Manzoni, chi era costui? Il noioso, l'antipatico Manzoni che da 150 anni si ostina a imbottire con i suoi princìpi generazioni di studenti, non è più di moda e non mancano le proposte di cancellare I Promessi Sposi, monumento della letteratura italiana, dai programmi scolastici. Troppo vecchio – dicono i suoi detrattori -, desueto per i nostri giorni.
Meglio tenerlo negli scaffali della biblioteca e lasciare posto sui banchi a romanzi più moderni e avvincenti. Non ci sono dubbi che loro, gli studenti, sarebbero ben felici di non doversi più domandare chi era quel Carneade su cui ruminava Don Abbondio seduto sul suo seggiolone. E farebbero volentieri a meno anche del buon senso della timida Lucia che chiosa 700 pagine di peripezie allargando le braccia: “Io non sono andata a cercare i guai, sono loro che sono venuti a cercare me”. D'altronde lo stesso contestato Manzoni conclude il romanzo con tante scuse e, rivolgendosi ai suoi presunti 25 lettori (ormai diventati milioni) chiede loro, di volergli sì un po' di bene, “ma”, aggiunge quasi mortificato, “se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s' è fatto apposta”.
Ora, è vero che i panni sciacquati in Arno due secoli fa dal Manzoni possono essere oggi un po' antiquati e che la nostra lingua nel frattempo si è risciacquata diverse volte nel Tamigi e anche nell' Hudson, ma rinunciare alle nostre radici sarebbe come dimenticarci chi siamo e da dove veniamo rendendo il nostro futuro molto più offuscato di quello che è.
Renzo Tramaglino e Lucia Mondella in fondo siamo noi, così come quella lunga galleria di personaggi che loro ci fanno conoscere. Ce lo ricorda il professor Roberto Bizzocchi con il libro Romanzo popolare. Come i Promessi sposi hanno fatto l'Italia, edito da Laterza. “La mia passione per questo romanzo è cominciata molto presto”, racconta.
Ricordo che da ragazzino, appena finito di giocare a pallone, mi piaceva tornare a casa per leggermi un capitolo de “I promessi sposi”.
Da qui il suo interesse per la letteratura e la storia che lo hanno portato prima a laurearsi alla Scuola Normale Superiore e poi alla cattedra di Storia Moderna all'Università di Pisa. Tante pubblicazioni nella sua carriera su argomenti di storia politico-culturale e sociale, ma l'idea di scrivere un libro sui Promessi Sposi non l'ha mai abbandonato e si è rafforzata di fronte al fiorire di una corrente 'antimanzoniana' che rischia persino di mettere in forse la presenza di questo autore nei programmi di scuola secondaria.
Il fatto è, che non viene sopportato il forte cattolicesimo dei “Promessi Sposi” con i principi morali che ne conseguono. È certamente vero che Manzoni è un cattolico, ed è anche un cattolico fervente. Ma il cristianesimo è una componente fondamentale della storia d'Italia e i conti bisogna farceli. Io non sono religioso, ma non schivo questo confronto, sia come storico che come cittadino.
Professore, in che modo un lettore contemporaneo può riconoscersi ne I promessi sposi?
Il romanzo contiene tantissimi insegnamenti per l'attualità. Direi che i suoi personaggi sono cruciali per capire proprio il nostro Paese.
Facciamo un esempio...
La condizione della donna ha un ruolo centrale nel racconto. Manzoni è un femminista ante litteram. Lui sottolinea il diritto di Lucia a decidere quello che vuole fare. In fondo Don Rodrigo non è altro che uno di questi maschi prepotenti che pensano che il corpo femminile si prende, si usa e poi si getta. Lucia non ci sta, lei riesce a decidere per se stessa: Renzo sì, don Rodrigo no. Certo, Manzoni non si interessa alla sessualità, come invece ci pensiamo noi, ma è chiaro che erano altri tempi. La mia stessa nonna, un secolo dopo, non aveva certo idee molto avanzate sulla sessualità.
La monaca di Monza, però, non ha potuto scegliere
Anche Gertrude vorrebbe decidere, ma non glielo lasciano fare. I due capitoli dove Manzoni descrive la violazione della volontà di questa giovane sono di una tensione forte. Lui è indignato, sta dalla sua parte, non da quella del padre. Tra l'altro forza anche un po' la realtà storica, perché non tutte le ragazze ai tempi erano vittime. Molte si facevano monache anche per loro volontà o comunque senza alcun problema. Manzoni invece ha scelto proprio il caso di una giovane che rifiutava questa imposizione perché lui stesso la trova una violenza inaccettabile. Attraverso Gertrude ci dice: “Non si viola il diritto di autodecisione di un adolescente, maschio o femmina che sia”.
In che cosa altro legge la modernità del Manzoni?
Nel rifiuto di ogni forma di superstizione. Ne è un esempio Don Ferrante, l'erudito che, insieme a donna Prassede, sua moglie, accoglie Lucia dopo essere stata liberata dalla prigionia dell'Innominato. Lui è la parodia del dotto, studia morbosamente tutte le discipline ma non accetta il contributo della scienza. Così di fronte alle peste Don Ferrante non fa niente per evitare il contagio perché ritiene che il morbo non esista e che le persone muoiano solo a causa di una congiunzione astrale. Non ricorda una discussione molto vicina a noi? Manzoni, comunque, dissente totalmente da Don Ferrante, lo guarda con ironia e lo farà morire proprio di peste.
In ogni personaggio si possono dunque trovare caratteristiche che ci assomigliano?
Manzoni ha messo il popolo al centro dell’attenzione, ha preso due contadini lombardi e ne ha fatto due protagonisti. E intorno a loro c'è tutto: scienza, superstizione, malefatte, compassione, rapporti tra uomini e donne, ingiustizie, privilegi, soprusi, violenze e lotte. Così troviamo tanti tipi umani. Con Don Abbondio ci mostra il vigliacco, il vaso d'argilla che viaggia insieme ai vasi di ferro, con Don Rodrigo la prepotenza, con Fra' Cristoforo il cattolicesimo eroico. Ma anche i personaggi minori sono delineati con potenza. Donna Prassede, ad esempio è la benpensante ottusa, mentre il cancelliere Ferrer, che ha causato la rivolta del pane con i suoi provvedimenti insensati, è il politico ipocrita che dice alla folla che punirà il vicario senza avere intenzione di farlo.
E l'avvocato Azzeccagarbugli?
Quello è un episodio straordinario, affrontato in maniera fortemente ironica. La vittima del sopruso, cioè Renzo, va dall'avvocato per ottenere giustizia e questo lo ascolta e lo asseconda finché pensa che sia lui l'autore del sopruso, ma lo butta fuori quando si accorge che invece è Renzo la vittima. D'altronde lo dice lo stesso Azzeccagarbugli: “A saper bene maneggiare le gride, nessuno è reo e nessuno è innocente”. Niente a che fare con i giorni nostri?
C'entra qualcosa con La colonna infame?
Direi proprio di sì. In quell'operetta che Manzoni allega alla seconda e definitiva edizione de I promessi sposi, quella del 1840, si parla di una vicenda avvenuta nel 1620, quando a causa di un abuso della magistratura vennero processati e condannati a morte due cittadini accusati di essere 'untori'. Quindi il problema della giustizia gli stava molto a cuore.
Non è che sta trasformando Manzoni in un rivoluzionario?
Certo che no. Manzoni non è un rivoluzionario, ma nemmeno un moderato, come invece spesso è stato accusato di essere. Direi che è un radicale. Lui ci fornisce l'immagine del potere, ce ne mostra tutte le furbizie e le contesta. I promessi sposi sono una denuncia. Altro che moderato... Manzoni è radicalissimo.
Un radicale che però si affida volentieri alla provvidenza divina...
C'è la provvidenza, ma c'è anche la giustizia. Perché ognuno di noi, in tutte le circostanze, deve fare la cosa giusta. La responsabilità dell'individuo è fortissima e questo è una forza dirompente nel romanzo. Lui ci esorta a seguire la ragione e non cedere mai al fanatismo. A proposito di modernità, anche questo mi sembra che ci ricordi qualcosa.
Qual è il personaggio del romanzo che a lei piace di più?
Il primo uomo della storia è certamente Renzo, che è un personaggio tutto positivo, generoso e caloroso. Certo, non è sempre pronto a capire quello che va fatto, ma è un ottimo ragazzo. Vorremmo un mondo fatto di giovani come lui.
Ma la storia, quella che studiamo a scuola e che lei ha insegnato a generazioni di universitari, pone questioni o dà risposte?
La storia non dà risposte, non è vero che è maestra di vita. Però ci insegna che non bisogna mai rilassarsi, ci dice che le conquiste positive sono sempre precarie. In fondo anche ne I promessi sposi c'è l'idea che il mondo sia una battaglia continua da combattere quotidianamente senza mai dare per scontati i risultati raggiunti.
Dunque professore, torniamo all'inizio: Manzoni, chi era costui?
Un uomo di intelligenza e cultura straordinarie, tormentato dalla consapevolezza della tragicità del mondo e della storia, che nel Cristianesimo ha trovato una risposta, la quale però non ha placato fino in fondo le sue inquietudini di pensatore razionale, ancora fedele ai valori dell'Illuminismo.