Pensai che un uomo può essere nemico di altri uomini, di altri momenti di altri uomini, ma non d’un paese: non di lucciole, di parole, di giardini, di corsi d’acqua, di tramonti.

(Jorge Luis Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano, Finzioni, 1944)

La mostra raccoglie tre voci artistiche emergenti che condividono una comune tensione verso un invisibile, intangibile pullulare1. Quel punto indefinito nel quale reale e ordinario, memoria e tempo, luce e buio si fondono assieme, e lasciano spazio allo spettacolo della trasformazione e alla pluralità. Quella sensazione interiore si trasferisce, dunque, in un ambiente esterno, nell’intricato giardino dei sentieri, fatto di tempi e spazi che si diramano in tutte le direzioni. In questo labirinto è accolta tutta l’umanità, che insieme vaga. Come percettori astratti del mondo2, i tre artisti accolgono in loro il concetto del semplice, il valore della memoria collettiva, conservando la contemplazione silente che spesso l’infanzia si porta con sé.

Ish esplora paesaggi apparentemente familiari, ma resi perturbanti da un senso di dislocazione sottile. Le sue figure, isolate e sospese, tra sogno e realtà, sembrano alla ricerca di un silenzio interiore in mezzo al rumore del cambiamento. E’ una deriva onirica, dove il quotidiano si deforma, rivelando crepe ed aperture verso l’altrove.

Lily guarda al passato come risorsa narrativa. I suoi dipinti, intensamente stilizzati e nutriti dalla pittura britannica tra le due guerre, si ispirano all’affare Galapagos, a quella tensione tra natura e cultura modellata secondo i bisogni umani. Ricuce storie antiche con nuovi fili, costruendo un tempo ibrido in cui la memoria non è nostalgia, ma materia viva per immaginare altri futuri.

Martina affida alla luce il cuore della sua ricerca, e al gioco dell'uomo con i modi misteriosi attraverso cui essa si manifesta; l’uomo scopre e conosce con le mani, e nei dipinti questo elemento stabilisce il punto di incontro tra natura umana e realtà. La luce può essere forte e accecante, oppure dolce, come nei suoi lavori ispirati alla metafora pasoliniana delle lucciole, in cui il buio non è più una condizione da temere, ma diventa lo spazio in cui la luce può dolcemente manifestarsi.

Note

1 J. L. Borghes, ll giardino dei sentieri che si biforcano, Finzioni, Einaudi, Torino 2006.
2 J. L. Borghes, ll giardino dei sentieri che si biforcano, Finzioni, Einaudi, Torino 2006.