Siamo state molto insieme l’estate scorsa, Jenny ed io, più di qualsiasi altra volta e, anche se da remoto, è stato molto bello e intenso il nostro parlarci, ridere, scherzare, tanto che abbiamo avuto la balzana idea di scrivere, per gioco, una delle confidenze amene intercorse tra una risata e l’altra. Scrittura come testimonianza delle “parole tra noi leggere” (Lalla Romano), ma anche espressione del piacere e della bravura di Jenny nel raccontarsi, tanto che abbiamo avuto la “sfrontatezza” di volerla pubblicare. Eravamo felici di questa nostra bravata pseudo-adolescenziale, davvero leniva i pensieri bui e, non sapevamo fino in fondo, o meglio, volevamo non sapere quale sarebbe stato l’epilogo impensabile nella realtà.

Sento la sua risata contagiosa e vedo le margherite azzurre dei suoi splendidi occhi brillare nel presentare, soprattutto alle sue “amiche preziose”, il racconto-memoria che abbiamo tessuto insieme. Mi verrebbe da iniziare la nostra storia con un “C’era una volta…”, come tutte le storie che si rispettano, in più, essendo l’ultima scritta da Jenny, per lo meno, con quello che ci è dato di conoscere, ha anche un carattere di sacralità.

E l’inizio della narrazione è scandito dalle parole in musica di Endrigo che abbiamo ascoltato insieme.

Era d'estate e tu eri con me
Era d'estate, poco tempo fa
Ora per ora noi vivevamo
Giorni e notti felici senza domani…

(Sergio Endrigo)

È dolce e languido lasciarsi andare e attraversare antiche esperienze d'amore. Il pensiero vagola zigzagando nei meandri della mente e, come lasciandosi perdere nei fotogrammi di un film, rivede, rivive, vibra di memorie non completamente sepolte, che trovano uno spazio disponibile ad accoglierle.

E capita che, proprio nei momenti più critici della vita, la mente ricorra a queste vecchie storie per trovare conforto, per aprire a panorami diversi, per dare sollievo ai dolori, spesso impensabili. Sembrerebbe impossibile, quando si ha la mente ingombra di preoccupazioni e il cuore è pesante di dolore, trovare spazio per altro, per fantasie apparentemente futili e dissonanti rispetto alla drammaticità della verità emotiva contingente, sembrerebbe quasi sacrilego abbandonarsi a pensieri altri, così lontani, così discordanti con la realtà.

Ma la mente ha bisogno di nutrirsi anche di queste storie così vibranti di emozioni positive per contrastare la cupezza e il dolore della realtà che rischia di paralizzare il vivere oltre che il pensare, e questo ricorrere al "parlare come sognare" infatti è lenitivo, serve per "leccare le ferite degli affanni" (Grotstein).

Forse l'estate con la sua temperatura calda, morbida, a volte rovente, induce ad indulgere in queste memorie, che sono appunto molto apparentate ai sogni, entrambi infatti si nutrono di immagini emotive che danno figurazione a sensazioni, desideri, vibrazioni a volte appartenenti ad un'epoca passata, oppure sono attuali ma sono rigorosamente nascoste perché non del tutto ammesse alla coscienza.

E allora in una pigra serata d'estate, quando il tepore del clima e la dolcezza dei colori, conciliano parole leggere e balsamiche, ecco germinare pensieri danzanti tra me e Jenny e, a poco a poco, si è fatta strada questa confidenza che parte da un tempo lontano.

È un parlare come sognare, dicevo, è un mettere in parole un'esperienza molto connotata emotivamente ed è stato piacevole per noi due condividerla con pensieri che rimbalzavano dall'una all'altra toccando corde vibranti all'unisono...

Ecco la voce di Jenny:

“Ricordare alla mia età vuol dire rivivere momenti che hanno lasciato emozioni indelebili, vuol dire provare ancora, sia pur per un tempo limitato, l’ebbrezza di quella situazione così indimenticabile e sentirsi ancora un po’ come allora.

Uno dei ricordi a me più cari, e che ora mi fa molto sorridere, è la mia prima "cotta", ovvero il mio primo innamoramento , unilaterale ovviamente ,ma che è durato per alcune estati. Correva il 1968, i miei primi 17 anni. Alla televisione avevo seguito con molto interesse le puntate dello sceneggiato il Conte di Montecristo. A parte la trama, ero rimasta affascinata dal protagonista, Andrea Giordana, un bell’attore con barba, particolare questo che mi è sempre piaciuto negli uomini. Da brava adolescente mi ero procurata il poster dell’attore che mi aveva così colpito, ma dato che non mi era concesso appenderlo in stanza da letto, l’ho appiccicato dentro all’armadio a muro che conteneva i miei libri di scuola.

Così ogni volta che l’aprivo, un’occhiata a quella foto mi faceva fare un sospiro sognante. Finché arriva l’estate e, come ogni anno, da Milano saliamo ad Asiago in villeggiatura. Le vacanze allora duravano da metà giugno fino almeno a metà settembre. Quell’anno in casa con noi c’era una ragazza mia coetanea, bambinaia della mia più piccola sorellina, Francesca, nata a marzo di quell’anno, 10 anni dopo Elena, la seconda sorella. I miei genitori ci avevano ben distanziate! Di Celina, questo era il nome della Tata, ero diventata subito amica. Così andavo volentieri con lei a passeggio quando portava fuori Francesca in carrozzina.

Sembra proprio che tu fossi emotivamente predisposta a provare nuove sensazioni, pronta a rischiare, a metterti in gioco. Pronta per un nuovo incontro...

Infatti un giorno siamo capitate in una località chiamata Bellocchio dove d'inverno ci sono le piste da sci più facili e d’estate…novità per me: quell’anno c’era anche un maneggio. Oh caspita, che bella sorpresa! Mi misi a guardare i cavalli montati dagli allievi, quando all’improvviso il mio sguardo cade su un ragazzo che appoggiato fuori dalla staccionata assisteva anche lui alla lezione. Da lontano mi è parso subito assomigliasse al conte di Montecristo. Lo scrutai attentamente: era già di per sé proprio un tipo interessante: alto, longilineo, molto distinto nel suo look da cavallerizzo e inoltre con la famosa barba. Beh, lo so, le ragazze di oggi, e non solo di ogg, iniziano a conoscere le emozioni molto prima della mia età di allora, ma ero cresciuta a scuola di suore cosa posso farci? In più a casa mia c’era la regola che avrei potuto frequentare i maschietti solo dopo i diciott’anni. Povera me!

Tanta paura e tanto desiderio: cos'è successo dentro di te?

Almeno avevo provato finalmente il mio primo batticuore e anche prima dei diciott’anni. Allora ero di una timidezza e imbranatura uniche con le persone dell’altro sesso. Mi limitai a guardare il mio bel cavallerizzo solo da lontano e a immaginare come poter conoscere qualcosa di lui. Quando salì su una Mini Morris grigia, dalla targa capii che era di Padova. Ho in mente dei numeri, non so se il probabile Alzheimer mi permette di ricordarli in modo esatto (PD461904) o è solo un ricordo della demenza senile.

Caspita: addirittura la targa. Sembra un'incisione nella mente questa sigla che racchiudeva la possibilità di contatto col principe della tua fiaba.

Naturalmente tornai più spesso al Bellocchio, ma niente di nuovo se non limitarmi a guardarlo da lontano.

Allora la tua mente adolescente quale piano diabolico ha escogitato?

Capii che forse l’unico modo per conoscerlo era quello di prendere qualche lezione di equitazione. Solo il desiderio di conoscerlo mi poteva spingere a fare una cosa del genere! Io, poco sportiva, amante degli animali ma mai avvicinata ad un cavallo. Però se avevo deciso di farmi notare senz’altro avevo trovato il modo migliore: ci vollero due persone per riuscire a farmi salire a fatica in sella al cavallo! Peccato o forse molto meglio che proprio quel giorno della prima lezione il mio Montecristo non ci fosse. Una volta sopra, nonostante la mia altezza, mi sembrava di essere in bilico a cavalcioni di una torre. Mi prese un po’ di paura ma finsi di fare l’indifferente. Piano piano, molto piano, le cose migliorarono; altre lezioni mi portarono a capire il ritmo del trotto, non certo il galoppo, ma ad essere pronta per fare una passeggiata nei boschi.

Bisogna dire che sei bella tosta quando vuoi realizzare un desiderio, eh? Il tuo modo di fare solitamente così pacato, dolce e conciliante, in realtà nasconde un animo appassionato che non demorde...Una determinazione solida, insospettabile.

Fu davvero un’esperienza suggestiva anche se avventurosa. Nel frattempo tutto il mio impegno era stato premiato dal fatto che finalmente avevo scambiato qualche parola con il mio cavaliere. Niente di più. Del resto, mi dicevo, interessante com’è, chissà quante ragazze ha e non certo una imbranata e timida come me poteva colpire il suo interesse. L’estate passò senza grandi sviluppi. Se non, non ricordo come, la sua mamma e la mia si erano conosciute e avevano familiarizzato. La sua aveva intuito che avevo una simpatia per il figlio e quasi a volerlo scusare che proprio non mi calcolava disse alla mia: “Sa, i miei ragazzi sono ancora molto giovani pensano solo a divertirsi, non guardano le brave ragazze“. Mannaggia, la prossima volta che nasco, non voglio proprio essere una brava ragazza! Intanto era arrivato settembre.

Sembra che sia stata potente la tua tenacia per raggiungere lo scopo. L'estate era finita, ma nel teatro della tua mente e (non solo) la storia col conte di Montecristo continuava, non conosceva limiti.

Ci fu un episodio storico che fece ridere fino alle lacrime la Tata Celina. In un pomeriggio di circa metà mese, ci fu il trasferimento dei cavalli nelle loro sedi invernali. Dei mezzi di trasporto adatti a loro per il viaggio erano parcheggiati e ad uno ad uno vidi i cavalli salirci sopra. Mi resi conto che l’estate era finita, che le vacanze erano arrivate quasi al capolinea e soprattutto che, assieme ai cavalli, il mio conte di Montecristo sarebbe partito pure lui. La tristezza fu più forte di me e nonostante non fossi una da lacrime, scoppiai in pianto allontanandomi dal maneggio, seguita da Celina che rideva, quella lazzarona, a crepapelle, avendo capito la ragione di quelle lacrime. Passò quasi un anno. Avevo compiuto i famosi diciott’anni, avevo fatto la maturità e preso la patente di guida.

Ormai non ti avrebbe fermato più nessuno, avevi raggiunto l'età della patente per tutto...

Avevo iniziato a frequentare un gruppo di ragazzi milanesi, avevo mosso l’attenzione di alcuni di loro e cominciai a essere corteggiata. Questo finalmente risvegliò una maggiore sicurezza e fiducia in me come donna. Era ora di ritornare ad Asiago! Certo che pensavo ancora al mio bel Montecristo ma in modo mi sembrava diverso e più distaccato. Una mattina ero nel centro di Asiago e avevo parcheggiato la mia 500 azzurra davanti ad una Jeep dei carabinieri. Ricordo ancora che indossavo un vestito a fiori: ero finalmente vestita da donna. Stavo infilando la chiave nella portiera, quando all’improvviso sento un “ciao” alle mie spalle.

Eri pronta per un tuffo al cuore…

Mi giro: il cuore incomincia ad andare a 1000: era proprio lui che mi salutava: Giorgio. “Ma la sai guidare?” mi chiese con ironia e aria sfidante mentre io mi stavo riprendendo dall’emozione. “Certo, ho preso la patente!” Risposi spavalda. “Ma te la cavi anche con i posteggi?” “Adesso ti faccio vedere. Salii in macchina, ingranai la retromarcia e… Boom! Un bel colpo addosso alla Jeep… Beh, l’emozione per l’incontro si era concentrata sul piede dell’acceleratore. Scoppiammo entrambi a ridere…Era fatta! Almeno la conoscenza aveva cominciato a consolidarsi. Riuscimmo allora a frequentare insieme un gruppo di ragazzi villeggianti e alcuni del posto che avevamo come conoscenza in comune: Alida l’estetista, Roberto detto Bardoa, Mario maestro di sci.

Intanto il tuffo ti porta anche ad entrare in un gruppo e inizia anche la tua attività seduttrice, e alla grande…

Sì, uno di questo gruppo mi invitò una sera in una discoteca e mi fece la sorpresa di infilarmi, con mia riluttanza naturalmente, in una fila di ragazze che aspiravano in quella serata organizzata per l’evento, ad essere ammesse alla finale di Miss Veneto a Grado per la selezione a Miss Italia. Odiando quel ragazzo, ma alla fine prendendola sul ridere mi ritrovai prescelta insieme ad altre due con tanto di invito scritto per la finale. Beh, dai! Allora tanto brutta non ero! Con quella compagnia di ragazzi e con Giorgio facemmo insieme qualche gita spensierata, un giro in Mini anche a Padova, persino una serata a ballare al Millepini. Sì, mi ha invitato a ballare anche un lento…Ricordo che aveva una camicia viola, aperta davanti come allora usavano i ragazzi.

E misteriosamente, quasi miracolosamente, inizia un giro vorticoso di valzer sentimentale col famoso Giorgio…

Da allora è successo un fatto nuovo a cui non sono mai riuscita a dare una spiegazione precisa. Il mio bel cavallerizzo ha preso l’abitudine di passare quasi tutte le sere dopo cena a casa mia a prendere il caffè e a fare due chiacchiere. C’era naturalmente anche mia madre in circolazione la quale (soprannominata dai miei futuri amori ”La suocera impossibile”) godeva anche lei della conversazione con il mio amore. Abbiamo brindato anche quel settembre, forse il 9 (se non sbaglio), al suo 22esimo compleanno. Una sera è stata particolarmente divertente. Il principe è arrivato di corsa più tardi del solito, veniva dalla pianura diceva. Mentre gli preparavo il caffè in cucina, era solo in sala, posizionato sulla sedia a dondolo. Quando ho aperto la porta in sala…L’ho trovato che si era addormentato della grossa! Chissà cosa aveva combinato prima! Sono andata con la tazzina del caffè in mano a chiamare Celina…lui continuava a dormire e noi a ridere in silenzio alle sue spalle!!! Il mio Conte di Montecristo, alias Giorgio M., rimarrà sempre un ritaglio della mia vita dolcissimo, molto ingenuo, che rispecchia una giovinezza in erba e castigata, ma ugualmente divertente e spensierata.

Ma anche i principi, sono umani...Altro che bella addormentata nel bosco. È davvero una storia solleticante, divertente, anche ingenua, vissuta in maniera molto seria ed intensa da te, ma Giorgio probabilmente non era ancora pronto per corrispondere ad una aspettativa così forte, talmente forte da essere incisa nel libro della memoria a caratteri indelebili. Ma questo lasciarti andare sull'onda dei ricordi che riverbero emotivo ti suscita? ripensandoci come ti sei sentita?

Posso dire che entrare nel ricordo non è stato per me tanto una nostalgia del passato, ma ritrovare lo stimolo per alleggerire il presente e il futuro in quella carica vitale antica da riscoprire perché, inconsapevolmente, è cresciuta e fatta adulta insieme a noi.

Sì Jenny, proprio così, una sorta di saggia follia, di più, di necessaria follia. Ed ora, per affrontare il futuro, cosa ti frulla nella mente?

Penso di essere una attempata signora la cui età finalmente le permette ogni iniziativa o quasi!

Aiuto! C'è da aspettarsi di tutto, allora.”

Cara Jenny, così terminavamo la nostra storia ridendo, immaginando quale delle tue estemporanee e meravigliose pazzie avresti inventato, e ripassavamo i nostri mitici incontri: le cene di natale, il weekend a Villa Simplicitas, le splendide giornate nel tuo Veneto, la serata della “pizzica”, le gonnelline di tulle, le coroncine di fiori nei capelli, il locale esclusivo con due cuochi raffinatissimi solo per noi…

Ma sappiamo, ahimè, quale volo vorticoso hai spiccato, lasciandoci ammutolite con la punta del naso rivolta in su, incredule, doloranti, cercandoti, inconsolabili, nella “musica delle sfere”…No, ma no, in realtà sei sempre con noi: sei noi. Abbiamo dentro la memoria implicita del tuo corpo così sensorialmente presente, così sentito…I tuoi colori, il suono della tua voce, la tua allegria, ormai fanno parte di noi, sei parte di noi. Io parlo al femminile perché mi riferisco in particolare alle “amiche preziose”, tua creazione, però so bene che ci sono tanti affetti al maschile che sono stretti in un legame di un bene infinito.

Ma, sai Jenny, nonostante la tua presenza così vicina, quasi “incarnata”, nonostante il dono di te che costituisce un impagabile arricchimento, sentiamo forte il dolore della mancanza, della perdita di quella parte di noi che viveva solo nel rapporto con te, e che non potrà mai esserci con nessun altra persona in quel modo lì, quella parte di noi che è volata via con te, non potrà esistere più e questo è un dolore non facile da vivere.

E allora, come non sentire sulla pelle gli implacabili versi di John Donne che graffiano l’anima senza pietà:

Non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te

Come è dolorosamente vero! Oh Jenny, era d’estate e tu eri con me…