Tra il sussurro di Nick Drake e la cultura del Salento, tra avant-folk e ricerca vocale, l'artista pugliese debutta da solista narrando il suo rito di guarigione. Ospiti Mauro Durante del Canzoniere Grecanico Salentino e Redi Hasa.

Sita è il tuo primo album solista. Che differenze ci sono rispetto alle tue precedenti collaborazioni?

Sita è il mio racconto più intimo, quello che fino ad ora avrei raccontato o sussurrato all'armadio della mia stanza e a nessun altro. È la mia rosacea, i miei perché più insidiosi, la mia luce più bella. È l'attacco di panico peggiore e il migliore antidoto per placarlo. Le collaborazioni del passato hanno dato vita a brani figli dell'incontro, della condivisione, dell'unione di sensazioni. Sita ha fatto un percorso totalmente diverso. è nato dal petto e dalle viscere, in solitudine. Non ha bisogno di urlare ma di sgrovigliare, è l'esorcizzazione del "malepensiero", il mio rito di guarigione che si compie col racconto. Mette a posto le sensazioni e i pensieri. Solo dopo essere nato ha incontrato gli altri, si è fatto vedere nudo, così e ha aspettato, aspetta ancora di essere accolto.

Brani scritti da te, solo voce, ricerca sul canto e sulle sonorità: è ancora corretto parlare di "musica popolare"?

Se penso che la musica popolare ha sempre raccontato il quotidiano, ha sempre fotografato attimi di vita, allora sì, io ho raccontato il mio quotidiano, anzi, tanti miei quotidiani. Se penso invece che la musica popolare per essere tale debba legarsi al concetto di "musica del popolo", allora dovremo aspettare che qualcuno possa riconoscersi nelle parole di Sita o riconoscere qualcosa di familiare. Se Sita avrà raccontato anche un quotidiano che non è il mio, allora sì, sarà musica popolare.

Nel disco si respira un clima magico, misterioso: a quale tipo di sapere e di cultura hai attinto?

Credo tutto sia partito dalla rabbia. La subordinazione della figura femminile è una cosa che viene insegnata tramite i gesti quotidiani, spogliarsi di queste sovrastrutture è una lotta che non credo di aver totalmente vinto. Ho dovuto cercare di sedare la rabbia e andare a riscoprire un potere grande di cui solo gli uteri sono capaci e non parlo "solo" di procreazione.

Parlo di magia, pozioni da grande alchimista che il corpo femminile fa senza sapere poi fondamentalmente il perché o il "come". Prima la musica popolare e poi lo studio delle medicine naturali e dei fondamenti di shiatsu, sono stati degli ottimi punti di partenza per guardarsi dentro e per guardare indietro. Il Salento è ricco di storie legate a riti di guarigione, un sapere legato alla figura femminile da sempre e per sempre. Mi hanno insegnato che ogni rito di guarigione è accompagnato da un racconto, una preghiera, da una melodia, un canto. Il racconto traghetta dall'ombra verso la luce. Ho cercato solo di fare in modo che il mio racconto fosse la mia narrazione verso la guarigione del mio pensiero.

Il Salento diventa facilmente un luogo da cartolina, anche in musica. Cosa bisogna fare per evitare gli stereotipi e mostrare la tua terra nel suo spirito antico, mediterraneo?

Conoscere le piazze, conoscerle davvero. Fermarsi con le persone. Tutte. Si vive molto bene qui e a tratti molto male, ma una cosa può essere semplice in alcuni luoghi, il recupero del senso di comunità. Se solo ci si fermasse a raccontarsi e ad ascoltare si conoscerebbero tante cose di questo territorio. Ogni racconto cambierà gli occhi di chi osserva questo mare, questa costa, gli ombrelloni, ascolta musica. Cambiano anche i miei occhi ogni volta. tutto si è ingentilito per poter consentire di godere in modo superficiale di questi luoghi e di questa musica, ma questo non è un territorio gentile, gentili sono gli animi di chi lo abita. Qui c'è sempre stata fame, fame di tutto, di soldi, di riscatto, di progresso eppure si fa fatica, a volte si fa tanta fatica. Ci sono giorni in cui l'aria carica di acqua salata è pesante. La terra è arida, gli scogli impervi. Ed è tutto maledettamente e poi "benedettamente" magico.

Quando ci si mette a nudo in un proprio disco vengono fuori tanti riferimenti: quali sono gli artisti che più ti hanno influenzato?

In questa fase Sita ha avuto il coraggio di sussurrare solo perché negli anni ho ascoltato dei dischi in cui i brani mi hanno trafitto il petto ed erano assenti grandi virtuosismi vocali. Il re, per me, in questo tipo di racconti è stato Nick Drake. Non mi paragono minimamente. Semplicemente i suoi dischi mi hanno detto che se avessi avuto voglia di dire qualcosa avrei potuto farlo anche senza alzare troppo la voce e senza dover per forza dimostrare quali competenze tecniche avessi acquisito negli anni.

Dai Sud Sound System a Ludovico Einaudi: hai lavorato con tanti, avrai assorbito molto da questi incontri.

Tutti quegli incontri sono Sita. Le consapevolezze musicali, l'esigenza di "svuotare", avere meno, io, ora, artisticamente, sono figlia di tutti quegli incontri.

Con il Canzoniere Grecanico Salentino hai una notevole attività live, Sita resterà un solo esperimento di studio o vivrà anche sul palco?

Il racconto è nato nella solitudine ma il rito per essere compiuto deve passare per altri orecchi, essere condiviso. Solo così si caricherà di forza e potenza, e guardarsi negli occhi è il metodo migliore.

La Sita nel Salento è la melagrana, un frutto attorno al quale ruotano miliardi di significati per i popoli del mediterraneo. Mi capita spesso di regalarla come simbolo di buon augurio. Spero di portare la mia Sita in giro e di augurare a chi avrà voglia di condividere con me il racconto, di trovare il proprio rito per il raggiungimento del buon pensiero.