È davvero dura la vita dello scrittore. Io gli scrittori me li immagino sempre chini sulle “sudate carte” a rischio emicrania, esaurimento nervoso e scoliosi.
Tutti grafomani pieni di complessi, tipo lo straziante complesso di Giovanni Battista (vox clamantis in deserto), che ne fa dei profeti, tanto inascoltati, quanto acclamanti delle verità che nessuno vuole conoscere, in questo arido mondo, dove l’immagine ha soppiantato la parola, l’azione il pensiero, e un fondoschiena o un paio di scarpette chiodate valgono più di un cervello sopraffino, riuscendo a smuovere persino i capitali degli editori, notoriamente imprenditori che fiutano gli scrittori di valore come un maialino salvadanaio, può fiutare i tartufi piemontesi (forse è per questo che preferiscono “rischiare” pubblicando le memorie di un’attricetta in cerca di fama o i ricordi di un idolo del pallone, rigorosamente riveduti, le une e gli altri, dai loro editors di fiducia, quando non addirittura dai loro ghostwriters).
“Lo scrittore è l’unico lavoratore” – mi ha scritto Angelo Ruggeri, un raffinato poeta e scrittore, conoscitore come pochi del mondo letterario classico – “che deve pagare per lavorare, anziché essere pagato per lavorare”.
Lamenta a ragione il Ruggeri come in Italia gli scrittori (anche quelli di valore) siano costretti a pagare per essere pubblicati.
Questa anomalia tutta italiana ha svariate e molteplici cause. In primo luogo io ci metterei la scarsa attitudine al rischio degli editori primari, sempre pronti a mettere in moto le loro rotative per i politici sulla cresta dell’onda e per i loro protetti e famigli, sicuri alfieri, non tanto di vendite in libreria, quanto di copiose elargizioni finanziarie e sussidi pubblici (v. la c.d. legge sull’editoria); per non parlare della già segnalata predilezione per i libri scritti dagli idoli del pallone e della TV (l’elenco dei calciatori, delle attricette e dei personaggi della TV che hanno pubblicato dei libri con gli editori più ricchi e famosi, sarebbe troppo lungo, ma sono certo che i loro scritti non passeranno certo alla storia della letteratura).
In secondo luogo segnalerei il fatto che gli italiani, popolo di navigatori, di santi e di poeti, è composto da innumerevoli poeti scrittori e da pochissimi poeti lettori (pare che il rapporto sia di 10 a 1; in Italia ci sarebbero cioè dieci poeti scrittori per ogni lettore; ed è chiaro che il povero lettore, sommerso da cotanti versi, sia costretto anch’egli a trasformarsi in poeta scrittore ovvero a desistere tout court dalla lettura).
Non voglio toccare il tasto degli editori minori: a fronte di alcuni editori davvero professionali (personalmente ho avuto la fortuna di conoscerne più di uno), esistono numerosi piccoli editori che sono degli imprenditori improvvisati, privi di capacità gestionali (e a volte anche di scrupoli), che tirano a campare facendo pagare costi e rischi di impresa agli scrittori che, trovando chiusa la porta principale, sono costretti a ricorrere alla stampa a pagamento (inutile aggiungere che una volta incassati i soldi questi sedicenti editori quasi mai si occupano della distribuzione; e i libri, a centinaia, e qualche volta a migliaia, marciscono nelle cantine dei poveri scrittori, cornuti e mazziati).
Cosa suggerire dunque agli appassionati scrittori che hanno molto da dire e non vogliono rinunciare al piacere di scrivere e di confrontarsi con i lettori?
Io suggerirei, innanzitutto, di non accettare mai dei contratti che prevedano l’esborso di danaro a favore di editori inaffidabili e fasulli; a meno che uno non sia proprietario di una catena di librerie, i 2/3 mila € consegnati all’editore non frutteranno una sola copia venduta e/o distribuita.
Oggi c’è la possibilità di pubblicare on line con la formula del print on demand; grazie alla rete un giovane scrittore che voglia farsi conoscere e vedere le sue opere pubblicate, con 500 max 600 € di spesa, ottiene dalle 50 alle 100 copie tutte per sé (da dare in omaggio a parenti ed amici ma anche da consegnare alle librerie in conto vendita); è già un buon inizio e si ottiene comunque la messa in vendita del proprio libro nelle catene di vendita on line (IBS, Libreria Universitaria, Hoepli, Feltrinelli, Amazon e quant’altro).
Per chi non ama troppo la carta, poi, c’è anche la possibilità di stampare e pubblicare direttamente un e-book (o libro elettronico) che avrà una diffusione ancor più capillare dei libri cartacei tradizionali. Insomma, uno scrittore può continuare a scrivere, senza doversi per forza svenare a favore di editori improvvisati e incapaci, restando in attesa di farsi conoscere, con la speranza di riuscire finalmente a pubblicare con case editrici più importanti che, rischiando in proprio i capitali, saranno costrette ad attivare i propri canali di diffusione e di vendita, al fine di rientrare nell’investimento effettuato.
A tal fine può essere utile anche il consiglio di partecipare a concorsi nazionali per inediti di poesia e narrativa, anche qui con l’avvertenza di evitare quei concorsi che richiedano il versamento di quote di partecipazione e di iscrizione; le case editrici serie non ne richiedono ma, alla ricerca di nuovi talenti (è il loro lavoro, in fondo), investono i propri capitali in concorsi seri, dove sarà loro precipuo interesse valutare gli scrittori che hanno stoffa, al fine di poterli lanciare nel mondo dell’editoria e della lettura.
Come ultimo suggerimento (ma non in ordine di importanza) c’è infine quello di aprirsi un blog, o un account, più o meno letterario, su Facebook o su Instagram oppure in altra piattaforma social.
È anche questo un modo di farsi conoscere a costo zero, che offre inoltre l’opportunità di incontrare e conoscere altri poeti e scrittori con cui scambiare emozioni, esperienze e informazioni utili a navigare al meglio nel periglioso mare dell’editoria italiana.