È con la psicoanalisi del fuoco che si apre la grande opera bachelardiana sui quattro elementi, è con la materia ignea che il filosofo francese introduce il nuovo metodo di indagine al limite fra poesia e scienza. Rispetto alle riflessioni più mature compiute nello studio degli altri elementi come l’acqua, l’aria e la terra, il lavoro immaginativo sul fuoco non possiede ancora la propria libera espressione creatrice, purtuttavia in quest’opera è possibile rintracciare le basi teoriche che lo porteranno a delinearsi come l’iniziatore di un nuovo ed originale approccio alla conoscenza della realtà, non più ristretto al dogmatismo del razionalismo scientifico, ma ampliato fino a contemplare la scoperta del mito, del sogno e del simbolico come strumenti complementari per conoscere il mondo.

“Che cos’è il fuoco?”, il filosofo interroga scienziati e persone colte, ma ogni spiegazione sembra ancorarsi “inconsciamente” ad antiche e chimeriche filosofie, ogni spiegazione sembra poco soddisfacente affinché la psiche possa “aprirsi” alla scoperta di una verità che non può essere “dimostrata” quanto piuttosto “mostrata”, in quanto aperta ad un perenne divenire: “Se tutto ciò che cambia lentamente si spiega attraverso la vita, ciò che cambia rapidamente si spiega attraverso il fuoco. Il fuoco è l’ultravivente. Il fuoco è intimo e universale. Vive nel nostro cuore. Vive nel nostro cielo. Giunge dagli abissi della sostanza e si offre come un amore. Ridiscende nella materia e si nasconde, latente, sopito come l’odio e la vendetta. Tra tutti i fenomeni, è veramente il solo che possa ricevere in modo così chiaro i due valori contrari: il bene e il male. Il fuoco splende in paradiso. Brucia all’inferno. È dolcezza e tortura” (Bachelard, 1973, pag. 117).

Bachelard nel suo igneo percorso trasformativo, nominando le cose, realizza una sorta di precipitato, ove al fuoco prometeico che spinge l’intelletto a ribellarsi alla logica dei divieti per accedere alla conoscenza, contrappone il fuoco di Empedocle, quale esperienza mistica di dissolvimento dell’anima nell’elemento sottile dello spirito. Per giungere poi al fuoco di Novalis, che disvela la capacità di entrare in rapporto intimo con le cose, nella loro natura essenziale, ove l’anima del fuoco, si esprime attraverso il calore che penetra nella profondità dell’essere vivente e che lentamente consuma la materia umana attraverso la divina fiamma.

“Essere amato vuol dire consumarsi nella fiamma; amare è brillare di luce inesauribile” il poeta Rilke, citato dal filosofo della Champagne, ricorda il sacro destino dell’essere umano che, attraverso l’esperienza dell’amore, inteso nel suo profondo significato etimologico di α-mors, cioè senza morte, ovvero immortale, si risveglia ad una coscienza superiore, ad una “illuminazione” che richiama il tema dell’Uno e della scoperta del Sé. Amore, vita e morte si alternano, dunque, in una eterna danza che trova nel dolore la modalità di conquista della conoscenza e della capacità di leggere contemporaneamente l’universo interiore come riflesso di quello esteriore attraverso il linguaggio analogico riuscendo a vivere un’armonia fra i tre livelli della vita del corpo, anima e spirito.

L’uomo moderno, però, inconsapevole delle proprie istanze più profonde e separato dalle proprie tensioni spirituali, mosso da bramosia e da necessità mondane risulta incapace di accedere alla sacralità dell’amore. L’essere umano che, nonostante tutte le difficoltà e le “regole” dell’Io atte a confondere la stabilità con la felicità, accetti di amare la vita, di coltivare il fuoco, di trasformare qualsiasi evento quale dono verso una più compiuta manifestazione di sé, potrà accedere ad una più evoluta comprensione della dimensione della morte. La morte quale ineluttabile necessità di trasformazione diviene la soglia ove la vita acquista una sua autenticità e la dimensione sacra dell’amore, quale radice di ogni potenzialità ancora da divenire, esprime la forza vitale che dall’abisso inconoscibile del vuoto genera la forma.

Come sottolinea Denis De Rougemont: “Eros, nostro supremo Desiderio, esalta i desideri solo per sacrificarli” (2014, p.109), nel sacrificio cosciente e spontaneo dell’Io, nel superamento dei limiti angusti delle proiezioni terrene, contaminate dal loro evolvere e dal loro perire, nella dolorosa e graduale destrutturazione di ogni egoismo, si compie il lungo e faticoso “lavoro” costituito da quella forza intrapsichica che, unita alla consapevolezza di sé, permette di realizzare la propria natura potenziale, portando a termine compiti etici che possono fornire un beneficio spirituale e morale a se stessi come all’ambiente sociale e naturale di cui si è parte.

Bibliografia

AA. VV., Mysterium Coniunctionis. La base ecobiopsicologica delle immagini archetipiche. Igne Natura Renovatur Integra. Persiani, Bologna, 2013.
Bachelard G., L’intuizione dell’istante. La psicoanalisi del fuoco, Dedalo, Bari, 1973.
Conti Tortorici E., Amare l’amore. Un percorso tra mito, letteratura e psicoanalisi, Armando, Roma, 2007.
De Rougemont D., L’Amore e l’Occidente. Eros, morte, abbandono nella letteratura europea, BUR, Milano, 2014.