Nell'estate dei miei undici anni scesi sotto i portici della mia città, attraversai la strada ed entrai alla Standa. Feci in tutto un centinaio di metri. Erano all'incirca le tre e mezza del pomeriggio di un piovoso e ancora relativamente fresco inizio di giugno. Discesi le scale per accedere al piano inferiore del rinomato grande magazzino, svoltai a destra, svoltai di nuovo a destra ed ecco lì gli scaffali con i libri tascabili che stavo cercando. Rimasi quel giorno a contemplarli per diverso tempo. Evidentemente, dovevo aver adocchiato quella zona del grande magazzino nel corso di una precedente sortita e quel giorno decisi di andarla a esplorare meglio. Avevo cominciato leggendo alcuni classici della letteratura quali Guerra e pace di Lev Tolstoj, un romanzo di Balzac e altri romanzi importanti.

A questo proposito, ricordo ancora quando uscii di casa attraversando la via maestra della mia città per entrare in un negozietto di libri dove acquistai l'edizione tascabile Oscar Mondadori de I pascoli del cielo di John Steinbeck. Anche qui era una giornata piena di afa e al tempo stesso piovosa, con un rassicurante cielo grigio (all'epoca il tempo piovoso chissà perché mi metteva di buon umore) e un vento che trasportava profumi minerali nell'aria. Il libraio mi disse con fare un po' burbero di dire ai miei compagni di scuola che altre copie di quel libro di Steinbeck sarebbero state presto disponibili perché riteneva che fossi venuto ad acquistare quel libro per ragioni scolastiche e quando mi vide ritornare per comprare una copia di La battaglia sempre di Steinbeck un'espressione di leggera delusione si disegnò sul suo volto mischiandosi per un attimo al cipiglio severo: "Ah, allora non è per la scuola".

L'atto di uscire per acquistare un libro è uno di quei dettagli di minimo conto che custodisco più gelosamente nello scrigno dei miei ricordi. Mi ricordo quando uscivo di casa, svoltavo a sinistra, poi a destra in Via Carducci, poi ancora a destra in via Montebello dalle insegne colorate e dalle vetrine vivaci dei negozi e arrivavo a una libreria dove una nonnetta anch'essa sempre con fare un po' burbero e indispettito esaudiva la mia richiesta del nuovo bestseller di questo o quell'autore che aspettavo con trepidazione da tempo. Oppure uscivo di casa e arrivavo allo Scolaro (poi sostituito da un negozio di scarpe e adesso sostituito da un'agenzia immobiliare; al posto della Standa invece oggi c'è un istituto bancario) e lì non acquistavo astucci o penne particolari (che peraltro comperavo in un altro negozietto di nome Chewing gum; la mia passione segreta erano gli adesivi) ma chiedevo tascabili per lo più dalle trame scabrose.

Benché avessi apprezzato i classici della letteratura (il realismo russo, il naturalismo francese, e gli americani), ero tuttavia alla ricerca di qualcosa di più accessibile e dal sapore attuale. Ed ecco perché quel fatidico giorno a undici anni uscii di casa per recarmi alla Standa. Fino a quel momento di solito della Standa ho ricordi di scaffali pieni di barattoli molto grossi e dal tappo colorato di quella specie di pongo profumato che si chiamava Didò; e ancor più di quelle confezioni oblunghe contenenti panetti di Pasta Das dal caratteristico odore leggermente stordente - simili agli effetti dell'aroma della Coccoina. Quegli scaffali erano peraltro vicini agli scaffali dove stavano allineati i tascabili. Da una parte dunque avevo il mondo dell'infanzia e dall'altra la verità. Quel giorno a undici anni imboccai il sentiero della verità - che peraltro si presentava come un'asettica corsia illuminata da luci al neon e piena di impersonali scaffali di plastica e metallo. C'erano sugli scaffali, tra le edizioni che mi sono rimaste più impresse nella memoria, tascabili della Mondadori e tascabili della Sperling&Kupfer.

Rimasi lì a passarli in rassegna con lo sguardo e a prenderne alcuni dando un'occhiata alle trame e alle prime pagine. Se la prima pagina era scorrevole e mi prendeva, di solito, a quella giovane età, puntavo su quel libro allegerendo il portafogli di 12.500 lire o 9.500 lire. Quel giorno specifico decisi di spendere parte della mia paghetta acquistando l'edizione tascabile di “L'alternativa del diavolo” di Frederick Forsyth e di “Confessionale” di Jack Higgins. Acquistati il romanzo di Forsyth attratto probabilmente dalla parola "fantapolitica" inserita nella trama in quarta di copertina. Il romanzo di Jack Higgins invece lo acquistai soprattutto grazie alla bellezza esplosiva della copertina e a tutte le promesse che quella copertina faceva - promesse per quel che mi concerne assolutamente mantenute.

Ora, il ricordo di quel giorno è un pensiero ricorrente nella mia memoria perché è certamente stato un istante fondativo nella mia vita. Se avessi comprato dei libri che non mi fossero piaciuti probabilmente non sarei mai diventato quel lettore accanito che sono diventato e la mia stessa vita sarebbe stata diversa. Però, a volte penso che quando si torna così spesso con il pensiero a un episodio della propria vita apparentemente così di secondaria importanza (benché per le ragioni che ho detto per me non lo sia affatto), ebbene ritengo che ci sia un qualche enigma da risolvere. Anzi, che ci sia un qualche messaggio che in qualche modo si è intercettato ma che non si è del tutto fatto emergere a livello cosciente.

In effetti, pensandoci oggi su quegli scaffali dei magazzini della Standa La Casa Degli Italiani c'erano una serie di libri i cui generi riassumevano gli aspetti più oscuri e misteriosi dei luoghi dei quali sono cittadino. C'era ad esempio L'onore dei Prizzi, un'allegra commedia ambientata nel mondo mafioso. C'erano i bestseller incentrati sul mondo dei servizi segreti. Adesso non sono in grado di ricordarlo bene ma sono pronto a scommettere che ci fossero i sedicenti romanzi di Jackie Collins e Harold Robbins pieni di sesso e fiumi di sostanze stupefacenti. E c'erano naturalmente i romanzi dove protagonista assoluto erano magia e sovrannaturale.

Gli scaffali della Standa offrivano surrettiziamente la sintesi di tutto ciò che di più oscuro e segreto alligna nelle paludi di amianto e cemento di provincia e qualunque libro avessi scelto avrei letta in fondo una storia che in qualche modo avrebbe avuto a che fare con me stesso e la mia vita. Ecco servito quello che si dice un autentico gesto di comunicazione. Perché questo cos'altro è se non un gesto di comunicazione in senso letterale? Ritengo si faccia un po' di confusione riguardo questa parola e che comunicazione si confonda troppo spesso con persuasione. La comunicazione non è persuasione. La comunicazione è una fredda circolare ministeriale che passa di classe in classe e che ti avvisa di un dato di fatto incontrovertibile - come ad esempio che l'ultima ora è sospesa e si andrà a casa prima oppure che i servizi delle merendine all'intervallo non sono disponibili. Solo che su vasta scala non sarebbe pensabile di poter redigere una circolare ministeriale su ogni argomento: o meglio, sì, è pensabile ma solo in seno a un regime dittatoriale e totalitario e non all'interno di un aperto sistema di democrazia.

Le comunicazioni pertanto in un sistema democratico vengono affidate all'apparato massmediologico che comunica il messaggio attraverso il linguaggio più adatto a essere compreso e accettato. In questo senso si può parlare di persuasione. Questo genere di persuasione però non riguarda la bontà del messaggio comunicato ma l'opera che la persuasione stessa riesce a ottenere sul destinatario convincendolo che quel messaggio sia accettabile senza doversi opporre. Ognuno scelga il suo canale preferenziale e se lo faccia dire da chi più preferisce, ma la comunicazione riguarderà sempre e comunque lo stesso freddo messaggio di carattere ministeriale e tu dovrai solo essere in grado di coglierlo - anzi, la democrazia ti assicura anche di farti assaggiare una punta di orgoglio nell'essere stato in grado di renderti conto da solo di uno di questi messaggi comunicati tra le righe e proveniente da altissime sfere.

Il messaggio è unico, il discorso è unico, e rizomaticamente interconnesso: puoi partire dal sovrannaturale e approdare ai servizi segreti o puoi partire dalle organizzazioni illegali e approdare al sovrannaturale passando per i mondi occulti ma alla fine i tratti del disegno si uniranno spontaneamente. E capirai. Puoi ascoltare una musica o guardare un dipinto o andare a una mostra fotografica o leggerti un fumetto. Puoi fare tutte queste cose a pezzi e selvaggiamente, saltando di palo in frasca e muovendoti alla carlona, ma alla fine grazie a un principio frattalico il disegno si comporrà chiaro davanti ai tuoi occhi e tu non potrai fare altro che capire tutto e fare finta di non capire oppure non fare finta di non aver capito.

Sempre più spesso mi domando se sia questa la ragione per cui rivolgo il pensiero a quella giornata piovosa nella quale a undici anni incappai nel sentiero della verità che io ho trovato leggendo tascabili in edizione economica.