Ognuno di noi è qui per raddoppiare i propri talenti. Questa indicazione, nella sua essenzialità, manifesta con chiarezza e potenza uno dei possibili scopi della nostra esistenza. Dobbiamo ammettere che per sostenerci in questa missione di ricerca di senso ci sono stati dati una quantità pressoché infinita di strumenti e possibilità. La Vita, la Natura, la Divinità, ognuno la definisca come conviene al suo credo, ha preparato un terreno di gioco davvero stupefacente per permettere agli esseri umani di compiere questa missione: il pianeta Terra. Abbiamo ricevuto in dote, oltre ai nostri individuali specifici talenti, anche i mezzi per poterli manifestare e sviluppare. Questo globo enorme nell’universo ha impiegato miliardi di anni per apparecchiare tutta la ricchezza di cui potevamo aver bisogno per dare un significato alla nostra permanenza, affinché potessimo praticare ogni attività ed esperienza, per permetterci di utilizzare, amplificare e far brillare le nostre capacità.

Dall'ingegneria genetica alla panificazione, dall'erboristeria alla meccanica di precisione, l'oreficeria e la chirurgia, dal surf alla scrittura creativa, si può essere un sarto, un liutaio o un atleta, un guaritore o uno scalpellino, costruire ponti e cercare tartufi, suonare l’arpa, ballare il tango , addomesticare animali, scoprire la miglior ricetta per il cioccolato, aggiustare ossa rotte, annodare tappeti, conoscere i segreti delle piante, far ridere le persone a crepapelle, educare i bambini, cuocere una forma di terra e trasformarla in un capolavoro. Ecco, noi siamo esseri in grado di fare capolavori. Ognuno di noi lo è, con i propri talenti.

Questa dinamica prolifica ha funzionato finché abbiamo mantenuto il contatto con la nostra dote, oltre che con le nostre doti. Cioè tenendo in un rapporto di equilibrio e di scambio ciò che era peculiarmente nostro con ciò che il pianeta ci metteva a disposizione. E per migliaia di anni è andato tutto bene, perché abbiamo lasciato fare alla natura e la natura è l’unica cosa che, se la lasci fare, genera abbondanza. Un serbatoio gigantesco di risorse rinnovabili. Ad un certo punto ci siamo fatti prendere la mano, siamo diventati talmente bravi a sviluppare i nostri talenti che abbiamo pensato di poter fare meglio di lei, e abbiamo distorto l’armonia tra le nostre capacità e le risorse che avevamo a disposizione.

Non so con precisione quando, ma ad un certo punto abbiamo pensato di essere così abili nel gestire questo pianeta, da pensare di poterne gestire anche un altro. Sono certamente moltissimi e molto diversi i motivi per cui gli esseri umani hanno iniziato a pensare di poter andare su altri pianeti. Va bene l’innata curiosità portata all’estremo, ma la sensazione che lo spazio sulla Terra potesse un giorno non bastare e che l’impatto delle nostre attività stesse causando un irreversibile impoverimento hanno sicuramente giocato un ruolo determinante nella ricerca scientifica e tecnologica. Altrimenti non si giustificherebbero investimenti politici ed economici di tale portata, e la curiosità sarebbe rimasta nella letteratura, nel cinema, nell’arte.

Quindi ecco che abilità e risorse straordinarie hanno portato l’uomo sulla Luna.

Da quel momento con percepibile accelerazione la Terra è stata saccheggiata ed immense energie sono state dedicate alla ricerca di possibilità di vita extra-terrestre. Non solo romanticamente intesa come “altre forme di vita” ma come possibilità per gli esseri umani di sopravvivere in un ambiente diverso da quello terrestre (diciamo per come era la Terra fino a qualche decennio fa).

Siccome è ormai certo che la realtà superi di gran lunga la fantasia, potremmo per gioco immaginare di elaborare tutte le versioni fantascientifiche che sono state prodotte sull’argomento “vita su un altro pianeta”, e avremmo un’idea di quanto potremmo essere vicini ad essere in grado di sopravvivere in un “ambiente ostile” con le conoscenze tecnico-scientifiche di oggi. Rimanendo in questo gioco potremmo anche immaginare che tutto il lavoro che stiamo facendo per studiare come sopravvivere e come vivere su un altro pianeta potrebbe presto rivelarsi utile alla sopravvivenza su questo, quando lo avremo reso invivibile. Sarebbe proprio quell’ironia tipica della sorte. Alla vita piace il pensiero laterale. “Chi l’avrebbe mai detto…”

Effettivamente, moltiplicando i nostri talenti in maniera esponenziale siamo riusciti a produrre cibi che ormai di naturale non hanno quasi più nulla, e a costruire case a tenuta stagna, con un sistema per la regolazione di temperatura, aria e umidità, case sigillate, dove non si devono aprire le finestre. Se questo avviene per le comuni nuove costruzioni e ristrutturazioni di appartamenti in Italia, non oso immaginare di cosa siano dotate le case a Dubai. Esistono città dove la vita degli individui trascorre esclusivamente in ambienti artificiali, con luce artificiale, con aria condizionata, attraverso percorsi obbligati, tunnel e passaggi che “consentono di evitare” il contatto con l’ambiente esterno. Condizioni di vita quotidiana di intere comunità strutturate per escludere il contatto con l’ambiente naturale: il mito dell’Hi-Tech. La terra è sporca e piena di pericoli (macroscopici e microscopici): stiamole lontani.

La sensazione è che ci si stia preparando ormai da anni, più o meno senza rendercene conto, a vivere su “un altro pianeta”. Un habitat più ostile, arido, tossico, pieno di radiazioni, di malattie e ipersensibilità che ci rendono più deboli. Un pianeta più povero di nutrimenti, di risorse, di energia e soprattutto dove ogni cosa viene controllata da macchine. Se non vogliamo dire che stiamo vivendo già su un altro pianeta possiamo comunque renderci conto che siamo molto avanti con i preparativi. Ma siamo davvero sicuri che si potrà fare?

Siamo davvero sicuri di essere preparati a vivere senza acqua potabile? Siamo davvero sicuri di poter vivere su un pianeta nel quale dovremo portare le mascherine per non infettarci tra di noi stando dentro ambienti sigillati in atmosfera controllata perché l’aria fuori non si potrà più respirare? Ma soprattutto, lo vogliamo veramente?

Sicuramente rispetto a doversi trasferire su un altro pianeta ci sono due enormi vantaggi: avremo risparmiato i soldi del viaggio e avremo ancora la forza di gravità a sostenerci. La gravità è il cordone ombelicale con il nostro mondo, senza il quale il nostro corpo smetterebbe piano piano di funzionare. Anche quando avessimo distrutto tutto ciò che ha di meraviglioso, il sostegno della Terra lo avremmo ancora. Gli umani chiamano questa disposizione “amore incondizionato”. Sarebbe bello che fossimo tutti in grado di comprendere il vero significato di queste parole: il sostegno della Terra.

Che ce ne rendiamo conto o meno il nostro organismo è connesso inscindibilmente a questo pianeta e siamo fatti per stare insieme. L’aspetto stupefacente di questo legame è duplice: da una parte ci rivela quanto noi e il nostro pianeta siamo un organismo vivente unico, un sistema complesso di moltitudini di individui tenuti in vita dalle loro connessioni e relazioni, una Bios che evolve sempre alla ricerca di un nuovo equilibrio, e dall’altra parte accoglie l’aspetto più spirituale dell’incarnazione. Qualunque sia il nostro credo, immaginando che ci sia un prima e un dopo, o anche niente, quando ci manifestiamo come esseri viventi, fatti di questa materia, con questo corpo, allora siamo terrestri. Finché siamo qui, in questo tempo, rispondiamo alle leggi della vita di questa precisa e insostituibile individualità, ne facciamo parte. Prima di tutto siamo terrestri. Anche questa parola sarebbe bello che venisse rivalutata. Forse così sarebbe più facile ricordare che la nostra salute dipende dalla sua salute.

Molti di noi si dimenticano che essere terrestri è una qualità, ed è una qualità che condividiamo con tutto il resto della Vita manifesta. Semplicemente ce ne dimentichiamo, perché distratti da molte altre definizioni o qualità che definiscono (e spesso circoscrivono) la nostra individualità. Alcuni, forse per compensazione, si dedicano con grande impegno alla vita eterna, agli aspetti spirituali e più sottili dell’esistenza, svalutando quelli concreti, quotidiani e materiali del nostro qui e ora. Il risultato è che sono troppo pochi quelli che si sentono terrestri prima di qualunque altra cosa, che si sentono parte di Lei, fatti della stessa sostanza, della stessa materia e della stessa energia, che rispettano le sue leggi come proprie, che scelgono di vivere la loro “vita terrestre” nutrendosi dei suoi doni e nutrendola con i propri talenti. Se ci sentissimo più terrestri saremmo sempre pieni di gratitudine, perché ci accorgeremmo che ogni giorno, ma proprio ogni giorno, la Terra ci sostiene. E fa sbocciare un fiore per noi.