È dedicata a uno dei più grandi protagonisti dell’arte contemporanea, Jannis Kounellis, l’ampia retrospettiva in corso fino al 24 Novembre 2019 a Venezia alla Fondazione Prada nelle sale settecentesche di Ca’ Corner della Regina sul Canal Grande.

La rassegna, a cura di Germano Celant, raccoglie più di 60 lavori realizzati tra il 1959 e il 2015 – provenienti da musei italiani e internazionali come Tate Modern (Londra), Centre Pompidou, Walker Art Center (Minneapolis), Castello di Rivoli - che ricostruiscono la storia artistica ed espositiva dell’artista nato in Grecia, a Pireo nel 1936, e scomparso a Roma nel 2017 a 81 anni.

In un dialogo serrato con gli spazi espositivi di Ca’ Corner della Regina, la rassegna veneziana si apre al piano terra con lavori site-specific per proseguire con opere e installazioni di grandi dimensioni che caratterizzarono il percorso dell’artista e che ora si presentano in tutta la loro potenza visiva e concettuale.

Sono così le prime opere, originariamente realizzate tra il 1960 e il 1966, che trattano del linguaggio urbano. Esse riprendono scritte, segnali e insegne presenti nelle strade di Roma, mentre in seguito faranno il loro ingresso lettere, frecce e numeri neri tracciati su tela.

Ma dal 1967 la ricerca di Kounellis diventa oggetto di un nuovo sorprendente motivo di innovazioni e progettualità. Infatti, nelle sue opere Kounellis ingloba volatili, terra, cactus, cavalli, lana, carbone, cotone e fuoco. E proprio al 1967 risale la “margherita di fuoco” o il fenomeno della combustione, “forma” assai frequente nell’opera dell’artista italiano: si tratta di una “scrittura di fuoco” che ne enfatizza il potenziale rigenerante.

Ma è nelle installazioni di fine anni Sessanta, che Kounellis avvia una sorta di scontro dialettico e dicotomico tra leggerezza/instabilità, fragilità/pesantezza, artificialità/rigidità, in cui le sue opere vengono organizzate anche dentro percorsi di carattere narrativo. In tal senso possono esser letti lavori e installazioni costituite da casse che raccolgono oggetti ed elementi diversi: cocci di ceramica, tessuti, macchine da scrivere e sacchi. E, in seguito, giunto al vertice del mutamento della combustione, secondo tradizione alchemica, prende corpo l’oro. Eccolo, infatti, risaltare in Senza titolo (Tragedia civile) del 1975 in cui la foglia d’oro è tutta tesa a ricoprire interamente una parete spoglia e dove il nero degli indumenti, appesi a un attaccapanni, testimoniano la drammaticità di una scena che allude a una crisi storica e personale.

Ma il percorso di Kounellis, artista che scava e indaga nei più profondi territori, è costellato anche dal fumo, sorta di residuo di un processo pittorico ed espressione dello scorrere del tempo, di uno spazio distanziale sul quale muovono tracce di fuliggine: su pietre, muri e tele che caratterizzano i lavori a cavallo tra il 1979 e il 1980. È questa la poetica di un “ritorno alla pittura”. Non è un caso, del resto, se in quegli anni compare anche il motivo della ciminiera. Così, se il fuoco simboleggia un intervento rivoluzionario sulla realtà, la fuliggine e il fumo sprigionati dalla ciminiera rappresentano il dissolvimento e la fine di ogni potenziale azione sociale che si sviluppa tramite l’arte.

E, su di un’impronta forte e intensa, è anche “la stanza della musica”. Kounellis, del resto, è stato sempre attratto dalla musica e lo testimoniano assai bene Senza titolo del 1980 e del 2006, in cui compaiono un flauto, un violino, una tromba, una cornetta, un violoncello e un mandolino collegati a bombole a gas e fiamme, a cui di contrappunto sembrano far eco le campane in ferro battuto. Sono lavori in cui, nel primo caso i flautisti eseguono un frammento di una composizione di Mozart, e nel secondo un dipinto riporta le note di una composizione sacra di Bach eseguita dal vivo da un violoncellista. Opere in cui si manifesta l’intreccio e il superamento dei diversi codici artistici e dove si afferma l’esperienza cognitiva e sensoriale tra lo spettatore e l’autore.

Miti della pittura e antropologie in discussione vivono in Kounellis, che non manca di sviluppare una forte relazione con la storia e la cultura, rappresentando il passato attraverso una serie di frammenti che costituiscono l’opera del 1974 tra porzioni di copie di gesso di statue classiche, oppure nell’eredità greco-romana rappresentata nell’identità della maschera in calchi di gesso di volti. Un segno della narrazione e della storia, di voci in un tempo e di un presente che si consuma qui e ora.

Ma il percorso espositivo è costellato anche da installazioni di grandi dimensioni tra cui una costituita da due binari che sorreggono sei strutture di ferro, che contengono al loro interno duecento chilogrammi di materiale di varia natura. Oppure, assai suggestivo e affascinante è l’intervento del 1993-2008, costituito da armadi di diversi colori e forme sospesi al soffitto. Davvero una forte suggestione!! È un’opera che sfida le leggi della gravità, e che, da “fughe prospettiche” si richiama alla pittura barocca. E in tempi di post- neobarocco è una sfida di grande potenza visiva.

Così, l’opera di Kounellis muove verso un tempo presente e una storia per la conoscenza di nuovi mondi.