Narratrice, giornalista, fotografa, critica d’arte, poetessa, Giulia Niccolai è una delle figure più dinamiche e rappresentative della neoavanguardia italiana, con opere significative come Harry’s Bar e Frisbees. Dopo essersi divisa tra gli Stati Uniti e Milano, ha scoperto l’Oriente, avvicinandosi allo spiritualismo buddista e diventandone monaca praticante.

"Alla mia età si vede tutto il passato come 'esperienza' senza ulteriori distinzioni: se non si è accettato tutto, si rimane male e si è infelici. Certo non è nemmeno facile 'accettare tutto', ma va fatto. Nel mio caso ha richiesto anni di meditazione. Meditare, in tibetano 'gom', tradotto letteralmente vuol dire 'fare esperienza'.
Meditare, a uno stadio iniziale (che può durare anche una quindicina d’anni), significa soprattutto vedere e rivedere la propria vita come in una moviola. Divenire consapevoli di tutte le nostre debolezze passate: furbizie, silenzi, malevolenze. Capirne la ragione, capire perché ci si è comportati così, provare vergogna, arrossirne e dispiacersene. Per nostra fortuna, con la fede, si perde il senso di colpa. Dalla meditazione si esce alleggeriti, con un senso di libertà del quale si è veramente grati. Questa gratitudine verso il senso di libertà è di grande aiuto per andare avanti e approfondire sempre più il compito".

“Una donna che insiste sull’eguaglianza rinuncia alla propria superiorità” (A.France) …

Anatole France visse nell’Ottocento e morì poco dopo la Prima guerra mondiale. Prima che le donne avessero il diritto di voto. Dunque parla di una “superiorità” dovuta a un “omaggio” suo personale alla femminilità, eventualmente condivisa da altri, ma solo a parole, o in termini di eleganza, di ottima educazione, addirittura di idealizzazione. Certo non nella realtà, non nella vita di tutti i giorni.

Single, coppia, famiglia: qual è il futuro della donna?

Tutte e tre, anche coppie di sole donne. Il futuro della donna sarà lo stesso di quello dell’uomo. Dato che il senso, il valore della famiglia si è andato man mano perdendo nell’ultimo ventennio (?), anche perché le donne riescono a essere finanziariamente autonome, non so proprio quanto ci vorrà prima che assuma un nuovo significato, una vera ragione d’essere.

La donna nel buddismo

In passato, nel buddismo, la donna ha avuto un ruolo inferiore a quello dell’uomo. Si sta emancipando lì come nel resto del mondo.

Fotografa, traduttrice, saggista, poetessa, ecc. qual è il filo rosso che intreccia tutte queste sfaccettature della sua attività?

Parlo di buddismo in tutti i miei testi scritti dal 2000 in avanti. In quanto alla scrittura, anche lì si è sempre trattato di un lavoro di ricerca che ha poi trovato la sua ragione d’essere nella spiritualità. Per me la fotografia (cogliere momenti, volti, luoghi particolarmente significativi), è poi esattamente ciò che faccio anche nei Frisbees. Solo che in questi ultimi ci sono anche i pensieri (non fotografabili). Un caro amico mi dette ragione negli anni Novanta e riporto qui il testo che scrissi per lui: ”Lucio/ dice che i frisbees/ sono delle Polaroid interiori./ Questa definizione/ è per me/ illuminante”. Tradurre è molto utile per capire la scrittura stessa, non solo a livello di nozione, ma come risultato di una fatica vera e propria, “zappando”. Traducendo, ti si rivelano molti “trucchi”, parecchi accorgimenti usati dagli autori per rafforzare i concetti, gli argomenti di cui scrivono, o, al contrario, per riempire spazio, fare “flanella”. La critica, la saggistica con la quale si esaminano e si analizzato le opere altrui, ha anch’essa a che fare con ciò che si è capito del linguaggio e della scrittura. Proprio in questo senso, ho appena avuto una bella sorpresa: un testo che non riuscivo a decifrare un paio di anni fa (si tratta di un tipico testo “non assertivo”), mi è parso chiarissimo quando l’ho ripreso in mano l’altro giorno. Non me l’aspettavo, ne sono stata felice e sono anche convinta che questa nostra capacità – nei confronti di poesie difficili – possa variare molto a seconda dello stato d’animo nel quale ci troviamo noi lettori in quel momento. Il guaio è che non so quale sia questo stato d’animo…

Ha attraversato i grandi movimenti e le grandi personalità dell’avanguardia letteraria. Che cos’è rimasto in lei di quelle esperienze?

Parlo spesso di due autori che sono stati per me fondamentali: Ennio Flaiano, per l’umorismo e Giorgio Manganelli che è stato anche il mio primo maestro spirituale – senza che allora ne fossi consapevole. Il cammino spirituale mi ha poi rivelato una cosa molto importante che riguarda Manganelli e della quale nessuno ha ancora scritto. Ciò mi ha dato una grande gioia, facendomi anche capire la sua gentilezza e la sua solidarietà nei miei confronti. Nel senso che forse lui sapeva, per una sua capacità di premonizione, che sarei arrivata a un certo livello del cammino spirituale, mentre io ne ero assolutamente ignara. La mente di Manganelli era in grado di esulare dal nostro tempo terreno e di raggiungere l’assenza di tempo nell’eternità.

Ne accenna brevemente in alcuni suoi testi, mai in prima persona. Si tratta di frasi bellissime, “neutre”, come: “Eternità: essere vicini, vicinissimi”. Manganelli era anche un gran signore! Lo vorrei ricordare così con un mio frisbee: “A Roma, dove manco da anni,/ dopo il Convegno su Giorgio Manganelli/ (Teatro Argentina 17-18 dicembre 97),/ quando penso a lui, lo sento come/ una stella cometa con noi tutti,/ partecipanti e convenuti, che siamo/ il pulviscolo luminoso della sua coda./ (lui avrebbe detto “chioma”)./ E me lo vedo, in una notte di luna piena/ che attraversa, in compagnia di una/ giovane donna, il catino deserto/ di Piazza S. Maria in Cosmedin./ I due stanno camminando/ verso la Bocca della Verità”.

Ha detto che uno scrittore di versi, solo se dopo 30 anni sarà ancora letto, potrà veramente definirsi poeta: come l’hanno presa? …

Nessuno mi ha detto niente. Anche perché da anni, molti mi considerano una monaca buddista e non più poeta… Inoltre, frequento pochissimi poeti.

La sua produzione poetica più significativa sono i “frisbees”, che lei ha definito. “annotazioni su cose che sento, che vedo, che penso del quotidiano …”, ma che l’hanno fatta definire anche una “poetessa epica” …

Questo mi rende felice. È la vita che va vissuta “epicamente”. Ne ho capito il significato dopo aver letto l’esagramma del Crogiolo del libro I King: “Quando si riesce ad assegnare alla propria vita e al destino le loro giuste proporzioni, consolidiamo il destino, e ne risulta allora la compenetrazione della vita col destino”. Per rafforzare quanto ho appena scritto, ecco quest’altra citazione da Réne Guénon: “… la minima cosa compiuta in conformità armonica con l’ordine dei principi porta virtualmente in sé delle possibilità la cui espansione può determinare le conseguenze più prestigiose…”. Ci è voluta anche una “discesa agli inferi” per arrivarci, roba pesante… Il titolo del mio prossimo libro è Favole & Frisbees, dovrebbe uscire a maggio. Nel suo libro El Greco e lo sguardo cretese, Kazantzakis scrive: “Esiste qualcosa di più vero della verità. Sì, la favola: è la favola che dà un senso immortale all’effimera verità”. Anche Giorgio Celli, poeta ed entomologo dell’università di Bologna (Celli ci ha lasciato 7 anni fa), ha scritto: “Ogni vita nel suo inseguirsi e nel suo raggiungersi aspira al compimento di una favola”. A pensarci bene, le favole non sono forse le nipotine dei Miti?

Lei è da più di vent’anni monaca buddista, come riesce a conciliare questa esperienza con la sua attività letteraria?

Quasi tutto ciò che ho scritto dal 1985, da quando sono buddista, tratta di buddismo. È il buddismo stesso, l’averlo ritrovato (perché ora sono certa di essere già stata buddista in vite precedenti), che mi ha reso possibile scrivere quanto ho raccontato nella domanda/risposta prima di questa.

Le sue multiformi attività l’hanno portata a viaggiare in tutto il mondo: quale posto ha occupato e occupa Milano in questo girovagare intorno al globo?

Nel 1960-61, quando ho vissuto per un anno negli Stati Uniti, ho sentito New York come la città che amavo di più al mondo. Ma ho capito anche che il luogo più giusto per me era l’Italia e dunque, Milano, dove sono nata. Sono anche vissuta per 5 anni a Roma e 10 a Mulino di Bazzano, nell’Appennino, a 30 chilometri sia da Parma che da Reggio. Ma dopo questa parentesi di 15 anni, sono poi tornata a Milano. Ora, a 83 anni, non mi sposterei più per alcuna ragione, ma mi spiace non avere avuto il tempo di vivere anche a Napoli. Per capirne di più, entrare nella napolaneità. Napolaneità della quale avevo già l’impressione di aver intuito qualcosa anche perché, quando nel Duemila, fui in Cina per un mese, mi capitò di considerare i cinesi in generale, molto simili ai napoletani. Spiritosi, scanzonati e, come se si trattasse di uno scherzo, di un bel esercizio mentale, sempre pronti a raggirarti. Era come se il loro subconscio collettivo lo sentissi compatto, esplicito, una sorta di basso continuo di allegria e furbizia. Quando, una volta, smascherai un’ambulante che tentava di farmi pagare il doppio del solito prezzo di vendita di un pacchetto di sigarette, lei se ne dimostrò divertita. Poteva essere una facile via d’uscita, non dare importanza alla cosa, ma fu anche sincero, un senso di complicità per il quale la ricordo ancora. La sorpresa di un’intesa, un senso di “sorellanza”. Ma mi servirebbero molte righe per riuscire a essere più chiara. Forse mi può capire solo chi ha avuto una simile percezione.

Quali spunti le ha dato Milano nella creazione dei suoi frisbees?

Direi che me ne dà in continuazione perché i Frisbees sono basati su ciò che vedo, che incontro, che odo. Anche se ho raccontato il paesaggio milanese in una sola poesia, sento l’aria, l’atmosfera di Milano, ciò che per me è tipico di questa città, in maniera molto precisa e profonda, perciò spero di essere riuscita a far passare queste sensazioni anche nei testi. Qui a Milano sento il peso del senso di dovere.

La meditazione fa parte della sua religiosità, quali luoghi della città consiglierebbe per praticarla “en plein air”?

Le confesso che medito sempre in un luogo chiuso, in camera mia. “En plein air” avrei troppe distrazioni, sarebbe più difficile meditare. E dato che “meditare”, anche progredendo nella meditazione, non è di per sé facile, non mi cerco ulteriori difficoltà o problemi.