Riecheggia limpida la citazione dal celebre film di Francis Ford Coppola del 1992, Dracula di Bram Stoker, in cui un elegantissimo Gary Oldman nei panni del Conte si rivolge alla sua splendida Mina, interpretata da Winona Ryder, amata da sempre e perduta in un istante, desiderata per quattro secoli e ritrovata in un palpito, dopo uno straziante e indelebile rifiuto di quel credo religioso per cui tanto aveva lottato in vita. Oltre la morte, oltre il confine tra il Bene e il Male, oltre quello tra la giustizia e l’iniquità e, soprattutto, oltre il tempo, questo amore fantastico e tormentato è riuscito a sopravvivere. Tale inedita rivisitazione della storia originale del vampiro di Stoker ha fatto sognare diverse generazioni, pur essendo di fatto inesistente nel romanzo del 1897. Si può dire, però, che la trama di questo film sia stata quasi certamente l’unica a non essersi distanziata troppo, se non per alcuni aspetti, da quella originale: come non citare, a tal proposito, Dracula Untold, in cui uno statuario Luke Evans, per ottenere la vittoria contro la minaccia dell’esercito turco, stringe un patto con un demone dalla pelle grigiastra e consunta dall’oscurità della caverna rocciosa in cui si è rintanato? Tale scena, palesemente ripresa in una sorta di citazione metacinematografica, è stata riproposta anche in Midnight Mass, una serie del 2021 in cui un confuso sacerdote celebra questo stesso legame con un “angelo” bevitore di sangue. Indimenticabile, inoltre, il mitico Van Helsing, film fantasy e d’azione del 2004 che racconta la vicenda di Dracula guardandola interamente dalla prospettiva del medico olandese, in questo film tramutato in un formidabile guerriero con il giaccone di pelle e la balestra, coadiuvato dal Frankenstein di Mary Shelley e da una principessa mora in pantaloni attillati. Sorvolando sui vampiri-teenager di Twilight, non ci si può non soffermare sui decadenti ed elegantissimi personaggi di Intervista col vampiro, custodi del segreto di un’immortalità sfiorita, in cui persino la bellezza è caduca perché eterna solo nell’arte e nel ricordo.

A misura d’uomo, invece, i vampiri ne Le notti di Salem, sbocciati dalla penna del re King, che ha voluto, nel 1975, immaginare una serie di personaggi e vicende capaci di ricordare quelle della Transilvania di fine Ottocento, seppure distaccandosene parecchio, grazie a un tocco modernizzante e americanizzante; inoltre, l’ottimismo finale con cui si conclude Dracula, in cui, secondo la visione del suo autore, il mostro straniero e arcaico non può che essere sconfitto dagli emancipati uomini di scienza, amanti della tecnologia e del progresso (si ricordi a tal proposito l’innovativa, per quel tempo, conoscenza delle trasfusioni sanguigne di Van Helsing; la registrazione del diario di Seward su cilindri fonografici e la competenza di Mina nella stenografia), non si ripropone in Salem’s Lot, di gran lunga meno a lieto fine perché in esso l’oscurità e l’irrazionale vincono sulla ragione.

Perché non parlare, poi, della recentissima serie tv inglese della BBC, ideata da M. Gatiss e S. Moffat, trasmessa nel 2020 in tre puntate? Un concentrato di british humour e atmosfere voluttuosamente gotiche, come nella più classica delle versioni, ma al contempo un caleidoscopio di modernità, capace di strizzare l’occhio al politically correct e alla simbologia, e in cui Van Helsing diventa donna e si unisce, in fine, metaforicamente a Dracula, suo continuo alter ego a cui è simile per acume e brillantezza, in un eterno bacio mortale che li condurrà entrambi verso un lento agonizzante alleviarsi di ogni sofferenza. La letteratura sul tema, però, ha origini ben più antiche: Il Vampiro è il titolo del volumetto firmato da John W. Polidori, che dà il nome alla raccolta, edita da Edizioni Studio Tesi, che riunisce al testo sopra citato anche vari scritti di altri autori. Tra essi, un Frammento di Lord Byron, un racconto anonimo della tradizione popolare, ma soprattutto la fonte più preziosa, L'Antefatto di G. Franci e R. Marangoni, in cui è spiegata l'origine di questo personaggio letterario tanto ambiguo quanto magnetico: è riportato che in una sera di giugno del 1816, nel salotto di Villa Diodati in Svizzera, alcuni illustri letterati, tra cui Byron, il suo medico Polidori, Mary Wollstonecraft, Percy Shelley e Claire Clairmont, scelsero di dilettarsi per gioco nella creazione di storie gotiche. Byron propose, infatti, ai componenti della sua allegra e sofisticata compagnia di inventare ognuno un diverso racconto sui vampiri: quella sera nacque il sopra citato testo incompiuto di Byron, Frammento, e prese vita anche il seme che avrebbe proliferato in altre storie, come quella di Frankenstein di Mary Shelley e quella firmata dal Dottor Polidori, che la scrisse prendendo spunto dal racconto di Byron, ampliandolo e personalizzandolo.

In questa storia delle origini, il vampiro è un nobile affascinante dai modi misteriosi, estremamente pallido per la sua condizione di limbo tra la vita e la morte, con un forte potere di seduzione e sempre in cerca del sangue di una vergine, che ha la missione di sposare entro la notte di Halloween, in seguito alla quale, altrimenti, troverebbe la fine, dissolvendosi come cenere al vento. Mancano ancora, però, alcune caratteristiche sviluppatesi in seguito e ritrovabili in Stoker, come gli affilati canini, il disagio nel contatto con la luce del sole e, al contrario di quanto descritto nelle più moderne storie, l'esclusività del sangue nella sua dieta quotidiana: si ciba infatti, regolarmente, di pietanze condivise dagli umani, dorme in un letto caldo, invece che in una bara, e vive in Inghilterra, invece che nei Carpazi. Confrontando questo testo con il romanzo di Stoker, inoltre, si può notare come nel secondo il vampiro abbia anche poteri sovrannaturali, a tratti capaci di associarlo simbolicamente a un antieroe e superuomo novecentesco, come la capacità di mutare forma (assumendo quella di pipistrello e di nebbia); la forza sovrumana; l’agilità estrema.

Stoker ci mostra, con meticolosa cura scientifica, anche molte delle debolezze di questa creatura: la sua mente, come spiega Van Helsing, è tornata infantile e può impiegare secoli a riacquistare capacità intellettuali da adulto; il suo potere di trasformazione di giorno non esiste e, dopo l’alba, è costretto a tornare a dormire su terra sconsacrata; può vivere in eterno, ma si consuma in mancanza di sangue e può essere ucciso solo mediante il taglio della testa e un paletto di legno conficcato nel cuore; l’ostia e le croci lo atterriscono tenendolo lontano e, se riposte nella terra sconsacrata in cui riposa, gli impediscono di tornarci. Pur avendo tenuto presente alcune regole del nuovo romanzo naturalista ottocentesco, Stoker è riuscito a immortalare su pagina una storia davvero piacevolmente leggibile anche ai giorni nostri, raccontata attraverso l’alternarsi di più voci narranti e punti di vista interni, in forma epistolare e diaristica, passando dalle pagine del diario di Jonathan Harker alle lettere di Mina e Lucy, fino ai diari, ai telegrammi e alle note, anche di altri personaggi. È lampante, dunque, come scritto sopra, l'attenzione e la passione di Stoker per le innovazioni tecnologiche e la modernità, suo faro guida.

Tornando al personaggio del vampiro, è dunque palese che, già all'epoca di Byron, esistesse questa figura oscura: come, allora, è realmente nato questo mito? Ovviamente in tempi precedenti, da credenze popolari, da sempre custodi delle nostre più recondite e ataviche paure, caratterizzate dall'unione di più leggende europee in cui questi "non morti" non rappresentano altro che l'antica paura che un defunto possa tornare in vita per tormentare i vivi. Introvigne, autore italiano di un saggio sul vampirismo, attesta che il concetto di vampiro comincia a farsi strada nell'immaginario collettivo nell'Europa del Settecento, dopo che ne furono segnalati casi in alcuni villaggi ungheresi in Moravia e Serbia tra il 1693 e il 1725, testimoniati anche da gente colta, come medici militari. Inoltre, andando ancora più a ritroso nel tempo, pare che la prima testimonianza di una leggenda su un demone assetato di sangue sia riconducibile ad una tavoletta babilonese; non mancano richiami nemmeno nel mondo greco-romano. Il sangue, infatti, è da sempre stato considerato come l'elemento fondamentale della vita stessa, quello essenziale, di cui privare qualcuno a cui si vuole estirpare l'afflato vitale, nonché l'unico da offrire in un sacrificio (si pensi ad esempio a quello cristologico del Cattolicesimo).

Omero nell'Odissea ci ha regalato versi stupendi sul sinistro richiamo esercitato dal sangue sulle ombre dei morti:

Poi che con voti e con suppliche ebbi pregato le turbe
dei morti, afferrate le bestie, lì le sgozzai
sopra la fossa: fumido il bruno sangue scorreva;
esse accorrevano a frotte dall'Erebo l'ombre dei morti [...] alla fossa accorrevano a frotte da tutte le parti
con alte grida: e io fui preso da pallido orrore.

I Greci, inoltre, credevano in una sorta di spettro, Èmpusa, solitamente di sesso femminile che circuiva i viventi per poi divorarli. Tra i Latini, invece, Orazio e Apuleio usavano il termine lamia, -ae indicante una strega malvagia e potentissima che richiama il personaggio del vampiro, anche se è bene, a tale proposito, rifarci al quarto libro della Vita di Apollonio di Tiana di Filostrato (autore greco del II-III sec. d.C.) in cui è narrato di quando Apollonio sventò l'attacco di una di queste figure demoniache ai danni di un giovane e bellissimo uomo, Menippo di Licia, che stava per sposarla, ammaliato e annebbiato da lei. Citando un passo: "Perché possiate comprendere meglio, sappiate che la seducente fidanzata è un Vampiro, una di quelle Empuse che il popolo chiama Lamie o Mormolyce".

Flegone Tralliano, autore greco del II sec. d.C., ci parlava in Fatti mirabili di Philinnio, di una giovane ritornata più volte dalla tomba per incontrare il suo amato, alla cui esistenza da demone pose fine il profeta Ryllus che ordinò di far bruciare il cadavere fuori dalle mura della città. Andando avanti nel tempo, ricordiamo il racconto del colonnello britannico Percy Fawcett, ricercatore di El Dorado che nel 1925 scomparve nella giungla amazzonica, il quale aveva ascoltato dagli indios numerose storie sui Duendes, gli spettri dei defunti che perseguiterebbero i vivi: secondo una sua testimonianza, una volta, due ufficiali boliviani, avendo visto una bellissima ragazza, sorteggiarono con una moneta chi dei due avesse potuto corteggiarla e, in seguito, colui che vinse sparì il giorno seguente; la sua testa mozza fu ritrovata sul pavimento della stessa casa diroccata in cui era stata vista la giovane. Quella casa, in realtà, non era abitata più da tempo e si pensò che la donna fosse una duende, un fantasma che poteva essere visto solo dai forestieri, le sue prede preferite.

Ritornando alla letteratura ottocentesca sul tema, è chiaro, quindi, che Byron e Polidori non furono gli inventori del mito, in realtà antico quasi quanto l'uomo, ma non sono altrettanto espliciti i legami e le sequenze di gestazione delle varie opere su questo tema: non si sa se La sposa delle isole, il testo di Anonimo presente nella raccolta di Edizioni Studio Tesi, sia stato scritto precedentemente o successivamente rispetto al Frammento di Lord Byron, presentandone di fatto le stesse caratteristiche; Lord Ruthven è, inoltre, il nome dei personaggi di entrambi i racconti e anche di quello di Polidori, che potrebbe però averlo preso in prestito anche dal romanzo Glenarvon di Lady Caroline Lamb.

Tra le altre opere ricordiamo Il Vampiro - storia vera di Franco Mistrali del 1869, scritto circa trent'anni prima dell'opera di Stoker e solo di pochi decenni successivo a quello di Polidori; esso, oltre ad essere uno dei primissimi romanzi sui vampiri della letteratura italiana, lo fu anche tra tutti i lavori sull'argomento in generale. Quest'opera di Mistrali, ispirata dal Romanticismo e a tratti ancora da influenze neoclassiche, è un romanzo storico ricco di riferimenti a teorie pitagoriche sulla reincarnazione e a vampiri che, più che apparire nelle vicende, vengono spesso menzionati e presentati come mostri mortiferi che mordono le loro vittime sul petto, vicino al cuore. Carmilla di Le Fanu del 1872, invece, fu probabilmente la prima versione femminile del celebre non-morto, caratterizzata da una complessità e una cura psicologica del personaggio molto più impegnative degli altri, oltre che da contenuti poi pienamente riproposti nei romanzi moderni sul vampiro, come i fattori dell'eterna giovinezza, dei denti aguzzi, della bara usata come letto e una dieta sospetta. Ricordiamo, infine, anche l’opera di Antonio Daniele, che ha riunito nel volume Vampiriana otto racconti di letterati italiani, scritti tra il 1885 e il 1917, tra i quali ritroviamo persino Emilio Salgari, autore di storie gotiche e di fantascienza, Le Meraviglie del Duemila, e Capuana, oltre a Ernesto Francesco Morando e Giuseppe Tonsi.

Dopo questo pittoresco excursus sulla leggendaria figura del vampiro, così tanto diffusa in diverse culture ed epoche, abbiamo conosciuto meglio questo personaggio, mutevole e a tratti anche romantico, splendido esteriormente e dannato nell'anima, anelante in fondo come tutti noi ad una propria personale pace interiore. Per il Dracula di Coppola, non c'è dubbio su quale sia:

L'uomo più fortunato che calpesta questa terra è chi trova il vero amore.

Bibliografia

A. Daniele (a cura di), Vampiriana. Novelle Italiane di Vampiri, Keres Edizioni, 2011.
Bram Stoker, Dracula, Feltrinelli, 2015.
Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana, IV: trad. in Gianni Pilo-Sebastiano Fusco (a cura di), Storie di vampiri, Roma, Newton & Compton, 2003, pp. 971-72.
Massimo Introvigne, La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai nostri giorni, Milano, A. Mondadori, 1997.
Maurizio Bettini, La Letteratura Latina, La Nuova Italia, 1996.
Montague Summers, The Vampire in Europe, Londra, Kegan Paul, Trench, Trubner & Co., 1929, pp. 3-7.
Omero, Odissea, XI, 34-44.
Polidori, Il Vampiro, Edizioni Studio Tesi, 2009.
S. King, Le notti di Salem, Pickwick, 2015.