Chi ha conseguito una qualifica o un diploma professionale e chi è arrivato al diploma sarà presto alle prese con un’importante scelta dettata da fattori diversi come le proprie attitudini, i gusti personali e le prospettive di vita e carriera: cercare subito un lavoro, iscriversi all’università o continuare la formazione superiore in un percorso più breve, come gli ITS, gli IFTS o uno dei molti corsi di specializzazione post‐diploma offerti dal mercato.

A tal proposito può essere interessante notare l’esistenza di profili professionali introvabili riportata nell’ultimo rapporto pubblicato da Unioncamere. Non si tratta solo dei cosiddetti “lavori rifiutati” (è difficile trovare un qualificato e un diplomato su quattro e addirittura un laureato su tre), ma del fatto che, nonostante l’elevato livello di disoccupazione, ci siano diverse professioni per cui non si trovano candidati: anzi, le professioni con difficoltà di reperimento negli ultimi anni sono in aumento.

Tra le motivazioni alla difficoltà di trovare le figure richieste ci sarebbero un’offerta inferiore alla domanda (professioni molto richieste, professioni nuove per cui il sistema formativo non si è ancora attrezzato, ma anche professioni tradizionali per cui non si prepara più nessuno), ciò vale per il 47% dei qualificati, il 45% dei diplomati e il 54% dei laureati difficili da trovare, ma tra le motivazioni c’è anche il gap di competenze ovvero competenze non adeguate a quelle richieste dal mercato (per esempio, se il sistema formativo continua a formare figure professionali in via di estinzione, o ancora esistenti, ma con caratteristiche profondamente modificate), questo riguarda il 42% dei qualificati, il 46% dei diplomati e il 38% dei laureati difficili da trovare e, infine, la mancanza di persone con caratteristiche personali adatte alla professione offerta, o totalmente prive di esperienza (e questo dipende solo in parte dalla formazione), oppure altre motivazioni particolari, legate al settore o al territorio (interessa l’11% dei qualificati, il 9% dei diplomati e l’8% dei laureati che le imprese non trovano).

In pratica, i laureati dovrebbero essere di più, mentre i qualificati e i diplomati dovrebbero avere una preparazione più adeguata alla domanda. Per i corsi professionali, secondo lo studio si dovrebbe cercare una maggiore aderenza dei programmi di studio a quanto effettivamente le imprese richiedono, rafforzando anche l’efficacia dei periodi di stage e di tirocinio.

Per la scuola superiore è necessario incentivare le iscrizioni agli istituti tecnici e professionali, mentre per i diplomati occorre far crescere i tassi di passaggio all’istruzione universitaria tenendo conto della domanda di lavoro, oltre che dei propri interessi e attitudini: l’orientamento è importante anche per ridurre il numero di persone che abbandonano prematuramente il percorso. L’incentivo a proseguire sarà maggiore se i corsi offerti ai diversi livelli di istruzione avranno caratteristiche innovative per contenuti ma anche per modalità di svolgimento. Per esempio, gli ITS hanno uno spiccato taglio operativo, si concludono in due anni, sono perciò attrattivi anche per chi non avrebbe intenzione di proseguire gli studi all’università.

Per ridurre il gap di competenze occorre agire sulla scuola e sull’università, in modo che offrano agli studenti programmi, metodi di insegnamento ed esperienze (stage, tirocini, periodi all’estero) più rispondenti alla richiesta del mercato.

Considerando i qualificati si osserva che gli indirizzi più difficili da trovare sono quelli relativi alla riparazione dei veicoli a motore, all’abbigliamento e agli impianti termoidraulici, per i quali non si trovano più di 4 qualificati su 10. Per l’indirizzo meccanico e per quello elettrico le figure difficili da trovare sono comunque più di un terzo.

Sul versante delle professioni per cui viene richiesta la qualifica o il diploma professionale, tra le più difficili da trovare si trovano ai primi tre posti i saldatori, elettrici e a fiamma, e gli attrezzisti di macchine utensili. Seguono poi due figure del settore tessile, i confezionatori, sarti, tagliatori e modellisti e i biancheristi e ricamatori a mano. Di queste 10, ben 8 sono figure tipiche dell’industria, una delle costruzioni (idraulici e posatori di tubazioni idrauliche e del gas) e una dei servizi (estetisti e truccatori). I diplomati più difficili da trovare sono quelli in informatica e telecomunicazioni (uno su due), ma valori intorno al 40% si hanno anche per i diplomati ad indirizzo meccanica‐meccatronica‐energia ed elettronica ed elettrotecnica. Le imprese stentano a trovare un diplomato su tre anche per gli indirizzi sistema moda e costruzioni, ambiente e territorio.

Le principali professioni in cui il titolo di studio preferito dalle imprese è il diploma (richiesto per almeno il 50% del totale delle entrate previste di quella professione) e che offrono maggiori possibilità di inserimento lavorativo proprio perché difficili da reperire sono in primis i tecnici programmatori, seguiti dai meccanici collaudatori e dai tecnici meccanici. I laureati più difficili da trovare sono invece quelli di ingegneria industriale e ingegneria elettronica (6 su 10), seguiti dai laureati a indirizzo scientifico, matematico e fisico (che comprende informatica), da ingegneria gestionale e altri indirizzi di ingegneria e dall’indirizzo chimico‐farmaceutico. La motivazione delle difficoltà varia a seconda dei settori: nell’industria i laureati mancano proprio, mentre nei servizi ce ne sono di più, ma con competenze meno adeguate.

Le professioni più difficili da trovare per cui è prevalentemente o esclusivamente richiesta la laurea sono gli analisti e progettisti di software, gli insegnanti di lingue e di arti applicate, seguiti da varie professioni di ingegneria, dagli addetti alle relazioni pubbliche (compresi i gestori di strumenti social aziendali), dai dirigenti industriali, dai progettisti informatici e dai tecnici della produzione industriale.