“Vorrei un iPad uguale, identico a questo qui che non funziona più.”
“Certo. Ecco questo è uguale al suo.”
“Allora se è uguale mi può aggiustare questo?”
“Ma il suo è un 6, questo è un 10 di ultima generazione. Guardi può andare qui ma anche lì e poi ci sono anche queste opzioni!”
“Guardi, lo uso solo per scrivere e per inviare quello che ho scritto; con l’iPad riesco a fare due, al massimo tre operazioni.”
“Ah! Allora lo prende o vuole ripensarci?”

Lo prendo e ha inizio il mio viaggio verso gli inferi. Quello che era un piacere: correre nel primo pomeriggio in studio e tentare di scrivere pensieri e racconti che al mattino, in stato di grazia, la mente produce in sintonia con gli elementi della natura, sta diventando un incubo.

Non riconosco le icone -sono uguali all’altro- ma non le vedo. Il cambiamento mi acceca. Chiedo aiuto a Gerardo una volta, una seconda, prendo appunti, mi tranquillizzo un pochino, ma me lo sento ostile.

Sono in ritardo.

Devo inviare al “Settimanale di Ravenna e Dintorni” l’elenco di partecipazioni, di collaboratrici e collaboratori e loro specifiche discipline -suoni, riprese, fonica, montaggio, …e infine i ringraziamenti. Tre giorni pieni pieni.

Per Parisi, premio Nobel per la Fisica, è più facile prendere il Nobel che convincere i condomini a installare pannelli solari.

Ecco.

Per me è molto più facile scrivere un racconto che compilare esattamente, senza dimenticare nessuno, l’elenco di amiche e amici che parteciperanno al mio prossimo evento.

Mi sono persa.

Alle 11 di sera con l’elenco compilato, si blocca la mail e non parte. Niente da fare. Ho provato 47 volte: 47 bozze. Alle due ho preso una pillola intera di Lorazepan e mi sono messa alla ricerca del sonno. Anche lui bloccato. Il giorno dopo mi sono detta: Se l’iPad non funziona provo con le mail nel cellulare.

Mai idea fu più funesta. Per tre volte ho scritto l’elenco e per tre volte mi è sparito nel nulla.

Il seduttore

Arriva a casa distrutta. Una giornata di lavoro intenso, faticoso. La porta non si apre. All’interno sente la televisione che va a tutto volume. Prova e riprova; ecco si apre.

Nella sala, lui se ne sta sospeso, avvolto da una nuvola di cuscini e coperte con il telecomando in mano. La televisione, per forza centripeta, anche lei è sospesa alla stessa altezza.

La vede, scende con i piedi a terra e le dice: “All’esame per il rinnovo patente il medico mi ha detto di ritornare con gli occhiali perché non sono riuscito a leggere le lettere. Però mi avrebbe rimandato comunque perché è uno stronzo. Gli ho fatto ombra; quando sono entrato con nostra figlia ha avuto un attacco di invidia perché ha pensato che era la mia compagna”.

Lei tranquilla risponde con un veloce “Impossibile” e lui “Si, in effetti nostra figlia è precisa a me, impossibile confonderla con una mia eventuale compagna.”

A lei viene una incontrollabile crisi di nervi e come fa di solito, invece di spiegare con calma, gli urla le ragioni per le quali nessuno al mondo, vedendolo ora, può neanche lontanamente pensare, che sua figlia possa essere sua moglie.

Ha questo difetto, con lui ragiona urlando come una pazza. Sa che se ne andrà definitamente in una di queste crisi di nervi. La loro figlia, è una giovane signora, elegante e di una bellezza gentile, raffinata. In una piccola città come questa, belle come lei se ne contano in una mano sola.

Per lui è normale che vedendo un vecchio in tuta, con stampelle, dall’aspetto trascurato, e una giovane ed elegante signora si pensi che sia la sua compagna.
In questi momenti pensa che gli uomini -quasi tutti- sono esseri inferiori. Si sentono onnipotenti, Dei scesi dal cielo e come gli dei appunto, sono pronti a combinare i malanni più orrendi.

Perché tutto questo è possibile? Le sorge un dubbio e si chiede se tutta questa onnipotenza dell’altro non dipenda da lei. Certo, la colpa è sua: sempre lì a fare la spesa, a cucinare, a lavare, a stirare, a preparagli il cibo, a ordinare e controllare le sue medicine -ordinarle pure via mail.

Certo, la rivoluzione delle donne inizia dentro casa nel rapporto con il marito ma anche nel rapporto con figlie figli e dati i tempi con i cani, sempre più presenti e a volte più protetti e curati dei famigliari. Con i gatti la storia è diversa.

La testa le sta scoppiando e anche se in un ritardo lungo quasi una vita intera mette in atto la sua rivolta e di lì ripartirà.

In una valigia infila gli integratori -potrebbe aprire un’erboristeria- che non abbandonerà mai e se ne va.

L’artista

Ho un pensiero che in questi giorni mi tormenta. Credo di aver perduto, senza possibilità di ritorno, il lavoro al quale ero più affezionata.

Le mie origini partono dai manoscritti. Riempivo i quaderni neri dell’infanzia con storie scritte e figurate. Non erano fumetti o come si chiamano ora, graphic novels: scrittura e immagini se ne andavano ognuna per la propria strada, l’una non era commento dell’altra. Ognuna poteva vivere in solitudine, ma insieme, come accade nelle relazioni, si arricchivano di significato. Aver smarrito il primo manoscritto, il più completo, il migliore, quello dal titolo ‘Le stanze della memoria” che narrava l’origine della mia passione per i luoghi dell’arte, vuol dire aver smarrito me stessa.

Tutti i pomeriggi qui in studio lo cerco inutilmente e non trovo e tutti i pomeriggi cresce la mia angoscia. Sono circondata da una montagna di confusione, ma ero sicura di averlo appoggiato al limite del grande tavolo bianco, dove tengo i lavori che non posso perdere. Invece se ne è andato e per me sono giornate di lutto.

E il resto del mondo? Tutto bene grazie. L’Iran si sta suicidando… giovanissime e giovanissimi vengono ammazzati per le strade…E non solo loro. La guerra nucleare che è stato il nostro incubo, ora sembra avverarsi, ma non ci fa più tanta paura. Ora ci fa paura la mancanza del gas per il riscaldamento invernale e il caldo ammalato di un ottobre inoltrato ci rincuora. Ci tranquillizza un po’ meno la siccità.

Ma tra poco ci pioveranno addosso miliardi di euro, la manna scende dall’Europa, ma sfiorerà poco o niente Sanità, Pubblica Istruzione ed Energie rinnovabili. Chissà perché.

Dicono che il nostro tempo stia finendo però tutti in silenzio a pochi passi dal baratro continuiamo a parcheggiare le auto sui marciapiedi, a transitare con il semaforo rosso, ad investire pedoni soprattutto quando attraversano la via sulle strisce pedonali.

Sempre a testa bassa continuiamo a camminare -poco- a mangiare, a guidare qualsiasi mezzo; sicuri di essere gli unici al mondo, viviamo aggrappati ai nostri inseparabili IPhone perché tutti gli altri sono lì connessi come noi.

Procediamo sempre così, a tentoni, in reciproche cecità. Si, tutto come prima, forse un po’ peggio.