Seppur considerato il comune meno popoloso della provincia di Barletta-Andria-Trani, la cittadina di Spinazzola ricopre un ruolo molto importante nella storia pugliese, sia dal punto di vista storico, che culturale. Incastonata nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, la sua autorevolezza è stata riconosciuta sin dal 1615, anno della nascita di Antonio Pignatelli, futuro papa a Roma con il nome di Innocenzo XII. Purtroppo non è più possibile visitare la sua natia dimora, il castello che si affacciava e dominava il centro storico è stato distrutto nel 1936; ma, al contempo, nuovi luoghi di fede, arte e storia sono stati costruiti.

In particolare, vi sono numerosissime prove di insediamenti umani di epoca preistorica, che offrono una importante testimonianza, a riprova della convivenza tra l’uomo e il paesaggio circostante. Le prime frequentazioni dell’uomo in questo territorio risalgono certamente al Neolitico, ma il ricco patrimonio archeologico rinvenuto consente di mostrare la presenza dell’uomo in forma stanziale, in maniera continuativa, passando per l’Età dei Metalli e l’Età del Bronzo. Tra le varie campagne di scavo archeologico che si sono succedute, si annovera dell’Età del Bronzo, la scoperta di una tomba, sepoltura di un individuo maschio, datato tra il 1510 e il 1360 a.C., e rinvenuto supino su un letto rettangolare di ciottoli fluviali, e un pugnale in bronzo posizionato all’altezza del suo addome.

La città ebbe un ruolo rilevante soprattutto in epoca bizantina, come risulta dal ritrovamento, in piazza Castello, di un prezioso sigillo in bronzo dell’imperatore Leone VI, detto “il Filosofo” o “il Saggio”, raffigurato in età avanzata con la barba lunga, verso la fine del suo regno. Grazie a questa scoperta si è riusciti a risalire al ruolo di dipendenza, dal punto di vista amministrativo, di Spinazzola nei confronti dello stratega bizantino Anastasio, la cui presenza è testimoniata in moltissime altre città della Puglia.

Una suggestiva scoperta è stata però ultimamente segnalata da un privato alla Soprintendenza Archeologica della Puglia, a poche decine di metri dalla località detta “il Cavone”, uno dei pochi siti che è riuscito a conservare gli aspetti più caratteristici del Parco Nazionale dell’Alta Murgia per il connubio tra ambiente, archeologia, paesaggio e biodiversità. In un riparo scavato nella roccia sono state rinvenute delle sottili incisioni e centinaia di segni, studiati in Italia dal team di archeologi dell’Università di Pisa e inseriti all’interno di importanti documentazioni dall’Università del Brasile, dove nel 2014 si è svolto il Simposio Internazionale di Arte Rupestre.

Le incisioni, datate tra Eneolitico e inizi dell’età del Bronzo, rappresentano l’unica narrazione, probabilmente presente in tutta la Murgia e furono realizzate forse quando gli uomini iniziavano a costruire i primi utensili durante la lavorazione dei metalli. Lo studio delle incisioni ha rinvenuto 33 figure antropomorfe, finemente graffite, nove immagini con resa della testa e stilizzazione delle mani e dei piedi, due figure antropomorfe, associate tra loro, in un contesto in cui si possono distinguere tratti zoomorfi e recinti e vari segni cruciformi, con stelle a cinque punte, farfalle, losanghe e frecce.

Tra le varie ipotesi avanzate dall’Università di Pisa sul loro significato, la più probabile sembra essere quella di una sorta di cerimoniale in cui sono evidenti le differenze tra i vari personaggi. Seppure sia molto difficile delineare una precisa interpretazione, sono state avanzate tre distinte ipotesi. La prima farebbe pensare appunto a una cerimonia con dei personaggi isolati: sono state descritte due figure con la testa ben evidenziata a disco raggiato o a triangolo e stelle a cinque punte evidentemente connesse al corpo, mentre gli altri personaggi sono invece disposti in movimento e potrebbero simulare una danza. La seconda ipotesi avanzata riguarderebbe invece una scena di caccia o un sacrificio, guardato dal recinto che racchiude lo zoomorfo e verso il quale sembrano correre quattro figure in movimento; mentre un altro zoomorfo si trova all’estremità destra e sembra “cavalcato” da un piccolo antropomorfo, con numerosi segni pettiniformi che potrebbero essere considerati stilizzazioni di cervi. Terza ed ultima supposizione è stata quella di una scena di guerra, dove i personaggi provvisti di ornamenti sembrano essere armati e circondare i quattro distesi. Seppure tante analogie siano state riscontrate tra queste incisioni e quelle presenti nella Francia meridionale e nel Levante spagnolo, nessuna affinità è stata riconosciuta con l’estero per la tutela e la salvaguardia di questa scoperta che è lasciata, ad oggi, all’incuria dell’uomo e all’intemperie del tempo!

Se è vero che la valorizzazione nasce dalla conoscenza del passato e dalla creatività del presente, dobbiamo in primis migliorare le nostre condizioni di conoscenza e conservazione del patrimonio culturale italiano, ricordandoci che il recupero dei nostri valori identitari e la diffusione della conoscenza rimangono delle priorità contro l’improvvisazione che contraddistingue alcune realtà del management culturale.