È questo uno dei motti che stanno scritti sui quadranti delle meridiane e che mi sembra particolarmente significativo a ricordare che, se la luce non splende, il nostro cuore non trova il conforto della parola, resta muto ed è incapace di segnalarci il trascorrere del tempo della vita.

Da poco il Sole, divino astro, ha raggiunto e subito oltrepassato il suo apice nel solstizio, il momento nel quale il Sole si ferma al suo punto più alto e sosta per un attimo come in sospesa fissità:

Sol stat Sol sistit
altus quam maxime
in summo caelo
Supremus rex
potens super omnia
et immutabilis supra mundum universum
Divina lux.

Non sta più salendo nel cielo e ancora non ha iniziato a discendere ma rapidamente comincia a declinare ed ha inizio il semestre del Sole discendente che si concluderà al solstizio d’inverno quando l’astro sembra morire tra le brume dell’orizzonte per poi rinascere come “sole nuovo” e risalire nel cielo.

Una fulminea immobilità, un’immagine di pura intensità, fuoco che brucia e danza con infiniti colori del giallo, dell’arancio, del rosso, trionfo di forza e potenza.
Simbolo luminoso del divenire, del cambiamento, dell’impermanenza della condizione umana, come a ricordare che nulla dura per sempre.

Ogni cosa raggiunge la sua completezza e di nuovo inizia la sua discesa in un incessante processo di morte e rinascita, in un instancabile andare e ritornare della spola sulla trama della vita, a fare e disfare il disegno sul tessuto dell’esistenza.

Nei tramonti esagerati il Sole inizia impercettibilmente a “rotolare via” come la testa mozzata di San Giovanni che la tradizione cristiana celebra con un’evidente opera di sostituzione del rituale arcaico.

Giano, il misterioso dio bifronte della tradizione romana, custode della ianua, la porta, come dice il suo nome, di tutte le porte, sta a guardia anche di quelle solstiziali.

Nell’antica religione greca, infatti, i due solstizi erano chiamati “porte” ed erano simboli di passaggio, di confine tra due mondi, quello finito e quello trascendente: quella per entrare nell’inverno al 21 di dicembre era la porta degli dei; quella d’estate il 21 di giugno, la porta degli uomini.

Giano reca nella mano destra lo scettro, nella sinistra la chiave a simboleggiare la sua duplice funzione regale e sacerdotale che rimanda al doppio potere sul mondo contingente e su quello dello spirito.

Secondo la tradizione orfica il Solstizio d’estate è la soglia attraverso la quale l’anima fa il suo ingresso nel mondo della sua temporanea incarnazione.
È la Grande Porta degli uomini che si apre alle forme della vita fisica e alle leggi della Terra.
Attraverso di lei possiamo connetterci profondamente alle motivazioni che ci hanno portato alla nostra presente condizione di esistenza e ritrovare il collegamento con la nostra consapevolezza originaria.

Secondo l’antica mitologia babilonese il Sole celebra il suo trionfo sposandosi con la Luna ovvero la Grande Madre.
Le acque della Luna fecondate dal fuoco del Sole nello sposalizio solstiziale generano energia benefica per l’umanità al pari delle erbe bagnate dalla rugiada che in questa notte assume poteri miracolosi.

Sì, poiché questo è tempo di incantesimi, di “donne medicina” che si riunivano attorno al sacro albero del noce per celebrare i loro rituali, notte di mezza estate nella quale ogni cosa vive un’altra vita, notte di incontri magici e straordinarie visioni, notte per raccogliere erbe portentose che terranno lontani i demoni per un anno intero e assicureranno fortuna e desideri realizzati
L’artemisia, consacrata ad Artemide la sorella lunare del solare Apollo, che avrebbe insegnato agli uomini il potere magico di questa pianta che allontana i diavoli con la sua forza apotropaica.
La verbena simbolo di pace e prosperità, l’iperico scacciaspiriti un amuleto da portare sul corpo durante la notte.
La felce maschio da sempre considerata magica. Raccolta nella notte di solstizio e messa accanto ai soldi li mantiene e li fa crescere. Solo in questa notte da lei si genera un fiore misterioso che non esiste e porta l’animalità a trasformarsi in umanità.
I frutti del ribes, rossi come fuoco, chiamati “bacche di san Giovanni”.

Nel vortice consumistico dell’estate, nella frenesia del calore cocente, nelle immagini di un presunto, possibile divertimento senza fine ricordiamo che il Sole è una divinità dalla lunga storia e come tale esige una invocazione adeguata un omaggio devoto, una liturgia di saluto, un sacro rito della parola.

Sole solitario e potente
Sole caldo e lucente
Sole di vita annuncio di luce, portatore di fecondità
Sole di perfezione
Sole invitto
Sole infuocato
Sole che accendi l’Universo
Sole incandescente
Sole felice
Sole generoso
Sole amabile
Sole vivificante
Sole albeggiante
Sole d’immensa, incommensurabile bellezza
Sole di crescente calore
Sole che abbracci ogni creatura
Sole che splendi in ogni luogo
Sole che infiammi la fiaccola della passione
Sole d’antico ardore, di luminoso incanto
Sole che scaldi il cuore e accendi il sentimento
Sole alto nel cielo d’oriente
Sole d’occidente che sereno scendi nell’abisso
Sole rabbuiato
Sole magico
Sole insuperato
Sole dormiente nel buio della notte
Sole dell’orizzonte
Sole divino
Sole alto sul monte più alto
Sole ammantato di mistero, avvolto con nastro dorato
Sole invocato
Sole antenato
Sole illuminato d’ardimento
Sole che guidi la barca sul mare
Sole che aiuti ad attraversare
Sole sul fiume a riposare
Sole a picco sul lago incantato
Sole che sorgi libero e giocondo
Sole che reggi l’universo mondo
Sole di giugno
Sole di settembre
Sole che rinasci ad ogni dicembre
Sole trafitto come cuore fremente
Sole incandescente
Sole d’amore e innamorato
Sole danzato
Sole di infinito fulgore
Sole racchiuso nel cerchio infuocato.

Fiaccola abbagliante
Pavone del firmamento
Spirito che illumina il mondo
Sole della divina unicità
Samas antico dio di Sumer
Custode della stirpe di Achenaton
Horus di Eliopoli signore.

Sole che incendi le sacre pietre per profetare le maree
Sole che arrossi il cammino verso il picco della sapienza antica
Sole sovrano della Terra, figlio di Viracocha.

Giovane guerriero che muore ogni sera e risorge ad ogni mattino.

Sole che ride perché è rinato
Sole che piange come san Giovanni decollato
Sole che nasce Sole che muore
Sole che fai luce sugli inganni
Sole di misericordia
Sole di lode
Sole che colpisci lontano
Sole che lampeggi sulla Terra nutrice di armenti
che partorisce il frumento.

A te son care le cime sublimi dei monti
Febo Apollo nella chioma inanellato
da mani pure, in acqua limpida lavato, nel sacro bosco di alberi affollato.

Fuoco acceso per propiziare il grano
cenere sui campi coltivati
quando sogno e realtà sono mischiati.

Grande onore a te Madre-Sole
che sorgi al mattino e ci accogli con viso radioso,
ci incontri dolcemente,
dolcemente ci abbracci
Noi ti salutiamo con gioia.

Dea Sunna Signora Sol
seduta sulla pietra nuda a filare con il fuso d’oro nell’ora che precede il levarsi del Sole
Astro cocente affondato come lama affilata nella sabbia del deserto
Sole che infuochi la terra rossa degli antichi altipiani
Cuore che pulsa di vita immortale,
che ogni cosa asperge di glorioso nutrimento lustrale.

Liquore brillante di frutti,
di intenso calore trionfante
Nuova luce di un giorno nascente.

Divino Sole
riconosco la tua forza
Ho imparato a credere nella tua potenza
che la Terra accoglie
perché ogni seme si schiuda
perché la vita continui a donarsi,
perché ogni creatura possa rinascere come fiore a primavera,
come gemma di germogli illuminata,
come frutto succoso dell’estate dai tuoi raggi addolcita.

Rosso, giallo, color dell’oro
splendente come rotondo perfetto gioiello,
impallidito dalle brume,
avvolto dall’umido manto della nebbia
Il tuo volto torna sempre ad apparire.

Radiosa era la vita
quando si danzava in tuo onore
nella casa delle danze
senza scordare l’armonia dell’alba
che imbianca il cielo della notte.

Quando il Sole è salito alto nel cielo
l’antica Signora aveva di nuovo soffiato la vita
Il latte scorreva dal seno della Madre
Il capo era stato spalmato di ocra rossa
Lungo le spirali della pioggia
i simulacri divini avevano ripreso il cammino.

Il sacro rito era compiuto.

È stato faticoso trovare parole luminose che non fossero più di tanto offuscate dalla patina di tristezza che permane negli occhi e nel cuore nonostante gli sforzi per immaginare una serena e rasserenante vacanza.

Si respira il desiderio di stare racchiusi nel silenzio della penombra, di ritrovare i profumi diversi di estati diverse, di intrecciare i fili del tessuto stellato di lunghe notti solitarie.

Ho dovuto spostarmi sul piano del sacro per rendere omaggio alla Natura che celebra la sua forza e continua a manifestare tutta la sua bellezza.

Il mese di luglio è una sorta di spartiacque da assaporare intensamente per accogliere nel nostro cuore quanto più calore possibile così da alimentare i sentimenti e le emozioni di cui abbiamo grande necessità.

Dobbiamo affidarci alle intuizioni del sentimento poiché è da lì che possiamo dare e ricevere l’energia calda che risveglia la nostra appartenenza all’eterno fuoco dell’amore.

A cura di Save the Words®.