come collettiva, e persino politica) con risultati anche molto concreti. Inseguirle in testi scritti (la letteratura è il mio ambito più congeniale), in film, in dipinti non è alla fin fine molto diverso. E la passione, soprattutto per certi filoni, ha radici fin dalla mia infanzia: forse il primo canale unificante sta proprio negli interessi di una vita. Sono nato nel 1962, cresciuto con la televisione degli anni Sessanta e Settanta che persino alla TV dei ragazzi era piena di Inghilterra: la Londra del Big Ben e dei ponti sul Tamigi, le casette col tetto di paglia, e persino quel po’ di pop che arrivava da noi (in dosi controllate) dritto dritto dalla Swinging London. Poi sono arrivati – per me, intendo – i film della Hammer, e tanto altro che sta dentro Victoriana. Ma intanto c’erano le leggende, c’era l’epos che mi arrivava dai libri e anche dai grandi sceneggiati televisivi. Impazzivo per il costume… Gli anni al liceo classico ed esperienze successive entro un tessuto di amici con cui abbiamo condiviso passioni, lettura e scrittura hanno saldato il tutto. Tutto questo è precipitato insieme nei volumi.

Infine posso chiederti a quali nuovi progetti stai lavorando?

Come corsi, quest’anno continuerò TuttoPoe, cioè una rassegna cronologicamente ordinata di tutta l’opera di Edgar Allan Poe avviata già l’anno passato, mentre sul fronte dei classici antichi dedicherò una serie di incontri all’Eneide. Si tratta di appuntamenti molto impegnativi per le sfide che comportano e anche come mole di lavoro, ma rappresentano grandi soddisfazioni. E ci tengo anche molto per il giro di persone – età e caratteristiche diverse, alcuni scrittori, alcuni artisti – che ormai ruotano attorno: è una realtà davvero stimolante e arricchente anzitutto per me. Quanto ai volumi, con Odoya la prossima tappa sarà il Frankenstein, in vista del bicentenario dell’anno prossimo, ma una serie di altri ragionamenti sono in corso e mi trovo molto bene a lavorare con loro. Con l’amico saggista Fabrizio Foni licenzieremo poi quest’anno, dopo una lunga gestazione, la raccolta a molte voci – tutti autori bravissimi – Jolanda & Co. Le donne pericolose per Cut-Up: nel mio saggetto mi occuperò per esempio di donne pirata. Grazie dell’attenzione, e auguratemi in bocca al lupo.