Galleria Vik Milano presenta Travelogues. Diari di viaggio, una collettiva che riunisce una generazione di artisti italiani attivi tra gli anni Novanta e il primo decennio del Duemila, cresciuti nel contesto di una rinnovata attenzione per la pittura come linguaggio critico e come sguardo sul reale.

In quegli anni, nel pieno della stagione postmoderna, la pittura figurativa tornava a essere centrale nel dibattito artistico, rielaborando in chiave contemporanea, com’è accaduto in altri ambiti, dal cinema alla letteratura, i grandi generi della tradizione – dal ritratto al paesaggio alla natura morta – e trovando nuovo slancio attraverso esperienze collettive come quella dell’Officina Milanese, che riuniva alcuni tra gli artisti più attenti alla rielaborazione del paesaggio come forma di identità visiva e simbolica.

Travelogues si inserisce dunque all’interno di questa linea di ricerca, di cui Alessandro Riva, curatore della mostra, è stato uno dei principali interpreti critici. Lo testimoniano i moltissimi progetti espositivi di quegli anni, incentrati sul rapporto tra genere tradizionale e sperimentazione, di cui Sui generis – La ridefinizione del genere nella nuova arte italiana, tenutasi al PAC di Milano nel 2000, che indagava proprio la trasformazione e il superamento dei generi classici nella pittura contemporanea, è stato uno dei più importanti.

A distanza di vent’anni, questa nuova mostra propone una riflessione aggiornata sul tema del viaggio e sul ruolo del paesaggio – reale, mentale, simbolico – nell’opera di dodici artisti italiani, in un’epoca in cui il paesaggio stesso sembra essersi dissolto.

Negli ultimi decenni, infatti, il paesaggio – inteso come spazio fisico e culturale dotato di forma, memoria e identità – ha subito una trasformazione profonda, fino quasi a svanire. L’urbanizzazione diffusa, la perdita dei confini tra città e campagna, la proliferazione di strutture anonime e funzionali hanno generato un territorio ibrido e indistinto. A questa mutazione concreta si è affiancata una smaterializzazione percettiva: il paesaggio non è più vissuto come esperienza diretta e continua, ma come flusso frammentato di immagini, mediate da schermi e dispositivi digitali.

In questo scenario, la pittura assume un ruolo di resistenza e di ricostruzione simbolica. Gli artisti in mostra ripensano il paesaggio non più come semplice rappresentazione del reale, ma come spazio mentale, affettivo, culturale; come diario interiore da ricostruire attraverso lo sguardo, la memoria, l’immaginazione.

Dal rigore geometrico e stilizzato della Milano di Marco Petrus, alle montagne fluide e sospese in un’atmosfera fuori dal tempo di Velasco Vitali e Alessandro Busci; dalla “supernatura” di Massimiliano Alioto, dove elementi naturali e artificiali si fondono in una visione organica e straniante, alle grandi capitali reinterpretate con lo sguardo misurato e luminoso del neo vedutismo di Aldo Damioli; dalle campagne e marine rarefatte fino al limite dell’informale di Giovanni Frangi e Alessandro Papetti, alle campagne metafisiche e primitive di Enrico Lombardi; dalle vedute tra modernità e arcaismo di Luca Pignatelli, alla New York vertiginosa di Bernardo Siciliano, fino ai nuovi esotismi interiorizzati di Andrea Zucchi, il paesaggio – per tutti – si fa luogo complesso di osservazione e proiezione, geografia e memoria, realtà e costruzione mentale.

Unico scultore in mostra, Paolo Cassarà concentra invece il proprio sguardo non sul paesaggio esteriore, ma su quello interiorizzato nei corpi e negli sguardi delle sue viaggiatrici contemporanee: figure femminili inquiete, frettolose, un po’ nevrotiche, che attraversano spazi reali e mentali con la stessa tensione frenetica che caratterizza il nostro tempo.

Travelogues. Diari di viaggio propone così un itinerario fatto di sguardi, stratificazioni e memorie, in cui il viaggio non è solo spostamento fisico, ma esercizio di visione. Un omaggio alla pittura come forma di resistenza e alla sua capacità di evocare, ancora oggi, una possibile geografia del senso.