Non fu per caso che James Joyce, durante il suo soggiorno romano del 1907, si trovasse il 17 febbraio, proprio in quella piazza Campo de’ Fiori che nel 1600 aveva visto il rogo di Giordano Bruno.

Una ricorrenza, quella del 17 febbraio, che molte associazioni laiche, ma anche religiose come la Chiesa Valdese, celebrano per testimoniare la libertà di coscienza, di pensiero e di espressione, ancor oggi spesso conculcate.

L’autore dell’Ulisse, di cui quest’anno ricorre l’ottantesimo dalla morte, era un conoscitore ed estimatore del filosofo campano e nel capitolo “Circe” del suo capolavoro, un personaggio, “Bloom”, viene condannato e almeno parzialmente bruciato, dopo un violento “autodafé”, per le sue idee e comportamenti eterodossi. L’esecuzione è affidata a un luogotenente dei pompieri di Dublino che “su richiesta generale” dà fuoco a Bloom, che è “ammutolito, avvizzito e carbonizzato”.

Ma che cosa aveva detto o fatto di tanto scandaloso Leopold Bloom?

Mondi nuovi al posto dei vecchi. Unione di tutti gli uomini, ebrei, mussulmani e gentili. Tre jugeri e una mucca per ogni figlio di natura… Lavoro manuale obbligatorio per tutti … esperanto, fratellanza universale. Basta col patriottismo dei politici da caffè e degli impostori ipertrofici. Libero denaro, libero amore, e libera chiesa laica in libero stato laico. Razze miste e matrimonio misto.

A distanza di un secolo, riecheggiano, nelle pagine dell’irlandese, le denunce e le profezie del filosofo, che svuotava di significato le sorpassate teorie aristoteliche e tolemaiche, sconfessava le religioni storiche e dogmatiche, la sessuofobia, il maschilismo, offrendoci anche questo ritratto della donna:

Mirate chi sono i maschi, chi sono le femmine … qua l’odio, là l’amicizia; qua il timore, là la securtà, qua il rigore, là la gentilezza, qua il scandalo, là la pace; qua il furore, là la quiete; qua il difetto, là la perfezione … E finalmente tutti i vizi, mancamenti e delitti son maschi; e tutte le virtudi, eccellenze e bontadi sono femmine …

Questo “risvegliatore di dormienti” era ugualmente consapevole che la filosofia era anche praxis e se non specificava, come Bloom, quanto doveva spettare a ciascuno, affermava che: “Non è possibile che tutti abbiano una sorte, ma è possibile ch’a tutti sia ugualmente offerta” e la vera religione deve essere “civile conversazione, comunione de gli uomini”.

D’altra parte, tutta la filosofia e la cosmologia di Bruno tendono a superare i confini del conosciuto, offrendoci la visioni di mondi in continuo movimento in un continuo rimescolio frutto di una materia, energia universale, in cui lo spazio e il tempo perdono i loro connotati tradizionali, anticipando addirittura la fisica quantistica.

E anche l’Ulisse ci propone un continuo rimescolio di luoghi, situazioni, personaggi, dove viene messo in discussione lo stesso principio della non contraddizione e dove il soggettivo e l’oggettivo sembrano convivere.

Se l’opera di Joyce ha una dimensione internazionale ed è pietra miliare della letteratura mondiale, anche Bruno, già in vita, nelle sue peregrinazioni fu apprezzato dalla corte inglese e da quella francese, tenne lezioni nelle scuole ed università di Parigi, Londra, Praga, Heidelberg, Ginevra. Fu proprio un novello Ulisse, assetato perennemente di nuove esperienze, nuovi ambienti, nuovi mondi, al limite della temerarietà.

Quella temerarietà che lo portò alla convinzione megalomane che il nuovo papa Clemente VIII avrebbe dato ascolto alle sue idee, anche se poi dovette ammettere che era impossibile chiedere a chi ha il potere di riformare il potere.

Il suolo italiano, però, gli fu purtroppo fatalmente ostile, a partire dalla prima tappa a Venezia, dove, per non compromettere il rapporto con lo Stato Pontificio, il senato accettò la richiesta di estradizione dell’Inquisizione romana.

Furono sette anni di prigionia, in cui ebbe anche l’occasione di incontrare altri pensatori di rango come Francesco Pucci, poi decapitato, e Tommaso Campanella, che, resistendo alle torture, si sarebbe poi salvato fingendosi pazzo.

Considerata la notorietà e il prestigio internazionali del Bruno, l’Inquisizione gli oppose un teologo esperto come il cardinale Bellarmino – poi canonizzato – che ne sentenziò la condanna definitiva.

Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam”, forse temete più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla: questo disse e questo e altro avrebbe voluto dire mentre lo portavano al patibolo, ma la “mordacchia” che gli occludeva la bocca lo impedì. Così, legato nudo ad un palo, finì arso nel sito di Campo dei Fiori, uno dei più grandi pensatori della storia della filosofia, mentre i suoi libri erano bruciati sulla scalinata di S. Pietro.

Fu senza dubbio martire della libertà, ma non occorre santificarlo per onorarne la memoria, anche perché non avrebbe mai voluto sentirsi nominare così; fu uomo, con i suoi difetti di narcisismo e opportunismo, come lo rappresentò anche Giuliano Montaldo nel suo bel film monografico del 1973, dove ne pose in rilievo l’aspetto rivoluzionario, tanto sensibile in quegli anni che venivano a ridosso del ‘68.

Non vi è eresia, né filosofia, tanto aborrita dalla Chiesa, quanto l’essere umano.

(James Joyce)

Fece la fine de l’abbacchio ar forno perché credeva ar libbero pensiero, perché se un prete je diceva: - È vero – lui rispondeva – Nun è vero un corno.

(Trilussa)