Aleksandr Puškin e Alexandre Dumas: cos’hanno in comune questi due grandi del Romanticismo? Apparentemente poco: il primo russo, il secondo francese, il primo considerato dai russi il padre della lingua e della letteratura nazionali, il secondo snobbato dalla critica come buon artigiano ma nulla più. Eppure, i due sono talmente simili da aver dato vita ad una curiosa leggenda metropolitana: Puškin e Dumas sarebbero addirittura la stessa persona.

Partiamo con ordine. Il 10 febbraio 1837 Puškin muore in duello con il barone francese Georges D’Anthes, presunto amante della moglie Natalia Goncharova. A quel tempo il giovane Dumas era pressoché uno sconosciuto, autore di qualche dramma storico. Qualche anno dopo la sua fama esplose: nel 1844 escono I tre moschettieri mentre nel 1846 arriva Il conte di Montecristo. La bizzarra teoria si muove su altri binari: sia Puškin che Dumas erano di origine africana, fatto che, se oggi è comune, all’inizio dell’Ottocento era una rarità: il russo era nipote di Abram Petrovič Gannibal, ex schiavo eritreo del sultano turco riscattato e adottato dallo zar Pietro il Grande del quale divenne generale. Dumas era figlio di Alexandre Dumas, un ex schiavo haitiano divenuto generale di Napoleone, e il giovane Dumas aveva anche tratti simili a quelli del poeta russo morto prematuramente.

Poi vi era lo strano interesse di Dumas verso la Russia: all’epoca la letteratura russa non era rinomata come oggi e se era normalissimo che un nobile russo parlasse perfettamente il francese, era assolutamente anomalo che un francese conoscesse la lingua e la letteratura russe. E Dumas era ferratissimo in entrambe. Infine, l’autore uno e bino avrebbe lasciato tracce di questo nelle sue opere: il duello di Puškin pare prefigurato nel racconto Un colpo di pistola contenuto ne Le novelle del compianto Ivan Petrovič Belkin, ma il segnale più profondo l’avrebbe lasciato Dumas ne Il conte di Montecristo il cui protagonista si chiama Dantes, forma contratta di D’Anthes, il francese che avrebbe ucciso in duello Puškin, quasi un omaggio al suo liberatore. Il quale aveva a sua volta tratto giovamento da quel duello, andando via dalla “Russia barbara” e facendo una brillante carriera nella natìa Francia.

Resta l’ultimo impiccio: di Dumas sappiamo tutto, nome del padre e data di nascita (era più giovane di Puškin di quattro anni). Come può Puškin essersi sostituito a lui? E perché il “sole della letteratura russa” sarebbe scappato dal suo Paese?

Come Dante, padre della letteratura italiana, il “sole della letteratura russa” aveva una posizione politica vicina alla dissidenza: era stato vicino ai decabristi che avevano tentato di rovesciare lo zar Nicola I, e frequentava le società segrete. Per sorvegliarlo meglio, lo zar gli aveva ritirato il passaporto, e quindi il nostro non poteva espatriare in Francia come pare desiderasse. Sappiamo da un giornale che nel 1832 Dumas rimase ferito dalla polizia per aver partecipato a manifestazioni contro Luigi Filippo. Secondo la teoria, a questo punto il morto sarebbe Dumas, non Puškin. Il quale si sarebbe volentieri sostituito allo scrittore anche grazie alle comuni origini nere. Altra stranezza: Puškin venne sepolto con un funerale notturno, a bara coperta. Come lo zar Alessandro I, il vincitore di Napoleone, che (e stavolta la cosa è quasi certa, perché la tomba fu trovata vuota dai bolscevichi quando la profanarono) finse la sua morte per diventare l’eremita Fëdor Kuz'mič.

Cosa c’é di vero? Quasi certamente nulla. Questa teoria è nata in questi anni, perlopiù in ambienti culturali russi. Però sarebbe di certo piaciuta a Dumas, che amava romanzare la storia, e anche a Puškin, che nella piccola tragedia Mozart e Salieri diede fiato alla falsa voce dell’assassinio del genio salisburghese da parte dell’invidioso italiano. Altro fatto curioso: Alexandre Dumas figlio, l’autore della Dame aux Camelias dalla quale Verdi trarrà l’immortale Traviata, sposò una nobildonna russa, Nadezhda von Knorring, a Mosca.

Ci piace concludere ricordando che nel 1858 Dumas si recò in Russia per raccogliere materiale per un suo racconto sulla rivolta cecena dell’imam Shamil. Ma prima si recò da Natalia Goncharova, vedova Puškin, per raccogliere opere del marito da tradurre in francese.

Ci piace credere che Puškin abbia chiesto perdono alla moglie per aver creduto alla calunnia sul tradimento e per averla abbandonata.