A D.

Penso a come dire questa fragilità che è guardarti,
stare insieme a cose come bottoni o spille,
come le tue dita, i tuoi capelli lunghi marrone.
Ma d’aria siamo quasi, in tutte le stanze
dove ci fermiamo davanti a noi un momento
con la paura che ci ha assottigliati in un sorriso,
dopo la paura in ogni mano, o braccio, passo,
che ogni mano, o braccio, passo, non ci siano.

Da Umana Gloria (Mondadori, 2004)

Metro: Un’unica gittata strofica di otto versi, di varia misura ma tutti più lunghi dell’endecasillabo, che danno alla poesia un ritmo lento e cadenzato.

Commento: Il tema della poesia è l’impossibilità di ricondurre a unità la complessità delle esperienze umane. Come in un quadro cubista, la realtà che percepiamo, gli oggetti, i pensieri, perfino le emozioni si presentano scomposti e disarticolati. Anche la persona amata, anche il poeta stesso non sono definiti nella loro interezza, ma attraverso poche parti anatomiche. La fragilità è questa incapacità di avere una visione (una comprensione) coerente e piena della vita; la paura (che nella tela poetica si fissa in un sorriso esorcizzante) è che nulla esista veramente, né dentro né fuori della nostra coscienza, forse neanche noi stessi.

Vedere nuda la vita

Vedere nuda la vita
mentre si parla una lingua per dire qualcosa.
Uscire di sera rende la vita più bella
ma è il poco sole obliquo la sera senza parole.
Vedere nuda la vita quando c’eri con le tue cose.
Adesso le cose sono sole,
non c’è la promessa del tuo svegliarti
e continuare con le ciabatte, le tazze, i cucchiai.
Non è valsa la pena affaccendarsi.
Il gioco dei giorni è la promessa che non sapevi
a perdere sempre da prima.

Da Tersa morte (Mondadori, 2013)

Metro: Versi di varia misura in un’unica strofa, con metri e prosodia simili alla precedente.

Commento: È una poesia che parla di disincanto e di solitudine. Il poeta considera la vita nella sua cruda essenza, attraverso gli oggetti di uso quotidiano (“Adesso le cose sono sole”) che continuano ad esistere, mute testimonianze di chi non è più tra noi. Ma il vero tema è la solitudine dell’uomo. Ogni uomo è solo, sempre, e la poesia racconta questo angosciante sentimento della precarietà dell’esistenza, dell’inutilità della parola, con un sentimento in bilico tra disperazione e rassegnazione.

Benedetti si misura con i temi essenziali della poesia di ogni tempo: la fugacità della vita, gli oggetti come (provvisori) custodi della memoria dei morti, il desiderio di superare il dolore di una perdita, l’angoscia del vivere, l’incapacità della lingua dei poeti di esprimere tutto questo.

Mario Benedetti, (da non confondere con l'omonimo poeta uruguaiano morto nel 2009), è nato a Udine nel 1955, vive e lavora a Milano. Nel 1986, insieme ad altri, fonda la rivista di poesia contemporanea Scarto minimo. Inizia a pubblicare nel 1989 ma per comprendere al meglio la sua poetica sono importanti soprattutto le sue ultime raccolte: Umana gloria (2004) con cui si impose all’attenzione di critici e lettori, Pitture nere su carta (2008), Tersa morte (2013). È tra gli autori più importanti della nuova poesia italiana contemporanea.