Si è da poco conclusa una mostra che mi ha particolarmente affascinato e cioè «La gravità delle forze nascoste» di Sasha Vinci alla Cappella dell’Incoronata, una delle sedi del Museo Regionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Palermo. La mostra curata da Serena Ribaudo si è posta come omaggio e dichiarazione d’amore alla città di Palermo. Così qualche giorno prima che la mostra si concludesse sono riuscito a intervistare Serena Ribaudo e approfondire questo progetto che esplora il tessuto urbano e sociale, attraverso un'esperienza artistica multisensoriale.

Come è nato questo progetto? E quali sono queste forze nascoste?

Già da tempo Sasha ed io ipotizzavamo di tornare ad intrecciare le nostre strade professionali. Apprezzo profondamente la poetica ed il lavoro artistico di Sasha Vinci, trovo nella sua creatività una fiamma che mai si sopisce. L'ho seguito con inesausta curiosità durante i suoi appuntamenti artistici degli ultimi anni che lo hanno visto a Venezia, a New York, a Napoli. E avevo precedentemente avuto il piacere di collaborare con lui in passate occasioni: tra le numerose, ricordo la performance La Grande Sete tenutasi allo Spasimo di Palermo, che ho curato con Lori Adragna, in occasione di Manifesta 2018.

Una visita alla Cappella dell'Incoronata, sede distaccata del Riso Museo Regionale di arte moderna e contemporanea di Palermo, e all'adiacente biblioteca di Palazzetto Agnello, è stata la scintilla che ci ha portati a questo nuovo progetto dedicato a Palermo e alla Cappella stessa. La Gravità delle Forze Nascoste è un omaggio, un dono alla città di Palermo. Al contempo essa si amplia e dilata i propri confini territoriali e geografici, anela a divenire una meditazione sull’umana condizione. Le Forze Nascoste sono quelle a cui ogni essere sulla terra soggiace. Dinanzi alle quali è impotente. E la trasmutazione artistica che ne fa Sasha Vinci in questa mostra è struggente. L’essere umano è essere universo. Religioso. Imperscrutabile.

Perché questa similitudine con il teatro? E quali sono questi tre atti?

La mostra è stata ideata come una sorta di opera in tre atti. Tre sono gli ambienti che ci ospitano e altrettanti gli interventi installativi. Ovviamente questi tre nuclei hanno profonde corrispondenze contenutistiche, estetiche, simboliche. Ricche di ampliamenti visivi e sinestetici. La navata unica della Cappella ospita l'opera scultorea Non si disegna il cielo. Il canto di Palermo che è l' ultima sorella di un ciclo iniziato da Sasha a Volterra e proseguito a Chiaramonte Gulfi. La grande installazione è poliedro di marmo, un Ottagono, ci appare quasi come un altare, come un' ara, ha le fattezze di un fonte battesimale. L'ottagono è inciso tanto sul piano che sulle facce laterali, un'incisione che ha un andamento grafico, sinusoidale. Magico.

Ma su questo tornerò più avanti. La cripta, luogo sotterraneo, ancestrale, una pancia della terra, ospita un intervento scultoreo che è una mappatura tridimensionale di una città ipotetica. Elementi naturali, biomorfi, dalle linee curvate e sensuose, dalla testura epidermica, tutti realizzati in una squisita terracotta, si alternano a elementi in cemento che ricordano un' architettura brutale, un' urbanistica contemporanea. Queste unità, questi "isolati" si dispongono con una ritmica sorprendente, creando un pattern musicale e disambiguante.

Tra le strade e le piazze, corone di pane e bistecche realizzate in piombo, si ergono a sculture monumentali, audace soluzione artistica. L'installazione della cripta è quasi una sorta di intermezzo, propone dinanzi agli occhi dello spettatore una sorta di futuro futuribile, dove naturalia ed artificialia si mixano, si integrano, dove i riferimenti a tutto ciò che è biomorfo ed organico riavvolgono indietro il nastro della storia del mondo. In ultimo, la biblioteca di Palazzetto Agnello ospita una scultura in alabastro.

È un’opera di una purezza diamantina, che mi commuove sempre. Pare sospesa, galleggiante in questo vuoto interminabile, in questo buio che ci riporta all'origine del tutto. È un'opera prometeica, delicatissima e potente al tempo stesso. Una piramide bianchissima e luminosa, quasi accesa da una fiammella interna. È un’Idea platonicamente intesa. E al contempo è un megafono, un amplificatore. Anche di questo tornerò a scrivere e a dare maggiori delucidazioni di qui a poco.

In che cosa consiste la multisensorialità della mostra?

Non è forse ciascuno di noi uno strumento sonoro che vibra ?E che si amplia e si dilata nell'immedesimazione con la natura? L'input della mostra è un suono. Il Suono. Il Suono di Palermo o meglio il Canto di Palermo. Sasha ha catturato, grazie all'utilizzazione di un drone che si è innalzato al di sopra dei Quattro Canti di Palermo – luogo nevralgico e cuore della città – lo Skyline di questa. E con fare subitaneo, senza edulcoranti o modifiche, ha "sovrapposto" la perspicua linea sinusoidale dello Skyline stesso a un pentagramma. Il risultato è, per l' appunto, una melodia: la melodia di Palermo. Una melodia sincera e al contempo poetica, che coglie le mutevolezze e le complessità del capoluogo siciliano. La sua natura tellurica e le sue dolci mollezze. Il Suono sembra essersi poi inverato e aver preso corpo negli apparati installativi, nella scultura, nella fotografia. La creatività di Vinci si è liberata da ogni vincolo coercitivo, ha creato un'opera d'arte totale, uno spettacolo immersivo e al contempo tangibile.

In più lo Skyline è stato poi inciso sulle lastre laterali del poliedro in marmo, in modo tale che il visitatore lo possa fruire con lo sguardo. Ma anche con il tatto. Sul piano della scultura è invece riportato graficamente il cielo sopra Palermo nella notte del 31 Dicembre 2023. Il “taglio” dell' incisione è imbevuta d'oro zecchino, l'effetto visivo è prezioso, ci pare di avere dinanzi quasi delle scintille, raggi notturni. Sphères étoilées, sfere stellate, per citare Baudelaire. La stessa forma espressiva totale, prodigiosa la ritroviamo anche nella biblioteca. La bella scultura in alabastro di cui accennavo sopra, oltre ad apparire come una piramide, o una tromba angelica? È un amplificatore del suono. In essa vi è una piccola fessura in cui puoi inserire il tuo cellulare e moltiplicare il suono da esso emesso.

L'opera nella biblioteca è densa di significati e di rimandi, ha una substantia antica, classica ma al contempo è modernissima in questa capacità di cogliere, accogliere, amplificare il "messaggio", il contenuto emesso da uno strumento che è dei giorni nostri, lo smartphone o l'Iphone. Si chiede al fruitore, qualora egli lo desideri, una partecipazione fattiva, vitale. Anzi attiva, nel senso che il suo gesto dà il "la" ad un ampliamento della percezione dell'opera e dello spazio che non è più semplicemente visiva, ma anche uditiva.

Potremmo dire addirittura tattile ed epidermica perché all'interno dello spazio avvolgente della biblioteca, il suono si trasforma quasi in una carezza. Per Sasha e per me, la prima visita nella biblioteca di Palazzetto Agnello (luogo poco utilizzato per scopi espositivi) è stata un vero Stargate. Lo spazio ci ha riportati all'archetipo delle grandi biblioteche del passato. Ma qui lo scenario possedeva una mancina deviazione: la biblioteca era completamente vuota, negli scaffali non c'erano libri. L'idea, estremamente semplice e contemporanea, è stata quella di riempire virtualmente quegli scaffali vacanti, quella biblioteca privata della sua motivazione d'essere grazie a quella infinita fonte di sapere che portiamo sempre nelle nostre tasche e nelle nostre borse: il cellulare.
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Qual è il rapporto di queste opere di Vinci con Palermo?

La mostra palesa l’amoroso rapporto che esiste tra l' anima di Vinci e l'anima di Palermo. La gravità delle forze nascoste nasce proprio nell’anelito di un omaggio al capoluogo siciliano. L’intera mostra (in tutte le sue opere) è stata ideata e realizzata per Palermo, per la cappella dell' Incoronata che è un topos della città stessa, ne svela il dna, la natura culturalmente e antropologicamente composita, l’epidermide antica, sacra, regale. Non a caso il materiale, pregiato e potente, che è stato prescelto per l' opera principale è il billiemi, marmo tipicamente panormita. E non a caso Il canto di Palermo ha un impianto ottagonale: l'otto ha una complessa e metafisica serie di rimandi di significati ma si richiama altresì ai Quattro Canti di Palermo detti Ottagono del Sole.

La specifica aderenza alle tematiche palermitane non impedisce di certo a Vinci, la possibilità di estrinsecare e di esprimere quel ductus profondo che caratterizza il suo sapere e la sua poetica: un originale e unico intreccio di interessi filosofici, scientifici, etici, teologici, poetici, musicali con uno sguardo specificamente rivolto all' ecologia ed alla possibilità di un nuovo mondo multi-naturale.

Non sono mai stato a Palermo e questa è una mia grande pecca, lo ammetto. Puoi descrivermi la scena artistica contemporanea? Quali sono le vibrazioni più originali?

Palermo, è da sempre, per la sua stessa natura, una fucina di immensa creatività. Tante sono le correnti di magma che la attraversano sotterraneamente per poi emergere con forza. In special modo negli ultimi anni il capoluogo siciliano sta vivendo, proprio per quello che concerne l'arte contemporanea,un rinascimento. Ti invito a venirci a trovare!