Tutti i marketer raccontano storie. Solo gli incapaci raccontano bugie.

(Seth Godin)

In questi ultimi anni, sentiamo parlare sempre di più di storytelling: sembra che l’arte di raccontare storie sia diventata una necessità condivisa da tante professioni e in tanti contesti diversi tra di loro, non solo nel campo del marketing. Ma cosa significa questo termine?

Lo storytelling è forse la più antica, e la più diffusa, forma di comunicazione esistente tra gli esseri umani: basti pensare alle immagini disegnate nelle pareti delle caverne, o alle storie raccontate intorno al fuoco nelle antiche civiltà. È però a partire dagli anni Novanta, negli Stati Uniti, che il “raccontare storie” diventa un’esplicita strategia di comunicazione, che si sviluppa secondo tecniche formalizzate, dapprima nel campo del management e del marketing, e poi in quello della politica. La narrazione, in quest’ultimo ambito, diventa un potente strumento di soft power, usato dal leader per produrre l’azione collettiva.

Abbiamo quindi già scansato un equivoco molto frequente: il marketing non ha inventato lo storytelling, lo ha semplicemente perfezionato. Prima che nascesse il marketing, prima che si inventasse la pubblicità televisiva, prima che la comunicazione assumesse un ruolo preponderante nella società, l’uomo si raccontava già molte storie. Perché? Fondamentalmente, per due motivi: le storie ci aiutano a comprendere meglio il mondo che ci circonda, e sono uno dei mezzi più efficaci che abbiamo a disposizione per divulgare le nostre idee. Possiamo anche fare un esempio concreto, prendendo un qualsiasi avvenimento (esempio: una donna che apre un negozio di pasticceria) raccontato in modo asettico, e poi raccontato usando lo storytelling.

Fatto raccontato in modo asettico:

  • Una donna di 34 anni ha aperto un negozio di pasticceria due anni fa e ora ha un buon numero di clienti fedeli.

Fatto raccontato usando lo storytelling:

  • Due anni fa, Anna si trovava in una cucina minuscola, con un sogno grande quanto una torta a tre piani. Dopo aver lasciato il suo lavoro monotono in ufficio, decise di seguire il profumo del burro e della vaniglia verso un futuro diverso. All'inizio, erano solo lei, un forno vecchio e le sue ricette della nonna scritte a mano. Ma ad ogni torta venduta e a ogni cliente conquistato, Anna ha costruito qualcosa di più di un negozio: ha creato una comunità. Oggi, il suo negozio di pasticceria è un punto di riferimento per chi cerca dolci che scaldano il cuore, e Anna non potrebbe essere più felice di aver creduto nel potere di un sogno zuccherato.

Anche solo da questo esempio, è facile intuire come la versione storytelling crei un legame emotivo con chi ascolta, coinvolgendolo non solo con i fatti, ma soprattutto mettendolo in relazione diretta con il viaggio, le sfide e il cuore della protagonista di quella storia.

Ed è proprio per questa sua capacità di coinvolgimento che lo storytelling è da tempo uno degli strumenti più utilizzati dai marketer, per i quali uno degli obiettivi principali è proprio quello di posizionarsi nel cuore e nella mente delle persone. Oggi, con l’overload informativo a cui siamo continuamente sottoposti, questo obiettivo è diventato sempre più difficile da raggiungere. Ecco allora che raccontare storie diventa indispensabile, per riuscire a far arrivare il proprio messaggio. A nessuno, infatti, interessa sentire un freddo elenco delle caratteristiche del prodotto. né tantomeno un elogio dei successi e dei meriti di un’azienda, ma direi di una qualsiasi realtà. Le storie che hanno maggior successo sono quelle convincenti, che promettono qualcosa, che fanno appello ai sentimenti e non alla logica, e che corrispondono alla nostra visione del mondo. E, soprattutto in questi tempi, dove si hanno a disposizione tanti strumenti per conoscere la realtà, quelle che ispirano fiducia e che sono vere.

Qui veniamo a un punto fondamentale: molte volte si è accusato e si accusa lo storytelling di falsificare la realtà, raccontando storie che non sono vere. Ovviamente, come tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, anche questo deve essere usato con le dovute accortezze, e bisogna sempre mantenersi fedele a una base etica.

L’autenticità si sta rivelando un valore sempre più importante nella nostra società: ed infatti le storie che funzionano non sono solo quelle raccontate bene, ma sono soprattutto quelle che il consumatore percepisce come vere, e che quindi sono in grado di far nascere un rapporto di fiducia. Con gli specchietti per le allodole, si può riuscire a ingannare le persone una o due volte, ma il marketing contemporaneo ha ben presente questo concetto: chi si sente ingannato non racconta agli altri la storia che ha udito. Se la storia non è autentica, può generare una vendita, non cento.

Il confine tra storytelling e menzogna è labile, è vero, ma abbiamo tutti gli strumenti per riuscire a vederlo sempre, in modo da poter sempre continuare a svolgere quell’attività bellissima che è raccontare storie da un lato, e ascoltarle dall’altro, appagando quella parte presente in ognuno di noi che ama le sensazioni, le emozioni, i sogni.