La fotografia, per me, è sempre stata più di una semplice passione: è una finestra sul cuore del mondo, un incantesimo che ferma il tempo e avvolge la bellezza in un abbraccio eterno. Ogni immagine è un sussurro d’anima, un linguaggio universale che accarezza i confini delle emozioni e trasforma un ricordo in una poesia immortale.

Ricordo con emozione il momento in cui entrai per la prima volta in una camera oscura. Ero solo un bambino, ma la penombra rossa e il silenzio ovattato mi sembravano il cuore pulsante di un segreto meraviglioso. Con mani tremanti, immersi il primo foglio nella vaschetta dello sviluppo. L’acqua si increspava leggermente e lì, sotto i miei occhi increduli, iniziava ad emergere l'immagine. Prima solo ombre, poi contorni, infine dettagli sempre più nitidi. Era come vedere un sogno prendere vita, un miracolo svelato a poco a poco, vaschetta dopo vaschetta.

C'era un fascino profondo in quel processo: il tempo sembrava rallentare, quasi a voler rispettare la solennità di quel momento. Ogni fotografia era un piccolo tesoro, un racconto silenzioso che avevo catturato attraverso il mirino, quel fragile rettangolo di vetro che mi apriva mondi inesplorati. Ogni clic era una promessa, ogni immagine una testimonianza.

Fu allora che capii che non stavo semplicemente sviluppando fotografie: stavo dando forma ai miei ricordi, ai miei sogni, alla mia visione del mondo. Ogni stampa che emergeva dall’acqua mi insegnava che la vera magia non era solo nella tecnica, ma nell’amore per ciò che osservavo e volevo conservare per sempre.

Ogni scatto era un atto d’amore, un viaggio verso l’ignoto. L’attesa, l’emozione dell’incertezza, rendevano ogni istante irripetibile. La fotografia era una danza tra la luce e l’ombra, un dialogo segreto tra il caso e il desiderio, dove ogni immagine si apriva come una finestra sull’intimità del mondo. E così, scatto dopo scatto, non catturavo solo la bellezza visibile, ma anche l’anima di un momento, la sua poesia nascosta, il battito profondo della sua essenza.

E tutto questo lo dobbiamo a un uomo ed alla sua visione straordinaria: Joseph Nicéphore Niépce, che nel lontano 1826, compì un gesto che avrebbe cambiato per sempre la storia dell’umanità. “Veduta della finestra a Le Gras” è lo scatto di quella che è considerata la prima fotografia del mondo. Immagino quel momento come un atto di pura poesia, in cui Niépce catturò non solo un’immagine, ma l’inizio di un sogno condiviso da generazioni. Quel primo scatto è una testimonianza del desiderio umano di fermare il tempo, di dare voce alla bellezza e di eternare l’istante fuggevole.

Da quel momento, l’evoluzione della fotografia ha compiuto passi da gigante, passando dalla pellicola, alle istantanee della storica polaroid, al digitale. Ogni progresso tecnologico ha rappresentato un’opportunità per gli artisti di esplorare nuove modalità espressive. La pellicola, con la sua grana poetica e la profondità unica, incarna la nostalgia e l’arte di un tempo; il digitale, con la sua praticità e versatilità, apre infinite possibilità creative. Due correnti di pensiero, due anime diverse che continuano a dialogare, arricchendo l’esperienza di chi ama guardare il mondo attraverso un obiettivo.

Nel XIX secolo, l’avvento della dagherrotipia segnò una svolta cruciale. Ideata da Louis Daguerre, questa tecnica permise per la prima volta di fissare un’immagine su una lastra d’argento. Era un processo complesso e delicato, ma il risultato finale aveva un’incredibile nitidezza e dettaglio. Ogni dagherrotipo era un pezzo unico, una finestra sul passato che ci parla ancora oggi con il suo linguaggio silenzioso. Con il tempo, furono introdotte nuove tecnologie come il collodio umido e la pellicola flessibile di George Eastman, fondatore della Kodak, che rese la fotografia accessibile a un pubblico più ampio.

La scelta tra fotografia digitale e fotografia a pellicola dipende dal contesto, dallo stile personale e dalle esigenze del fotografo. La fotografia digitale offre maggiore flessibilità, permettendo di scattare centinaia di fotografie senza preoccuparsi del costo per ogni singola immagine. Ha il vantaggio dell’immediata visualizzazione e quindi la possibilità di poter correggere eventuali errori sul momento. I file possono essere facilmente modificati con software dedicati, offrendo infinite possibilità creative. Inoltre, la condivisione delle immagini è diventata quasi istantanea, permettendo di raggiungere un pubblico globale con un semplice clic.

Tuttavia, le fotocamere digitali non sono prive di limiti. Nonostante i continui progressi tecnologici, le immagini digitali spesso mancano di texture e profondità di campo, caratteristiche uniche e specifiche delle immagini su pellicola. La pellicola, invece, conserva un’estetica senza tempo: una gamma dinamica più morbida, una grana naturale affascinante e una profondità di campo impossibile da ricreare con i mezzi digitali, nonostante i numerosi software a disposizione.

Sviluppare e stampare una fotografia è un processo artistico che aggiunge valore emotivo all’immagine finale. Attraverso i vari passaggi della camera oscura si possono creare effetti assai diversi da quelli, pur stupefacenti, creati attraverso i software. Inoltre, i negativi su pellicola, se conservati correttamente, possono durare per sempre, mentre i file digitali necessitano di backup costanti e manutenzione.

Scattare con la pellicola, però, non permette di vedere subito il risultato e i costi sono decisamente più alti. Richiede conoscenze tecniche superiori sia per gestire esposizione e messa a fuoco, sia per il successivo sviluppo e stampa. Ogni rullino ha un numero limitato di scatti, il che incoraggia un approccio più ponderato e creativo.

Si può stabilire quale sia la migliore scelta tra le due? No. Non esiste una risposta univoca. La pellicola è ideale per chi cerca un’esperienza più tangibile, romantica e artistica, dove ogni scatto è un pezzo unico. È decisamente preferita da alcuni fotografi professionisti, artisti e appassionati del vintage. La fotografia digitale, invece, è perfetta per chi necessita di velocità, praticità e possibilità di sperimentazione illimitata. È senza dubbio l’opzione migliore per la fotografia commerciale, documentaristica e quotidiana.

Il progresso tecnologico ha anche portato alla nascita di tecniche ibride, come la stampa di immagini digitali su materiali tradizionali o l’utilizzo di filtri e preset per ricreare l’effetto della pellicola. Questi approcci combinano il meglio di entrambi i mondi, offrendo nuove opportunità creative a chi desidera esplorare l’infinita bellezza della fotografia.

Qualsiasi sia la scelta, per quanto mi riguarda, ancora oggi, ogni volta che avvicino la fotocamera agli occhi, sento quel brivido caldo, quel battito accelerato, quel muto colloquio con l’infinito. L’emozione dell’attesa, a volte lunga ed estenuante, ma appagante e unica se lo scatto finale cattura la meraviglia di un momento irripetibile. Perché non ci sarà mai un altro scatto uguale. Cogliere quell’attimo, resta un gesto ineguagliabile, perché la fotografia non è solo una questione tecnica, ma un atto di dedizione, un’ode silenziosa alla meraviglia del mondo e alle sue infinite sfumature.

Scatto dopo scatto, sento il cuore pulsare con la stessa intensità della prima volta. Ogni immagine che catturo è un frammento della mia anima, un’eco del mio amore per la vita in tutte le sue sfumature. Mi lascio trasportare dalla luce che dipinge storie sui volti, dall’ombra che sussurra segreti nei paesaggi. Ogni scatto è un dialogo intimo tra me e il mondo, un momento in cui il tempo sembra fermarsi e io riesco a vedere oltre la superficie, dentro l’essenza stessa delle cose.

E mentre il tempo scorre e la tecnologia si evolve, io rimango fedele a quella scintilla iniziale, a quel brivido che mi attraversa ogni volta che premo il pulsante di scatto. La fotografia non è solo un’arte, per me è una forma di amore, di connessione profonda con il mondo e con le persone che lo abitano. Ogni immagine è una promessa che faccio a me stesso: non smettere mai di cercare la bellezza, anche nei luoghi più semplici e apparentemente insignificanti. Perché è proprio lì, nei dettagli trascurati, che si nasconde la vera magia della vita, quel riflesso di eternità che solo un obiettivo può catturare e rendere immortale.

Negli ultimi anni ho notato qualcosa che mi emoziona profondamente: un ritorno alla fotografia, quella vera, quella che richiede tempo, cura e dedizione. Sempre più giovani sembrano staccarsi dal ritmo frenetico dei selfie e degli scatti istantanei del cellulare per riscoprire il fascino di una macchina fotografica, a volte addirittura scegliendo la pellicola. È come se stessero cercando qualcosa di più autentico, un modo per rallentare e dare peso a ciò che catturano.

Mi colpisce vederli, spesso giovanissimi, con una vecchia reflex o una compatta analogica tra le mani. È come assistere a una sorta di risveglio: improvvisamente, l'atto di scattare diventa un rituale, un momento da assaporare. Non c'è la fretta di condividere subito sui social; c'è l'attesa, la voglia di vedere cosa rivelerà quel rullino una volta sviluppato. È un’esperienza che molti di loro non avevano mai vissuto, ma che li affascina e li lega profondamente ad ogni immagine che creano.

Mi piace pensare che in un mondo dominato dalla velocità e dalla superficialità, ci sia ancora spazio per un'arte che richiede pazienza e consapevolezza. Forse è proprio questo che li attira: l'idea di prendersi del tempo per osservare, per scegliere con cura cosa raccontare, per dare valore a ogni singolo scatto.

È un ritorno alla magia che anche io ho vissuto da bambino, un modo per riscoprire un legame più intimo con il mondo che ci circonda. E quando li vedo, questi giovani, con una macchina fotografica in mano, mi ritrovo in loro. Mi sembra di riconoscere lo stesso incanto che provavo io la prima volta che ho guardato attraverso il mirino, quella stessa emozione di fermare il tempo, di trasformare un attimo in qualcosa di eterno.