I Florio sono stati artefici della straordinaria fioritura culturale che Palermo visse durante la Belle Époque. Nelle ville sontuose ed eleganti, simbolo del Liberty e dell’Art Nouveau a Palermo, ospitarono illustri personaggi provenienti da tutto il mondo: re, regine, imperatori, zar e zarine.
Gli anni d’oro della dinastia Florio ripercorre le tappe salienti della vita dei personaggi illustri di una famiglia che ha dato lustro alla Sicilia, in particolare a Palermo, Marsala e Favignana. Ne parliamo con le due autrici: Silvia Maira e Serena Lo Pilato.
Partirei col chiedervi in cosa pensate risieda il fascino senza tempo della dinastia Florio e quali le attrattive per i lettori contemporanei.
La famiglia Florio è ricordata per aver dato alla Sicilia un periodo di fioritura economica e culturale senza precedenti né eguali in futuro. Vincenzo Florio Senior e suo figlio Ignazio sono stati i veri fondatori di un incredibile impero economico che abbracciava settori diversi. Erano imprenditori a 360°, innovatori, dotati di uno straordinario intuito in campo economico e commerciale. Ignazio junior, che prese in mano le redini della famiglia, si trovò giovanissimo a gestire una vera e propria holding di vaste dimensioni e per diverse ragioni non ne fu all’altezza. Tuttavia viene ricordato soprattutto come marito, spesso fedifrago, di Franca. La coppia era presente nei salotti più ricercati negli anni della Bellè Époque e ospitò nella loro elegante dimora principi, zar e zarine, illustri letterati ed esponenti del mondo della cultura e dell’arte. La bellezza di Franca fu immortalata in quadri celebri e la sua storia è quella di una principessa povera, diventata ricca, ma straziata da dolori immensi.
Vincenzo Florio Junior ha invece regalato ai siciliani un sogno sportivo: la Targa Florio, una competizione automobilistica senza precedenti che attirò nell’impervio circuito delle Madonie piloti da tutto il mondo. A livello riassuntivo, questi sono solo alcuni elementi che fanno entrare la famiglia Florio nella leggenda, rendendola immortale, generando fascino nei lettori contemporanei.
Ci sono stati aneddoti che vi hanno maggiormente colpite nel portare avanti le vostre ricerche, durante la stesura?
Diversi, uno fra tanti, per esempio, la bottiglia di Marsala Garibaldi Dolce che Vincenzo Florio Senior creò proprio per Giuseppe Garibaldi quando sbarcò a Marsala nel 1860. Sembra infatti che Garibaldi non amasse bere eppure apprezzò il Marsala, un vino liquoroso dal colore ambrato.
Ed ancora l’affinità che c’era nella gestione aziendale tra Vincenzo Florio Senior ed Enrico Marone Cinzano che acquistò la cantina Florio salvandola da morte certa. Vincenzo Florio affermava che il Marsala era fatto di vino e d’amore. E il Cinzano sposò quel motto con lo stesso piglio imprenditoriale del fondatore di quella cantina.
Interessante e curioso è anche il rapporto “di cordiale antipatia” tra le due grandi donne della Bellè Époque a Palermo, Franca Florio e Tina Scalia Whitaker, e il rapporto tra Franca Florio e il poeta Vate Gabriele D’Annunzio. Lui invaghito dalla bellezza della donna (e non faceva alcunché per nasconderlo), lei, invece, sempre sulle sue, talvolta lusingata dai suoi apprezzamenti, altre volte addirittura infastidita.
Quanto è stato importante il ruolo “esterno” di Donna Franca nella famiglia Florio?
Se volessimo usare un moderno termine di paragone, oggi potremmo definire Franca Florio una figura addetta alle pubbliche relazioni. Franca era proprio questo: una donna elegante e molto colta, una perfetta padrona di casa che conosceva molto bene il cerimoniale dell’ospitalità. Basti ricordare che fu dama di corte della Regina Elena. Ma Franca fu molto di più: era anche una donna di animo caritatevole. Assieme a Ignazio aveva aperto una mensa all’Olivuzza che sfamava circa 500 persone; incinta di Giulia, non esitò a partire alla volta di Messina, devastata dal terremoto, come crocerossina.
Da studiosa di Gabriele d’Annunzio non posso non chiedervi il vostro pensiero a proposito dei suoi rapporti con i Florio e come avete deciso di includerlo, nel vostro racconto?
La scelta di citare Gabriele d’Annunzio è stata di Serena che ha condotto uno studio sui Taccuini su cui il poeta soleva annotare pensieri, emozioni, avvenimenti. In questi taccuini fa riferimento ai suoi periodi di permanenza presso “casa Florio”. Il poeta aveva una profonda ammirazione per Franca che definiva Unica. Di lei diceva che avesse un portamento molto elegante o, per usare le sue parole, “con quel passo che gli antichi veneziani chiamavano alla levriera”, che gli orecchini pendenti oscurassero la bellezza del suo viso. Mise la sua penna al servizio del giornale “L’Ora”.
Posso chiedervi com’è nata l’idea di collaborare e quali progetti futuri vi attendono?
L’idea di scrivere questo libro nasce da Serena, dalla sua passione fin dall’età di dodici anni per la storia della famiglia, nata grazie a una gita di istruzione nei luoghi dei Florio, e in parte grazie a dei ricordi lasciatale dal bisnonno, dirigente della cantina Florio per quasi quarant’anni.
Foto, informazioni, dettagli li ha raccolti in un nucleo embrionale che divenne la sua tesina di terza media. Solo dopo ha manifestato il vivo desiderio di continuare a studiare la storia della famiglia e di creare un libro, con l’aiuto della madre, scrittrice di romanzi storici, contemporanei e commedie romantiche, che parlasse non solo delle straordinarie capacità imprenditoriali dei Florio fondatori dell’impero economico, ma che desse spazio anche alle figure femminili della famiglia.
Lo scopo di Serena è stato di creare un saggio che, con un linguaggio semplice, raggiungesse tutti i lettori, anche i più giovani o chi desiderasse approcciarsi per la prima volta alla storia della famiglia.
Ancora è presto per parlare di future collaborazioni, le idee però ci sono!