La città eterna si conosce soprattutto per essere stata impero e potenza conquistatrice. Eppure vi è una parte della storia di Roma che è narrata solo marginalmente ma che ci dà la cifra della sua originaria forza che nasce ai tempi del mito. Quando si parla di questo aspetto primevo sono in molti a dire che Roma non ebbe un apparato mitologico proprio o se non pari a quello greco. Vi è una ragione e vi è una contraddizione in questa affermazione.

Di Roma, non si esaltano i miti poiché è lei il mito in pietra. Mentre la contraddizione sta nel fatto che la città eterna ebbe un apparato mitico originario che nulla ha da invidiare a quello greco. Per conoscere tali originarie storie sacre dovremmo far riferimento alla vicenda leggendaria più conosciuta, ovvero quella di Romolo e Remo e quindi al sacro giorno della fondazione, ma dovremmo altresì ricordare come si giunse a quella vicenda. Questa narrazione può essere creduta o no, ma non v’è dubbio che il mito fonda la realtà di ogni cosa creata e quindi la vicenda è storia vera e mai nessuna città è stata brava come Roma a storicizzare il mito.

Ci troviamo quindi ad Alba Longa, luogo in cui re Proca regnava ed alla cui morte lasciò il regno al maggiore dei suoi figli, Numitore. Ma il fratello, Amulio non rispettò il volere del padre e cacciò il fratello, relegandolo nei poderi fuori città. Numitore aveva due figli, uno venne ucciso durante una battuta di caccia dallo zio Amulio, un omicidio; l’altra era una femmina: Rea Silvia/Ilia. Lo zio vide anche lei come problema per assicurarsi il trono ed invece di ucciderla la obbligò a divenire una vestale. Questa giovane fanciulla sarà la madre di Romolo e Remo. Come è possibile dato che le vestali erano sacerdotesse vergini preposte alle cerimonie sacre e custodi del sacro fuoco?

Quando il corso degli eventi deve arrestarsi poiché la storia necessita di un nuovo corso, il mito si fa partecipe di nascite straordinarie. In quasi ogni cultura vi è l’unione tra un dio e una vergine che principia una nuova fase. Una fase grandiosa. Così avvenne. Rea Silvia, ad Alba Longa, da vestale vergine, era preposta come le altre di suo stesso destino, a preparare pietanze sacre per i sacrifici. L’acqua cui attingevano per tali miscele era di fonte. Solo per procurarsela o per officiare ai riti era concesso a queste fanciulle sacre di uscire nel mondo profano. Così avvenne per Rea Silvia principessa vestale.

Ed è nel mondo fuori che avvenne l’incontro che cambiò il corso della storia. Immaginiamo quindi la scena, immaginiamo la futura madre incedere forse con un vaso d’argilla da riempire o già colmo d’acqua per sacrifici alzare la testa al cielo e osservare le nubi addensarsi grigie e cupe. Rea Silvia è colta da un temporale. È sola, le appare un lupo, animale simbolo di Marte. Non teme e si rifugia in una grotta. Le appare uno spettro, una creatura d’aria che si fa via via più nitida come può esserlo un dio. È Marte che la fa sua possedendola. Non una violenza bensì l’opera del dio che deve dare vita, tramite lei, al primo re, capostipite del più grande popolo del mondo. Una ierogamia! Rea Silvia resterà vergine poiché consacrata al fare divino.

Atroci pene però erano inflitte alle sacerdotesse di Vesta che non rispettavano la regola della verginità. Rea Silvia non può nascondere il suo ventre gonfio…

Contro di lei si sarebbe infine scatenato lo zio Amulio che tutto aveva fatto pur di non avere contendenti al trono. Ma oramai le carte erano scoperte. Fu imprigionata e partorì due gemelli, nascita straordinaria. La notizia di tale vicenda iniziò a circolare e con essa la storia vera che aveva raccontato Rea Silvia per discolparsi, ovvero che era stato un dio, il dio Marte ad ingravidarla. Numitore tornò in città e si rivolse al consiglio. Tutti ascoltarono le ragioni che Rea Silvia aveva enunciato. In molti le davano credito poiché a Roma la nascita gemellare era simbolo di straordinarietà. La vestale non stava mentendo. Ma la legge era legge. Rea Silvia aveva infranto il divieto di generare figli. Amulio, re di Albalonga ordinò di gettare madre e figli nelle correnti del Tevere. A Rea Silvia furono legate le mani…

La storia sacra ci narra che fu salvata dal dio Tiberino che la fece sua sposa. Le acque del Tevere contengono e sono la vestale che diede vita a Roma.

I gemelli approdarono, protetti dalla cesta cui erano stati posti, su una riva del Palatino. Divino colle che dopo qualche anno divenne il centro del mondo grazie a Romolo che ivi fondò, il 21 aprile, Roma.

Furono trovati da Faustolo e allattati da una lupa: Acca Laurentia. Un’altra donna matrona di Roma che offrì il suo corpo affinché il volere divino si compiesse. La città eterna divenne mito in pietra ed ancora lo è. Il padre di Roma fu Marte che sempre ne ha protetto i confini e a permesso la sua espansione. Dal seme divino al ventre di una donna, al più potente impero della storia.