Verrà un tempo, in cui il mio corpo
si ridurrà a un infinitesimo,
fino a scomparire...
e trasformata, invisibile agli occhi,
di me rimarrà tuttavia la voce:
... la voce il fato me la lascerà. La voce...

Con questi versi oracolari, la Sibilla profetava per se stessa un destino di dissolvimento. Di lei solo una vibrazione sonora sarebbe rimasta, superstite delle ossa distrutte della grande antenata, a memoria del furto delle tante voci femminili disperse e soppresse dalla storia.

Il mito greco ha elaborato il tema della voce femminile nella vicenda dell’amore disperato della ninfa Eco per il bellissimo Narciso, facendone il fulcro simbolico di una ferita archetipica. Eco porta nel nome il cupo presagio del proprio destino: quello di una sofferenza d’amore che consuma il corpo condannandolo a diventare invisibile, dissolvendo perfino le ossa, fondamenta indistruttibili. Solo alla voce sarà concesso rimanere testimone della presenza dell’anima, ma anch’essa non potrà essere autonoma e libera, bensì riflessa, replicata; risuonerà della parola dell’altro, riflettendola disgregata, scissa, mutilata. Anche Narciso si riconosce solo se riflesso: ha bisogno di uno specchio per contemplare se stesso, e solo a se stesso può e vuole accedere, perché l’alterità lo lascia indifferente. Simili a Eco sono state e sono tante donne, innamorate dell’archetipo Narciso: invisibili nel corpo, impotenti nella parola, imprigionate nell’annullamento, nell’ossessione per un amore incompreso. In loro si riverbera il riflesso eterno del mito e l’antica profezia della Sibilla.

Anche quella della Sirenetta è una storia di voce femminile. Cos’è in fondo una Sirena se non voce incarnata, musa acquatica nel suo splendore primigenio e puro? Canto e incanto, trasporto dionisiaco. La Sirena abita i territori di confine, accompagna le fanciulle adolescenti nei riti di iniziazione; il suo simulacro scolpito protegge i sepolcri. Negli antichi racconti spesso è pericolosa e irresistibile seduttrice, ma la sua lusinga è la promessa di raggiungere orizzonti sognati. Nella fiaba, la Sirenetta non può sfuggire al suo archetipico destino, e come nel mito di Eco la sua vicenda esistenziale ci proietta all’interno di una relazione narcisistica.

Una sirena ha natura di chimera: la sua essenza è nella scissione, nel conflitto fra gli opposti. È creatura acquatica e donna; abita l’abisso ma anela alla superficie; deve scegliere fra la danza fluida nel mondo acquatico e il misurato incedere del piede sul terreno. Ogni sua decisione comporta una rinuncia lacerante, un’amputazione del corpo e dell’anima. Nella fiaba moderna, la Sirenetta compie il proprio viaggio di scoperta dell’amore partendo dagli abissi e salendo verso l’alto. In lei agisce il mito ribaltato di Persefone, si rovescia ogni iniziazione che richiede una discesa agli inferi e una risalita in superficie: se Persefone oltrepassava la soglia perché strappata con la forza alla condizione felice dell’infanzia, la Sirenetta varca il limite spinta da una volontà propria, dal desiderio di abbandonare quello spazio emozionale e psichico di cui è sostanza. Gli esseri umani possiedono un’anima immortale, così le è stato detto, e quell’anima la attrae ancor più della prospettiva di vivere accanto al giovane uomo che ha salvato dal naufragio.

Per tutto questo è disposta a barattare ciò che ha di più prezioso. Accetta di scindere il proprio corpo acquatico di antica dea, sopportando il dolore della lacerazione: sarà come se una spada la tagliasse in due, e ogni passo conquistato sulla terraferma sarà come incedere sopra lame di coltello. È disposta a rinunciare alla voce, il canale attraverso cui l’anima parla. La strega del mare, oscuro volto del femminile materno, le permetterà di realizzare l’amputazione: un taglio netto della lingua, la menomazione che la storia e la cultura hanno simbolicamente inflitto infinite volte alle donne. Impossibile essere di nuovo integra, senza la voce.

Ed è così che, rivestita della sua nuova agognata corporeità, ma ormai priva di parola, come Eco diventerà invisibile all’uomo cha ama: il novello Narciso, non riconoscendo in lei la sua salvatrice e incapace di stabilire un contatto emozionale, finirà per amare un’altra donna. Lui che era stato tratto in salvo dall’acqua, mentre Narciso nell’acqua aveva cercato il sollievo della morte. La Sirenetta scopre allora che il suo percorso potrà essere reversibile solo se sceglierà di uccidere il principe, eppure lascerà scivolare a terra il pugnale che già teneva serrato nella mano: non per odio aveva compiuto la metamorfosi, ma per amore. Ed è così che, con profonda consapevolezza, la giovane riscatterà l’antica incorporeità di Eco: cedendo alla nostalgia del mare e, in quell’abbraccio famigliare e antico, trasformandosi in schiuma, a suo modo un’eco che si rigenera tra i flutti dell’eterno rincorrersi delle onde. E in quel dissolvimento, nell’estinzione dell’io, potrà finalmente accedere alla completezza di sé.