Nel gergo comune è la semplice contraffazione, nella pratica sono migliaia di venditori ambulanti e un commercio illegale immenso sulle spiagge italiane.

Si chiama “counterfeiting”, in strada è semplicemente la “contraffazione”. E non è semplice falsificazione di prodotti. È caporalato, di quello più subdolo, di quello stagionale e senza un padrone fisso. È il mondo di mezzo, in riva al mare. È l'universo parallelo dei cosiddetti “vucumprà”. Spesso di etnia africana, ma anche asiatica, camminano per decine di chilometri al giorno sotto al sole, con chili di materiale in braccio o sulla schiena. Sfidando la sorte, la salute e anche “le guardie”.

È un mercato illegale redditizio ma forse più per i grossisti che per i venditori, terminali ultimi di una cocente catena commerciale che si scioglie nel sole estivo sulle spiagge italiane. E lo sanno bene i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli che nel mese di agosto hanno puntato alla fonte, alle basi di approvvigionamento e a quei grossisti che forniscono le formiche in spiaggia. Nel primo semestre i militari dell'Arma hanno sequestrato quasi 3000 prodotti falsi, merce che veniva smistata ai rivenditori che poi cercavano di trarne profitto in spiaggia.

Arrivano di solito a Piazza Garibaldi, portano con loro grandi buste di plastica e poi prendono i treni che li trasferiscono sui vari litorali. Sono perlopiù srilankesi e bengalesi ma ci sono anche africani. Col tempo, gli italiani hanno convissuto con l'idea del “vucumprà” in spiaggia, compatendoli, affezionandosi, ridendone e, a volte, ostacolandoli. Gli attivisti e i giornalisti, invece, hanno preso ad interessarsi alle storie dietro a questi volti.

Come quella di un 57enne senegalese, raccontata dall'Osservatorio Diritti. Nonostante la sua età, ogni giorno della stagione estiva si carica in spalla decine di chili di materiale e percorre quasi 20 chilometri sulla sabbia alla ricerca di un guadagno giornaliero, da spendere subito per sopravvivere o da inviare alla famiglia. È laureato in patria, cresce le figlie affinché si possano laureare a loro volta. Sfida la sua età, dorme in spiaggia, chiama la famiglia quando può, nasconde la merce per non farsela sequestrare o, peggio, rubare. E come lui ce ne sono tanti, decine, centinaia, migliaia.

Secondo l'Eurispes, le categorie di merci più sottoposte a sequestro sono i giocattoli, le scarpe e gli articoli di abbigliamento. Un mercato che si adegua al territorio e al target. Nei primi sei mesi di sequestri, infatti, circa 2000 prodotti sequestrati in Campania, ad esempio, erano solo del Napoli Calcio, ovviamente falsi. Ma c'erano anche articoli falsificati del merchindising di cantanti in voga: cappellini, t-shirt, bandane e addirittura cuscini. Un mercato del falso che, al 2021, fruttava a livello mondiale 460 miliardi di dollari. Ma i “vucumprà” sono solo la punta dell'iceberg del sistema. E non è un caso, infatti, che le forze dell'ordine costantemente sequestrano presse, fregi e adesivi durante i loro controlli, arrivando spesso a scoprire vere e proprie fabbriche del falso.

Si spiega in tal senso il nuovo l'approccio adottato dal Governo italiano nel 2025 che, lanciando il progetto “Spiagge Sicure", ha stanziato più fondi per il personale di Polizia Locale per i controlli in spiaggia. 50 Comuni hanno ricevuto 30mila euro ciascuno (l’importo complessivo è di un milione e mezzo) per contrastare l'abusivismo commerciale sulle spiagge italiane e la vendita di prodotti contraffatti.

Tra i beneficiari, i paesi turistici più noti: Civitanova Marche, Sabaudia, Camogli, Vernazza, Pantelleria, Santa Cesarea Terme, Nettuno, Isola del Giglio, Marciana Marina, Piraino, Santa Flavia, Salve, Paola e tanti altri. Il Governo, tuttavia, ha anche inasprito le pene, sia per i venditori che per i consumatori. Chi è colto ad acquistare merce falsa, infatti, può incorrere in multe che variano da 100 a 7.000 euro. Nel caso in cui siano consapevoli della natura illegale della merce, oltre alla sanzione amministrativa, possono scattare anche il reato e la sanzione per ricettazione.

Per i venditori, invece, sono previste multe che vanno da 2.582 euro a 15.493 euro più la confisca della merce e delle attrezzature, oltre al fatto che la Polizia Locale è autorizzata a verificare continuamente i locali adibiti a magazzini per la merce. Insomma, se da un lato sapientemente si sceglie di sanzionare chi minaccia l'economia regolare frodando il Fisco e immettendo nel mercato prodotti pericolosi per la salute, da una parte si rischia di dimenticare il fatto che alla base di questa economia sommersa ci sono imprenditori senza scrupoli che producono quintali di queste merci lontano dalle spiagge.

È un problema di natura economica, fiscale ma anche sociale. Una nuova fetta di illegalità per nulla piccola sulla quale, come specificato apertamente dalle forze dell'ordine, la criminalità sta già mettendo le mani.

Una torta prelibata ma avariata che rischia di creare l'ennesimo cortocircuito sociale ed economico di un Paese che spesso guarda solo in superficie, evitando quello che è sommerso. E mentre l’estate scorre tra ombrelloni e creme solari, quel mondo parallelo continua a camminare sulla sabbia, invisibile ma sempre più presente.