Osart Gallery è lieta di presentare Behind the Walls, la prima personale italiana dell'artista sudafricano Feni Chulumanco (1994), con un corpus di opere che racchiude temi e valori che hanno già contribuito a regalargli visibilità in patria.

Il giovane artista autodidatta racconta una storia di orgoglio e isolamento, dove prova ad evadere dalla sua “zona di s-comfort”, rappresentata visivamente sia dalla teca in vetro nella quale incapsula i suoi soggetti, sia dalle mura dello scenario domestico all'interno del quale ambienta i suoi dipinti. Il contesto casalingo assume quindi una doppia connotazione, dove il ruolo tradizionale di rifugio confortevole e pieno d'amore si contrappone alla sua reale funzione (nel caso dell'esperienza di Chulumanco) di covo, quasi una sorta di stanza antipanico che non permette l'accesso a pericoli o minacce esterni. In questo modo, Chulumanco sceglie di descrivere la sfera privata piuttosto che gettare luce sulle tristi vicende che sono all'ordine del giorno in Sudafrica, regalando agli spettatori un senso di comunione universale e permettendo loro di guardare oltre il muro.

I riferimenti all'infanzia e alla giovinezza dell'artista sono schiaccianti nei suoi dipinti, dove ogni singolo dettaglio si rifà ad un'esperienza, o ad un personaggio chiave della sua crescita personale e artistica. Le ambientazioni domestiche sono infatti ispirate ai ricordi della casa della nonna defunta, a Langa, dove Chulumanco si trasferì molto giovane insieme alla madre e ai fratelli. Tappeti e piante si mescolano così ai soggetti, colti indaffarati con le faccende domestiche o mentre si scambiano gesti di affetto (come in Umthetho Wekhaya), o ancora, intenti a svolgere le più comuni azioni quotidiane (Night food/Supper).

I soggetti di Chulumanco non hanno volto. Tale caratteristica è a volte ironicamente contrapposta dalla presenza di un autoritratto ghignante appeso al muro delle stanze dove le scene sono ambientate. La mancanza di connotati facciali fa riferimento sia allo stile delle maschere tradizionali dell'Africa occidentale, sia alla rappresentazione della solitudine provata dall'artista, una compagna onnipresente che si incarna nei “grembi vitrei” che cullano e proteggono come fossero una presenza materna, e che nutrono e incoraggiano le proprie creature.