Non passa giorno che non apprendiamo di qualche nuova scoperta o invenzione tecnica, scientifica, medica.

Eppure – con alcune eccezioni tipo la robotica o il famigerato 5G – nella vita di tutti i giorni, la stragrande maggioranza di noi è circondata dai rifiuti, dallo spreco e dalla povertà.

Le future generazioni si interrogheranno non tanto sul debito pubblico, quanto sulla concomitanza di tante risorse sprecate e di tanta povertà.

Risorse sprecate: milioni di kw ricavabili dai cosiddetti rifiuti, tecnologie disponibili per recuperare qualunque metallo pregiato e le stesse, necessarissime (almeno oggi) “terre rare”, sprechi di ogni genere tra cui primeggia il lavoro umano; e, intanto, anziani abbandonati, un immenso patrimonio archeologico in rovina, l’ambiente che richiede cure urgenti per affrontare, anche ma non solo, i cambiamenti climatici, cure mediche d’avanguardia che vengono rimandate per lasciare il campo a tecniche costose e devastanti per la stessa salute umana.

Qual è la causa di tutto ciò?

Facciamo l’ipotesi macroeconomica più semplice: manca la domanda effettiva (quella sostenuta dal reddito, non dalla oggettiva necessità) per stimolare l’introduzione delle tecnologie più avanzate che, paradossalmente, costerebbero di meno, ma – qui sta un altro punto essenziale – sarebbero anche innovative in termini di equilibri politici e sociali, di rapporti di forza e geopolitici: sì, pare che gli umani non accettino i cambiamenti se non quando vi siano costretti.

Così, i cambiamenti climatici finiranno per spingerci al cambiamento, ma non prima che Venezia o New York siano affogate dai rispettivi mari. Eccetera.

Del pari, se la domanda non sarà sufficiente, continueremo a produrre cibo, beni materiali e servizi con tecniche obsolete mentre quelle nuove sono già disponibili e promettenti.

Ma, dicono i vecchi economisti di scuola liberista, se immettessimo tanto reddito, forse stimoleremmo l’introduzione delle nuove tecnologie disponibili, ma altresì un’inflazione terribile: mica vero risponde il Keynesiano-Geselliano, se i beni e i servizi domandati risultano anche immediatamente approntati.

Si può calcolare che la perdita di PIL derivante dalla situazione descritta in precedenza si possa aggirare attorno al 25% del dato registrato; ovvero che, con un incremento di reddito del 25%, saremmo costretti a trasformare tutti i rifiuti in risorse, sfruttare appieno l’economia cosiddetta circolare, migliorare il nostro modo di vivere.

Insomma, ci mancherebbe l’aspetto quantistico o “salto quantico” della faccenda: con un aumento del PIL del 25%, utilizzeremmo meglio ciò che oggi chiamiamo erroneamente rifiuti (perché si tratta di risorse); ma se non utilizziamo correttamente tali risorse, non siamo in grado di far crescere correttamente (cioè in modalità sostenibile) il PIL stesso.

Quindi, la graduale immissione di reddito per 400 miliardi di euro (con un errore del 10%), non causerebbe inflazione, ma stimolerebbe l’introduzione di cambiamento tecnico (o dovremmo dire “paradigmatico”?).

Valutiamo, quindi, in Italia, con 500,00 euro al mese – destinato a ognuno e a tutti - il reddito di cittadinanza (un vero reddito di cittadinanza, vale per tutti i cittadini, che è l’incremento di reddito nazionale diviso fra ogni residente).

Non dobbiamo aspettare l’aumento di PIL (che abbiamo visto, non arriva per la nostra indolenza), ma forzarlo, nel limite che possiamo prevedere sostenibile: 60.000.000 x 500,00 x 12 ci dà 360 miliardi di euro (tanto per confermare l’errore del 10%).

Ovviamente, si tratterebbe di moneta non a debito, sovrana, “fiat”, a sola circolazione nazionale, ma a corso legale e, quindi, efficace. Purtroppo l'esistenza dell’euro ci consiglia di non renderla convertibile e, quindi, non sarà efficace all’estero e negli scambi internazionali.

I trattati europei, infatti, regolano la sola moneta a debito, differenziando tra la cartacea (o banconote, primo comma dell’art. 128 di quello di Lisbona) e la metallica (secondo comma).

Detti Trattati non parlano né di statonote (o biglietti di Stato), né di moneta metallica di pezzatura superiore ai 2 euro, né di quella elettronica, né di effetti aventi corso legale nel solo territorio del Paese emittente.

Quest’ultimo, infatti, secondo le stesse autorità monetarie europee rimane il titolare della propria sovranità monetaria: come già accade per il Paesi cosiddetti in deroga dell’eurolandia, Ungheria, Polonia, Romania…

In conclusione, è stato un errore chiamare reddito di cittadinanza ciò che non lo era e legarlo in modo alternativo alle capacità produttive generatrici di reddito; il conflitto tra il livello tecnologico applicato e quello auspicabile (in termini di compatibilità ambientale, di salute, di decoro delle città e non solo) suggerirebbe, invece, di usare un incremento “esogeno” di reddito (vale a dire determinato dalla immissione di moneta "fiat" non a debito) per favorire una crescita economica veicolata da scelte tecnologiche corrette; cioè capaci di migliorare le condizioni degli esseri umani.