Sei al lavoro e hai appena dato un’indicazione inesatta al fornitore.
Hai appena inviato un messaggio che ha causato una discussione con i tuoi colleghi.
Il nutrizionista ti ha appena detto che hai messo su un kg. Di grasso, non di muscoli, precisa.
La tua relazione zoppica e più che di un bastone, avrebbe proprio bisogno di due gambe nuove.
Eri sicuro di chiudere quel contratto che ti avrebbe garantito la promozione. Insomma, non te ne va bene una, ultimamente.
“Mi hanno fatto la macumba! Non c’è altra spiegazione!”
Ora, tutto è possibile nella vita, ma quante probabilità ci sono che sia così? Dal momento che i numeri non sono il mio forte, l’ho chiesto a ChatGPT e sai cosa mi ha risposto?
Quasi nulla!
Una vera delusione per tutti voi pronti a giustificarsi con il capo incolpando gli spiriti più disparati. Un vero sollievo per tutte le donne che raccolgono calzini lasciati sul pavimento da fidanzati e mariti che dimenticano il misfatto accusando uno stato di trance.
Il termine macumba è perlopiù utilizzato in modo erroneo. Vera e propria religione che unisce elementi della cultura africana e brasiliana, viene spesso associata alla magia nera e al voodoo di Haiti. Benché termini concettualmente diversi, nella cultura popolare sono usati in modo dispregiativo per spiegare come sia possibile essere vittima di circostanze esterne, su cui non abbiamo nessun controllo.
Per fortuna counseling e psicologia, quasi come esorcisti, si adoperano per riportarci nel mondo dei vivi. Negli anni ‘50 Julian Bernard Rotter ha elaborato la “Teoria del Locus of Control” secondo cui le persone possono essere divise in due categorie: coloro che credono di avere il pieno controllo della propria vita e coloro che attribuiscono successi e insuccessi a cause esterne.
Negli anni ‘70 Levenson contesta la rigida teoria di Rotter sostenendo che non esistono solo i due poli opposti (locus interno e locus esterno) ma persone che racchiudono entrambe le caratteristiche e le definisce “bi-loci”. Queste, a seconda della situazione, manifestano sia un locus of control esterno che un locus interno, mostrandosi flessibili e resilienti di fronte alle sfide della vita.
Dunque, c’è davvero molta carne al fuoco ma nessun sacrificio agli spiriti che possa giustificare il tuo periodo no. Questo – così come i periodi sì – nasce da una somma di piccole scelte che fai ogni minuto, ogni ora, ogni giorno... hai capito l’idea, vero?
Ora, torniamo a questo locus of control, il cui significato letterale è “luogo da cui si esercita il controllo” e nelle prossime righe ti spiego meglio come funziona e – soprattutto – come il coaching e il counseling posso aiutarti nell’esorcizzare la tua sfortuna.
Locus of control interno
Le persone con questo tipo di locus credono che eventi e situazioni siano la conseguenza delle proprie azioni. Migliorando le proprie capacità, competenze e conoscenze, possono migliorare i propri risultati.
È, in pratica, il mindset dinamico che permette di trovare soluzioni dove gli altri vedono problemi e si appoggia ad uno dei presupposti della PNL (programmazione neurolinguistica) che dice: se è possibile per un altro, è possibile per me. La possibilità passa attraverso lo studio sia delle materie che non si conoscono, sia di sé: limiti e potenzialità, pregi e difetti.
Locus of control esterno
Le persone con questo tipo di locus credono che successi e fallimenti siano conseguenze del caso, di eventi imprevedibili su cui non si ha nessun tipo di controllo. Oggi la situazione è questa e non cambierà mai, salvo un po’ di fortuna – si dicono.
È un mindset statico ben rappresentato dal detto: chi nasce tondo non muore quadrato. Quindi anziché chiedersi come diventare quadrati o rettangolari o quale sia la forma migliore per cambiare la situazione – sgradevole – in cui sono, si limitano a restare fermi, immutabili, sempre uguali a sé stessi.
Levenson ci ha detto che non è così rigido e marcato il confine, piuttosto le persone combinano in sé entrambi i tipi di locus. In effetti, nella vita, ci sono situazioni su cui abbiamo il controllo e altre per le quali possiamo fare poco o nulla.
Prendersi le proprie responsabilità
“Mi hanno fatto la macumba” è praticamente una deresponsabilizzazione e l’antidoto è prendersi la responsabilità delle proprie azioni.
Certamente è più facile incolpare il destino e scaricare tutte le colpe sugli altri; tuttavia, questo atteggiamento ha un solo risultato, che è quello di amplificare il senso di impotenza e di inefficacia.
Le sabbie mobili della deresponsabilizzazione ci fanno sprofondare lentamente e inavvertitamente nell’insoddisfazione, nella tristezza, nel senso di fallimento. Più stiamo fermi, nella vita, meno ci sentiamo capaci di muovere un passo. Più cerchiamo di evitare, più ciò che evitiamo ci controlla.
Quando ho chiesto a ChatGPT la probabilità di essere vittima di macumba, mi ha risposto: sei una vittima solo se ci credi.
Se credi di essere incapace, ti comporterai da incapace. Se credi di essere una vittima, troverai in carnefice. Se credi che il destino ti sia avverso, non c’è niente che puoi fare per stare meglio.
La soluzione, credimi, è più facile di quello che pensi: prenditi le tue responsabilità.
Funziona? Sì.
Come faccio a saperlo? Ci sono passata prima di te (e poi l’ho studiato!).
Sei – siamo – responsabili di cosa diciamo, come lo diciamo, cosa leggiamo, ascoltiamo e guardiamo, di chi frequentiamo, di cosa mangiamo. E ancora, di quanto dormiamo, di come usiamo il nostro tempo libero, dell’impegno che mettiamo nel nostro lavoro. Ti sembra poco? A me no e l’elenco può andare avanti ancora.
Il coaching è un’arma potente che ti aiuta a compiere tutte queste piccole azioni aggirando l’emozione bloccante e che ti spinge a deresponsabilizzarti.
Dando per assunto che provi paura, possiamo attaccarla sul fianco per cominciare quell’esorcismo necessario a farti riprendere il controllo della tua vita, una responsabilità alla volta.
Una volta buttata via la metaforica bambolina voodoo del locus esterno, il counseling ti permette di elasticizzare la visione che hai di te, degli altri e del mondo. Ad esempio, è possibile utilizzare una versione modificata della teoria dei “sei cappelli per pensare” di De Bono per imparare ad osservare con occhi nuovi vecchie situazioni e scardinare uno schema disfunzionale.
Quello di cui hai bisogno, caro lettore, è riappropriarti della possibilità di scegliere, decidere e agire. Non c’è una magia, né una formula magica, né chissà quale spirito che può renderti libero, sta tutto nella tua volontà.
Per quanto possa fare paura prendersi la responsabilità della situazione in cui sei (nel bene e nel male), è decisamente meno terrificante dell’idea della macumba o della magia nera.
Ti invito, quindi, a portare attenzione a cosa credi, cosa vedi, cosa fai e come questo influisce sulla qualità delle tue giornate.
Prova a chiederti, quando commetti un errore, dove hai sbagliato e come puoi fare meglio la prossima volta. E osserva anche quando hai un risultato positivo, quando le cose vanno bene, quando sei nel tuo momento migliore per comprendere come mantenere e replicare il tuo successo.
Capire, sentire, conoscere è la vera magia.
Il Soprannaturale è il naturale non ancora compreso.
(Elbert Green Hubbard)















