Diario di bordo, anno zero. Giorno quindici.

Oddio! Mi son perso.

A far incontrare gli amanti ci vuol poco. Basta uno specchio, che siccome fa rima con aspetto, rispetto ma anche dispetto, si volta lo sguardo ad Ovidio, con l’addio doppiato di Eco. E, puta caso, nel fondo dello specchio, c’è uno spazio, con una superficie liquida, che assomiglia all’acqua, ed all’anima, il gioco di riflessi si espande e si ritrae proprio sulle regole del doppio.

La storia inizia - e forse finisce - con la faccenda degli specchi magici che gli uomini amano e temono, con il mito della metamorfosi che magari va un po’ di traverso, proprio come quando si tossisce per parlare e mangiare al contempo, come dire che interno ed esterno, metterli in equilibrio, ci vuole concentrazione, meditazione e non è roba da tutti.

Da Fontana ai neuroni a specchio il passo è breve. E che ci vuoi fare?

Li ha scoperti un italiano, Giacomo infatti frequenta locali tipicamente italici (i Bar parmigiani) e nota che se un uomo chiede uno Spritz o un Whiskey, puoi empaticamente comprendere se è stato lasciato dall’amante o se festeggia la vincita all’Enalotto. Et voilà, si scopriva così l’empatia - sono i primi anni ’90 - che fa rima con simpatia ed imitazione, quindi apprendimento. Insomma, siamo alla spiegazione ultimate della diffusione delle conoscenze, cioè a come si diffondono. E così, il Parma Group, tra premi e riconoscimenti, vola, vola, e nel piatto tutto si condisce con i neuroni a specchio. D’altronde siamo nella cucina degli italiani, ci sta.

Freud, adieux.

Ad un certo punto, la branchia della psicologia - inevitabile sotto un certo punto di vista - abbraccia i mirror neurons, e tutto diventa spiegabile con i magici. La tua migliore amica ti frega un foulard firmato e fa finta di non averlo lei non restituendolo? Colpa dell’empatia - udite bene sì sì - i neuroni a specchio stanno apprendendo. Il tuo fidanzato acquista tutto ciò che desideravi tu e non lo condivide con te ma con altri? Colpa, sempre, dei neuroni, anzi merito, visto che significa che ti ammirano molto ma molto. Qualche dubbio? Allora non siete empatici, o avete interrotto l’apprendimento dei neuroni. E se non avessi perso un po’ di senso critico e di salvaguardia mentale, uno potrebbe anche farsi questa domanda: “Di empatia non ce ne vedo poi tanta ovvia, non è empatico neanche il risultato, nei mie confronti, mi pare”. E qui si è inciampato scivolando sulla buccia di banana sui neuroni a specchio, più o meno nel 2020. Forse, chissà, uno di quelli che li studiava, un bel giorno, si è trovato il migliore amico che si perdeva nei mondi di Eros con sua moglie? Trovato guasten.

Forse l’arte ci è riuscita meglio. Dall’antica Grecia ai surrealisti tutti si guardano e rompono specchi.

Ch-ch-ch-ch-changes
Turn and face the strange
Ch-ch-changes
Don't want to be a richer man
Ch-ch-ch-ch-changes
Turn and face the strange
Ch-ch-changes
There's gonna have to be a different man
Time may change me
But I can't trace time. Mmm, yeah.

(David Bowie, Hunky Dory)

Fontana taglia il dramma - della ricerca prospettica rinascimentale - come se la tela fosse uno specchio in cui entra il mondo assieme alla sua immagine dinamica. Intendendo che non sono le correnti che fanno l’artista (l’Uomo) ma che l’artista semplicemente ci passa attraverso.

Magritte - siamo nel Novecento - momento topico del primo pensiero psico-patologico - illustra nei suoi dipinti, come l’uomo sia l’unico soggetto che non si riconosce.

Anche Pistoletto - conosciuto ai tanti come rompitore di specchi - lavora in realtà sul rapporto spazio-tempo ed arriva inevitabilmente sulla questione delle specularità, si accorge che lo specchio raddoppia tutto meno che se stesso, quindi, osservando la faccenda in termini concettuali o filosofici, per riconoscere se stesso devo dividere, me stesso, e poiché solo lo specchio, può farlo, in quanto mantiene le sue proprietà. Inizia così la frammentazione delle Cose. E Pistoletto rompe gli specchi, ma non pensate che la motivazione sia l’estetica dell’artista, bensì li rompe fisicamente, esponendoli in maniera tale che dall’osservazione si evinca il concetto spiegato. Quindi, un fatto unico. E, attenzione, scopre che se gli specchi vengono fatti ruotare sull’asse di rottura, ruotano all’infinito.

Tu chiamale pure ossessioni.

Una su tutti, Yayoi Kusama che, tra una dormita in istituto psichiatrico e un vernissage, lavora sulla moltiplicazione dell’infinito all’infinito.

Oltre lo specchio.

Come ella incede e si fa dea,
sprofonda della vita la miseria e dei miei sogni segreti
e il senso si palesa:
essere dell'amata eco, specchio cortese.

(Herman Hesse)

Qui si chiude la storiella, da Alice ai super neuroni su cui tutto il creato parve significare, l’ultima parola spetta di diritto al buon Ovidio, che con le Metamorfosi nel 43 Ante Covid, pardon Ante Christo, osò contrapporre l’eterno divenire e la mutevolezza di storia, mito e cose umane e azioni divine attraverso le trasformazioni degli animali in uomini e viceversa o elementi naturali – animati e animati -alla fondazione univoca del tutto. I motori invisibili (quindi motus mundi) secondo Ovidio?

Amore ira invidia paura sete di conoscenza.

Come dire, provaci ancora Sam.

Film consigliati: The modern Prometheus (trad.: Frankenstein o moderno prometeo, Mary Shelley).