Il grande assiriologo austriaco Adolf Leo Oppenheim (1904-1974), già Professore di Studi Orientali all’Università di Chicago e Direttore dell’Assirian Dictionary dell’Oriental Institute, nella sua opera fondamentale (L’antica Mesopotamia. Ritratto di una civiltà scomparsa, 1964) ricorda come l’ultimo grande Re assiro, Assurbanipal (668-631 circa a.C.), sovrano colto ed illuminato, ebbe il merito di istituire nella capitale Ninive, sita sulla riva sinistra del fiume Tigri (presso l’odierna città di Mosul, in Iraq settentrionale), quella che può essere considerata la prima grande Biblioteca del mondo antico, ed in particolare del Vicino Oriente antico, creata grazie ad una raccolta sistematica di tavolette d’argilla redatte in caratteri cuneiformi, oggi custodite in massima parte, integre o in frammenti, presso il British Museum di Londra (The Library of Ashurbanipal, collezione di circa 30.000 tablets).
La Biblioteca, costituita in forza di un decreto reale, accoglieva documenti provenienti da ogni parte della Mesopotamia al fine di tramandare la cosiddetta “tradizione scribale”, ovverosia la trasmissione manoscritta ad opera di generazioni successive di scribi dotti e ben addestrati che, organizzati in gruppi, famiglie e scuole locali, si dedicavano alla copiatura diligente dei testi, quale attività rientrante nel loro tipico corso di studi e specifico percorso educativo: infatti, il desiderio di assicurare il controllo, la conservazione e la trasmissione del corpus tradizionale della letteratura scritta rappresentava, senza dubbio, un importante tratto culturale della civiltà mesopotamica.
Lo scriba, dub-sar nella lingua sumera, ovverosia “lo scrivente sulla tavoletta d’argilla” (composto di dub, “tavoletta fittile”, e sar, “scrivere”), era l’esponente di una classe sociale elitaria e molto stimata, che aveva un’alta considerazione di sé stessa (“colui che eccellerà nell’arte della scrittura, brillerà come il sole”, era una delle citazioni riferite alla professione dello scriba), attestata anche da un celebre inno mesopotamico, l’Elogio dell’arte della scrittura, di cui possiamo leggere l’affascinante testo:
L’arte della scrittura è la madre degli oratori, il padre dei maestri;
l’arte della scrittura è appassionante, non ti sazia mai;
l’arte della scrittura è difficile da imparare, ma colui che l’ha appresa avrà il mondo in mano.
Cura l’arte della scrittura, ed essa ti arricchirà;
sii diligente nell’arte della scrittura, ed essa ti riempirà di ricchezza e abbondanza.
Non essere negligente nei confronti dell’arte della scrittura, non trascurarla;
l’arte della scrittura è “sede di ricchezza”, il segreto del dio Ammanki;
lavora senza soste ed essa ti rivelerà i suoi segreti, se la trascuri si faranno commenti malevoli nei tuoi confronti;
l’arte scrittoria costituisce un buon destino, ricchezza e abbondanza.
I documenti presenti nella Biblioteca di Ninive erano organizzati ed archiviati in modo ordinato e sistematico, oggi diremmo “per materia”. Un primo, rilevante gruppo riguardava testi eruditi, definiti “testi di presagi”, tavolette contenenti registrazioni di vario tipo: un atto specifico, un evento ben definito, un aspetto o un comportamento di un essere umano, di un animale o di una pianta, i movimenti delle stelle, della Luna o del Sole, gli eventi atmosferici, nonché altre circostanze oggetto di osservazione, venivano messi in relazione ad una predizione riguardante la condizione del paese o dell’individuo interessato.
Ad esempio, in campo economico-finanziario, un antico testo di presagio, risalente al periodo “Antico-Babilonese” (II millennio a.C.), riportava un’interpretazione divinatoria dell’olio, affermando che quando l’olio assumeva una certa forma, allora “un uomo ha un vecchio debito nei confronti di Samas” (dio del Sole), mentre quando l’olio assumeva un’altra forma, allora “un uomo ha un vecchio debito nei confronti di Sin” (dio della Luna), rinviando così ad operazioni di prestito intercorse con una delle due principali divinità del Pantheon mesopotamico, e con i relativi Templi-Santuari che, in quell’epoca, fungevano anche da Banca (cfr., in argomento, F. Ferlaino, Banche e Banchieri nel Mondo Antico, dai Sumeri a Roma imperiale, 2024).
Un altro numeroso gruppo di documenti aveva per oggetto liste e combinazioni di segni cuneiformi, di parole sumeriche con le relative traduzioni accadiche, organizzate in modo tale da costituire una sorta di “dizionario” che, in forma enciclopedica, consentiva agli scribi di utilizzare sia la lingua tradizionale (il sumerico) sia la lingua indigena (l’accadico), adottando il bilinguismo anche nei testi di preghiere e di incantesimi.
Infine, un altro consistente gruppo di tavolette conteneva cicli di scongiuri per fini apotropaici e catartici, nonché i componimenti di quella che viene definita “letteratura epica”, quali proverbi, fiabe e raccolte di vario argomento, come il Poema della Creazione e l’Epopea di Gilgamesh; inoltre, risultavano presenti testi astronomici, molto tecnici, e testi storici, quali liste di re, iscrizioni reali, cronache ed interpretazioni teologiche di eventi della storia mesopotamica.
È interessante rilevare che ciascun documento era presente in più esemplari, almeno sei copie per ciascun testo, dal momento che la copiatura delle tavolette costituiva una parte essenziale del tirocinio degli scribi: in particolare, le opere su cui si fondava il corso di studi primario risultano conservate in molte più copie rispetto alle opere caratterizzanti i livelli di istruzione più elevati, che soltanto un piccolo numero di studenti riusciva a raggiungere.
Il nucleo documentale che rivestiva maggiore importanza nella Biblioteca era rappresentato, soprattutto, dal gruppo di testi che la caratterizzavano come essenziale “centro di consultazione” per le attività svolte dai sacerdoti specializzati in tecniche esorcistiche, dagli indovini e dalle altre figure professionali che praticavano la magia in funzione della sicurezza spirituale del Re e del suo Regno; parimenti, venivano considerate di grande rilevanza anche le serie di manuali con scopi pedagogici e di ricerca, volti a conservare il livello di erudizione e di competenza tecnica di queste fondamentali professioni.
Oltre ai documenti della letteratura tradizionale, finora citati, esisteva anche una consistente quantità di tavolette cuneiformi contenenti la registrazione delle attività quotidiane degli abitanti della Mesopotamia, a partire dal Re fino ai semplici pastori: innanzitutto, vi erano gli “atti amministrativi” (nonché le “lettere”) che trattavano gli affari delle cosiddette “grandi organizzazioni” centrali, le transazioni che i Templi ed i Palazzi reali annotavano con abilità tecnica e costanza metodica nell’ambito di un accurato sistema burocratico e di contabilità; vi erano anche testi di lettere di carattere politico ed in materia di accordi internazionali; infine, in misura minore, erano presenti tavolette riportanti “atti legali privati” (nonché lettere di carattere personale) aventi ad oggetto, per esempio, compravendite, locazioni, prestiti, contratti matrimoniali, adozioni, testamenti.
Nel 612 a.C., la città di Ninive fu distrutta per mano dei Medi e dei Caldei: gli incendi che accompagnarono l’invasione della capitale assira, e che coinvolsero anche la Biblioteca, causarono la cottura delle tavolette cuneiformi ed il conseguente, ulteriore indurimento dei documenti d’argilla, evento che ne ha consentito la duratura conservazione nel tempo fino ai ritrovamenti archeologici effettuati nel corso del XIX secolo dell’epoca moderna; infatti, mentre i testi redatti su materiale scrittorio deperibile (papiro, pergamena, legno, cuoio, etc.) sono andati distrutti, le tavolette d’argilla sono state rinvenute molto spesso ancora intatte e leggibili, in formato integrale o frammentario, e costituiscono senza dubbio la fonte documentaria più importante e completa a supporto dello studio di millenni di storia mesopotamica.