L’espressione “tallone di Achille” è passata in proverbio per indicare un punto debole. Persino la scienza medica indica quella parte del corpo come “tendine d’Achille”. E tuttora nell'immaginario collettivo Achille è una specie di superuomo invulnerabile e invincibile, eccezion fatta per il tallone, punto in cui verrà colpito da una freccia di Paride che lo avrebbe ucciso. Tutti abbiamo presente la storia della madre Teti che immerge il figlio nel fiume Stige per renderlo invulnerabile. Un meccanismo narrativo ripreso anche nei fumetti di Superman, eroe invulnerabile a qualsiasi cosa tranne che alla kryptonite.
Ma è proprio così? Che cosa ci dice l'Iliade?
Quando si parla di eroi omerici la fonte principale è ovviamente Omero. E Omero non narra la morte di Achille (se ne trova solo un cenno nel XXIV canto dell'Odissea). Nel primo dei due poemi omerici la morte pende come una spada di Damocle su Achille, che ha scelto liberamente una vita breve ma gloriosa e sa che non tornerà vivo da Troia. Ma Omero ci dice anche qualcosa su questa presunta invulnerabilità... che non c'è.
Nell'Iliade Omero dice chiaramente che Achille può essere ferito come qualsiasi altra persona. E viene infatti ferito: a ferirlo è il guerriero troiano Asteropeo, il quale lo colpisce al gomito con la lancia. Così racconta Omero: “...l’eroe Asteropeo / Tirò con due lance, poiché era ambidestro / Con una colpì lo scudo di Achille, ma non poté trapassarlo / E spezzarlo: la fermò l’oro, dono del dio / con l’altra colpì di striscio il gomito del braccio destro / Sgorgò il nero sangue” (Iliade, XXI, 163-166).
Ma allora da dove viene il mito dell'invulnerabilità di Achille e della madre che lo immerge nello Stige tenendolo per il tallone?
Arriva da un poema molto tardo: l'Achilleide del poeta latino Stazio, risalente all'età di Domiziano, alla fine del I secolo dopo Cristo. È paradossale che un poema oggi pressoché dimenticato e per giunta incompiuto abbia avuto la forza di imporsi sull’immaginario collettivo in maniera più forte dell’Iliade.
In realtà, Stazio non è che si inventa questa storia dal nulla, ma rielabora un mito pre-esistente. Teti in effetti tenta di rendere immortale il figlio ma non con l'acqua: col fuoco. Vuole bruciare ogni aspetto mortale. Solo che viene sorpresa da Peleo il quale pensa che la moglie divina voglia uccidere il bambino e così le dà uno spintone allontanando Achille dal fuoco. Il bimbo si ustiona un tallone.
Achille verrà poi ucciso da due frecce: una al tallone e una al petto. Il vile Paride lo colpisce di spalle e lo fulmina quando l'eroe si volta per vedere chi lo ha ferito. Nessuna invulnerabilità, solo l’idea che un così grande eroe non poteva essere ucciso durante un duello, ma solo preso di spalle.
Però va sottolineato il significato esoterico del tallone nel mondo indoeuropeo. Achille non è il solo ad avere un legame con questa parte del corpo. Anche una figura mitica importante, come e per certi versi più di Achille, vede la sua morte legata al tallone: Krishna, il divino avatar di Visnu, i cui insegnamenti al guerriero Arjuna costituiranno il cuore della Bhagavad Gita, sezione dell’immenso poema epico indiano Mahabharata e fra i più famosi e amati testi indù.
La morte di Krishna è narrata nel XVI parvan del Mahabarata intitolato Mausalaparvan ("Libro dello scontro con le mazze"). Al termine della battaglia di Kurukṣetra, nella quale Krishna aveva aiutato i virtuosi Pandava ad aver ragione dei perfidi Kaurava, l’incarnazione divina di Visnu si ritira nella foresta e lì muore trafitta al tallone da una freccia scagliata da un cacciatore, dopo che lo stesso Krishna si era steso per terra ad attendere la morte. La morte di Krishna dà inizio al Kali Yuga. Si può notare più di un’analogia con Achille. Il Pelide è un dio mancato, doveva essere il figlio divino di Zeus e Teti: per timore di un oracolo che ne minacciava il potere, Zeus fa sposare Teti al mortale Peleo. Se la morte di Krishna dà inizio al Kali Yuga, la morte di Achille mette di fatto fine all’età degli eroi.
Simile è anche la leggenda norreno/germanica di Sigurd/Sigfrido. Anzi, quest’ultima pare una vera e propria ripresa della versione riportata nell’Achilleide di Stazio. La vicenda è narrata nella norrena Saga dei Völsungar e nel poema germanico Nibelungenlied ma la vicenda ci è nota soprattutto attraverso il dramma musicale di Richard Wagner: l’eroe Sigfrido si rende invulnerabile bagnandosi nel sangue del terribile drago Fafnir tranne che in una zona tra le spalle dove sarà colpito a morte da Hagen.
Il “tallone di Achille” è quindi una mezza bufala ma è vero che il legame tra eroe e tallone, in ambito indoeuropeo, esiste. È una maniera simbolica per indicare un eroe talmente valoroso o addirittura divino che può essere ucciso solo alle spalle.